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Colori sgargianti e non solo: la birra è sempre più schiava del suo aspetto?

Negli scorsi giorni mi sono imbattuto in un articolo apparso recentemente sul blog NewToBrew, in cui vengono illustrate le caratteristiche delle cosiddette Florida Weisse. Se non avete mai sentito parlare di questa tipologia, sappiate che può essere considerata in tutto e per tutto analoga a quella delle Catherina Sour: base vagamente ispirata alle Berliner Weisse, alla quale è aggiunta frutta fresca, in genere di matrice tropicale. Sono birre di frumento leggere e acidule, in cui il profilo organolettico è ovviamente caratterizzato dalla frutta impiegata. Insomma nulla di nuovo rispetto a quanto spiegato dal BJCP in uno dei suoi ultimi aggiornamenti, ma ciò che mi ha colpito del suddetto articolo è il riferimento al colore di queste birre, che proprio per gli ingredienti speciali può assumere sfumature cromatiche assai diverse e insolite. Ancora una volta, dunque, è la componente estetica a dominare tra le caratteristiche delle nuove tipologie brassicole.

In un passaggio del pezzo in questione, l’autore spiega nel dettaglio questo aspetto:

Se consideriamo tutte le immagini di Florida Weisse disponibili online, credo che il colore del prodotto finale rappresenti un fattore fondamentale. […] Le caratteristiche cromatiche vanno dal giallo brillante all’arancio, al blu, al rosso e al viola. Nessun colore sembra essere fuori luogo e anzi sono incoraggiati quelli strani e selvaggi. L’aspetto visivo della birra arricchisce questo stile unico al mondo.

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L’impatto estetico delle nuove tipologie brassicole

A questo punto potreste obiettare che il caso delle Florida Weisse (o Catharina Sour se preferite) non è certamente una novità. In effetti se analizziamo tutti i nuovi stili birrari apparsi negli ultimi anni, la componente visiva è diventata sempre più centrale, trasformandosi spesso nel pretesto per definire una nuova corrente produttiva. L’esempio più lampante è fornito dalle Hazy IPA, birre che hanno fatto dell’aspetto decisamente torbido il loro elemento caratterizzante, fino a influenzare pesantemente tutto il mercato internazionale. Vale la pena sottolineare che le peculiarità distintive delle Hazy IPA non iniziano e finiscono con il loro aspetto, ciononostante questo elemento è diventato centrale grazie soprattutto alla diffusione dei social network come Facebook e Instagram.

Non è un caso che uno degli aspetti su cui hanno giocato le (presunte) “antagoniste” delle Hazy IPA è stato quello estetico. Mi riferisco alle Brut IPA, che furono sì presentate come birre super secche, ma anche straordinariamente limpide. La contrapposizione estetica rispetto alle rivali della East Coast fu sottolineato senza mezzi termini, trasformando un aspetto normalmente trascurabile – alla fine sono cristalline come tante altre birre – in un elemento centrale della tipologia. E ancora, facendo un salto indietro di qualche anno, le Black IPA si diffusero esaltando il contrasto tra il loro colore scuro e il profilo aromatico dominato dai luppoli americani. Sembrerebbe che la componente visiva delle birre stia acquistando un’importanza sempre maggiore, al punto di oscurare caratteristiche ben più importanti. Siamo di fronte all’ennesima degenerazione del nostro mondo?

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L’importanza della componente estetica in passato

Prima di lasciarci andare a litanie di stampo nostalgico, vale la pena dare uno sguardo al passato. Basta infatti una rapida riflessione per rendersi conto che l’aspetto della birra ha giocato sempre un ruolo fondamentale nelle evoluzioni della bevanda, anche in epoche remote. Se ci pensate gli stessi stili birrari classici fanno spesso riferimento a caratteristiche cromatiche: Belgian Dark e Golden Strong Ale, Irish Red Ale, Schwarz, Oud Bruin, Brown Ale, Rotbier e via dicendo. Il colore bianco è diventato sinonimo di frumento, tanto che molte tipologie prodotte con grano sono contraddistinte dal riferimento cromatico: le Blanche del Belgio, le Weiss della Germania e le White IPA degli Stati Uniti. La storia brassicola delle Isole britanniche è dominata dalla grande famiglia delle “brown beer”  – questa era l’espressione usata in passato – da cui poi sono nati stili come quelli delle Porter e delle Mild.

Il colore non ha avuto un ruolo solo nella denominazione delle varie tipologie brassicole. Come sappiamo il successo delle Pils arrivò grazie alle loro peculiarità organolettiche, ma anche per l’aspetto cristallino: furono tra le prime birre chiare della storia e conquistarono i consumatori di tutto il mondo anche dal punto di vista estetico. Allo stesso modo la decadenza di molti stili dipese anche dal loro colore: tutte le tipologie scure iniziarono a soffrire perché percepite sempre più fuori moda dai bevitori dell’epoca. Se spostiamo il discorso sui bicchieri, per secoli gli uomini hanno utilizzato recipienti in ceramica, cuoio, metallo e altri materiali; tuttavia quando arrivarono quelli trasparenti in vetro, che tra le altre cose permettevano di apprezzare il colore del loro contenuto, allora tutti gli altri bicchieri e boccali furono spazzati via. Avrete capito che potremmo continuare con esempi del genere per ore.

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Oggi l’aspetto estetico delle nuove tipologie brassicole è un elemento fondamentale, spesso esasperato dai moderni mezzi di comunicazione. Non è però che una diversa espressione di un elemento presente da sempre nella storia della birra, che ha influenzato profondamente la sua percezione tra i consumatori e le evoluzioni del mercato. Scandalizzarsi per certe dinamiche ha dunque poco senso, per quanto ci possano sembrare lontane da un concepimento autentico e corretto della bevanda. Insomma, ci conviene aspettare la prossima moda aberrante per vestire i panni dei vecchi rompiscatole 😉 .

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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3 Commenti

  1. Però a me, in controtendenza, viene in mente il famoso bugiardino di Crak che suggerisce di bere la birra direttamente dalla lattina e che di fatto priva il bevitore dell’esame visivo (e anche olfattivo).

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