Negli ultimissimi anni abbiamo assistito a un profondo cambiamento nella scena della birra craft americana, a causa principalmente delle tante acquisizioni operate da parte dell’industria. Un fenomeno che esiste da sempre – è vero – ma che in tempi recenti si è accentuato in maniera decisa coinvolgendo nomi di spicco del movimento artigianale. E che non è più soltanto circoscritto agli Stati Uniti: anche in Europa e nel resto del mondo abbiamo assistito a cessioni eccellenti, che hanno sorpreso più di qualche appassionato. Un articolo di qualche giorno fa pubblicato su Men’s Journal – eh sì, la birra craft ormai interessa anche le testate generaliste – ha riassunto l’intero fenomeno pubblicando una lista dei “finti” birrifici artigianali, passati ultimamente sotto il controllo delle multinazionali. Nell’elenco rientrano realtà il cui destino abbiamo imparato a conoscere in passato, ma trovarsele là, tutte raggruppate insieme, fa un certo effetto.
La lista, che credo sia abbastanza esaustiva, consta di 27 birrifici solo apparentemente artigianali. Sono nomi che non rientrano nella definizione della Brewers Association perché sotto il controllo (totale o per una parte decisiva) di altre aziende operanti nel settore del beverage. Ecco l’elenco nel dettaglio, con la specifica della società proprietaria o controllante:
10 Barrel Brewing — Anheuser-Busch InBev
Ballast Point Brewing — Constellation Brands
Blue Moon Brewing — MillerCoors
Blue Point Brewing — Anheuser-Busch InBev
Breckenridge Brewery — Anheuser-Busch InBev
Camden Town Brewery (U.K.) — Anheuser-Busch InBev
Cervejaria Colorado (Brazil) — Anheuser-Busch InBev
Dundee Brewing — North American Breweries
Elysian Brewing — Anheuser-Busch InBev
Fordham and Dominion Brewing — 40 percent owned by Anheuser-Busch InBev
Founders Brewing — 30 percent owned by Mahou-San Miguel
Four Peaks Brewing — Anheuser-Busch InBev
Golden Road Brewing — Anheuser-Busch InBev
Goose Island Beer Company — Anheuser-Busch InBev
Kona Brewing — 32-percent owned by Anheuser-Busch InBev
Lagunitas Brewing — 50-percent owned by Heineken International
Leinenkugel’s Brewery — MillerCoors
Magic Hat Brewing — North American Breweries
Meantime Brewing (U.K.) — SABMiller
Mendocino Brewing — United Breweries Group
Olde Saratoga Brewing — United Breweries Group
Portland Brewing Company (formerly MacTarnahan’s) — North American Breweries
Pyramid Breweries — North American Breweries
Redhook Brewery — 32-percent owned by Anheuser-Busch InBev
Saint Archer Brewing — MillerCoors
Shock Top Brewing — Anheuser-Busch InBev
Widmer Brewing — 32-percent owned by Anheuser-Busch InBev
Spulciando l’elenco si incontrano dei nomi altisonanti. Ad esempio restando all’interno dei confini statunitensi e limitando la nostra ricerca solo ai tempi più recenti, troviamo Ballast Point, Goose Island, Lagunitas, Magic Hat o Elysian, le cui vicende abbiamo raccontato su queste pagine con dovizia di particolari. Ad essi bisognerebbe aggiungere anche Firestone Walker, che a luglio 2015 ha stretto una partnership con Duvel Moortgat, e Cigar City, passata sotto il controllo di Oskar Blues (che comunque è sempre craft).
La novità più recente è che, come accennato, il fenomeno in questione ha varcato i confini degli Stati Uniti. Nel Regno Unito sta accadendo qualcosa di molto simile e benché i birrifici coinvolti al momento siano solo due, l’importanza dei loro nomi rende tutto più roboante. A inizio 2015 il gigante SabMiller ha acquistato uno dei marchi più prestigiosi nel mercato craft inglese: Meantime. Risale invece alla fine dello stesso anno l’accordo tra AB Inbev e Camden Town, uno dei birrifici di punta della new wave birraria londinese.
L’elenco di Men’s Journal non cita un’altra importante vicenda: nell’ottobre del 2015 il microbirrificio ‘t Ij di Amsterdam ha firmato una partnership con Duvel Moortgat, mostrando come il fenomeno possa benissimo espandersi in altre zone d’Europa e coinvolgere persino realtà relativamente piccole. A ben vedere anche il Brasile non è da meno: come potete verificare voi stessi nella lista in questione appare Cervejaria Colorado, di proprietà di AB Inbev.
L’elenco di Men’s Journal è importante per distinguere i birrifici realmente craft da quelli che non lo sono più, ma soprattutto per ricapitolare quanto sta accadendo nell’ambiente internazionale della birra artigianale. È un fenomeno in ascesa e al quale dobbiamo abituarci, perché nella migliore delle ipotesi durerà ancora qualche anno.
Carol Stoudt, fondatore del birrificio Stoudt’s, afferma che “quando le persone che portano avanti un birrificio non sono i proprietari, allora la passione viene meno e ne risente la qualità”. Se questo è vero in molti casi, per fortuna l’equazione non è automatica, almeno nel breve e medio termine. Esistono anche esempi virtuosi, che hanno dimostrato come in certe situazioni viene tutelato un certo margine di libertà, che permette al birrificio (ex) artigianale di mantenere la propria filosofia e non compromettere la qualità dei suoi prodotti. La speranza è che l’industria capisca che questo aspetto è fondamentale quando decide di acquisire un marchio craft.
Per il Brasile ci sarebbe l’acquisto di Wals da parte di Ambev.
Poi ancora ci sono altre due ex micro acquistate dalla giapponese Kirin: Baden Baden e Eisenbahn.
Giusto, grazie dell’integrazione!
Ci sarebbe anche la nogne-o acquisita da Heineken
Giusto, anche se non è di proprietà di Heineken ma di Hansa Borg (se ricordo bene)