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Il ritorno degli antichi marchi: l’ultimo trend della birra italiana

perugiaLa velocità di cambiamento nel mondo della birra artigianale italiana contribuisce all’emergere di varie tendenze, che di volta in volta qui su Cronache di Birra cerchiamo di intercettare e raccontare. Una di quelle passate più inosservate riguarda la rinascita di vecchi marchi brassicoli, che hanno scritto la storia dell’industria birraria del nostro paese. Negli ultimi tempi le fattispecie appartenenti a questo fenomeno di sono moltiplicate, segno che non siamo più al cospetto di casi isolati, ma che probabilmente si può parlare di un vero e proprio trend del nostro settore. Un trend interessante, che nasconde luci e ombre e che soprattutto impone alla nostra attenzione un passato birrario estremamente interessante per la nostra nazione.

Come racconta Kuaska nel suo Le birre – un vecchio libro allegato a Il Giornale – il XIX secolo in Italia vide il proliferare di diverse fabbriche di birra, tutte a carattere artigianale. Alcuni dei nomi sono noti anche al giorno d’oggi: Spluga a Chiavenna, Wuhrer a Brescia, Dreher a Trieste, Paskowski a Firenze, Peroni a Vigevano, Poretti a Varese. Con l’avvento dei due grandi conflitti mondiali e l’inasprimento delle tassazioni, il settore subì le conseguenze di acquisizioni e chiusure, al punto che molti marchi scomparvero o divennero poco più che mascotte nella gamma delle multinazionali del settore. Questa situazione è rimasta pressoché inalterata per decenni, fino alla riscoperta della birra artigianale all’inizio del XXI secolo.

Proprio il successo dei prodotti di qualità è stato il pretesto per la rinascita di alcuni di questi marchi. Il fenomeno è interessante perché restituisce perfettamente una fotografia del mercato brassicolo nazionale: in primis perché testimonia un rinnovato interesse per la birra intesa come bevanda di consumo quotidiano; secondo poi perché tali brand spesso vengono riproposti in chiave artigianale, mostrando una volta di più quanto forte sia la rivoluzione in atto nel nostro settore.

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Uno dei casi migliori da analizzare è senza dubbio quello di Birra Perugia. Il marchio risale al 1875, quando fu fondato da Ferdinando Sanvico, proveniente dalla Lombardia. A differenza di quanto si legge sul sito, non fu uno dei primi birrifici italiani, tuttavia si inserì perfettamente in quel momento di grande boom del mercato a cui ho accennato precedentemente. Per una cinquantina d’anni l’azienda visse un’ascesa importante, al punto che i suoi prodotti si resero disponibili in tutto il paese. Poi cominciò il declino, che raggiunse il suo apice (negativo) nel 1927, con la chiusura della fabbrica.

Questa la prima vita di Birra Perugia, quella a cavallo dei due secoli scorsi. La sua seconda vita ve la raccontai nel 2013, quando un gruppo di appassionati di birra decise di rispolverare il marchio e reinterpretarlo in chiave artigianale. La Fabbrica Birra Perugia tornò quindi in vita, ma in un’ottica assolutamente moderna: le prime birre prodotte furono una Golden Ale e un’American Red Ale, che molti di voi avranno avuto modo di assaggiare in questi mesi, anche durante Fermentazioni. Oggi Birra Perugia è un birrificio molto interessante, tra i migliori del centro Italia, come ha confermato anche l’oro ottenuto all’ultimo European Beer Star.

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wcesarL’ultima fattispecie rientrante in questo fenomeno si chiama WCesar, sebbene sia un marchio completamente nuovo. Il legame storico è però presto svelato: il suo fondatore è Federico Wuhrer, uno degli ultimi discendenti della famiglia conosciuta per il famoso marchio. Marchio che nel 1998 fu comprato da Peroni e che è ancora presente sul mercato, sebbene l’antica fabbrica di Brescia fu chiusa quasi subito dopo l’acquisizione. Oggi Federico ha deciso di riaprire un birrificio nella città lombarda e di omaggiare il suo passato: WCesar è infatti da intendere come “Viva Cesar(e)”, il nome di suo padre. Le birre attualmente prodotte sono tre: una Pils, una Saison e una Blonde, a cui presto si aggiungerà un’India Pale Ale.

bicch-italiaNon sempre però certe iniziative rientrano nella sfera della birra artigianale e in questi casi si avverte la sensazione di voler cavalcare semplicemente la moda di un prodotto “diverso”. È ad esempio il caso di Birra Italia, marchio risalente al 1906 e reintrodotto in commercio nel 2007. La birra era una premium pils realizzata da un birrificio milanese situato in Corso Sempione, che ebbe un buon successo nella prima metà del secolo. Negli anni ’50 cominciarono i problemi, a causa – si dice – di un terremoto che rovinò le proprietà dell’acqua utilizzata per le cotte, fino alla chiusura risalente agli anni ’70, dovuta a questioni sindacali e a cambiamenti aziendali. Come detto, il marchio fu riportato in vita nel 2007 e oggi Birra Italia è brassata nello storico stabilimento di Birra Triscele, dove in passato era prodotta Birra Messina, poi passata sotto il controllo di Peroni. Il marchio sembra oggi godere di buona salute ed è anche partner ufficiale dell’Udinese Calcio.

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EtichettaBirraMIlanoCredo si siano invece perse le tracce di Birra Milano – da non confondere col neonato Birrificio Milano – e di cui vi parlai a inizio 2009. Lo storico marchio fu resuscitato a seguito di un progetto promosso dall’Assessorato al Turismo del Comune di Milano. Era (è?) un’alta fermentazione ambrata non filtrata e rifermentata in bottiglia, che si presentava con un’etichetta molto curata in stile Belle Epoque. Questo dettaglio dimostra quanta attenzione fosse riposta nell’immagine del prodotto, capace di richiamare la tradizione brassicola di una città reinterpretandola in chiave moderna.

Dato il successo della birra artigianale e la moltitudine di birrifici presenti in passato nel nostro paese, si può ritenere che il fenomeno continuerà ancora negli anni a venire. Come abbiamo visto è una tendenza piuttosto trasversale: può concretizzarsi in birre di qualità o restare relegata a Lager di stampo commerciale; può contribuire a casi di successo o tradursi in iniziative destinate al fallimento. In tutti i casi è interessante perché è in grado di aprire una finestra su un passato brassicolo che pochi conoscono, ma che ha scandito le giornate di molte generazioni del passato.

Bisognerebbe indagare di più quella storia della birra in Italia. E soprattutto capire se ciò che è successo all’epoca – la chiusura di tanti birrifici e le grandi acquisizioni da parte dell’industria – potrà verificarsi anche negli anni a venire.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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19 Commenti

    • Sì sapevo di Birra Ronzani, ma non sono riuscito a capire se il marchio è sopravvissuto nel tempo o se è stato riesumato in tempi (più o meno) recenti

      • Birra Ronzani passò come Birra Wuhrer Ronzani per poi diventare solo birra Wuhrer fino alla chiusura dello stabilimento (potrei sbagliarmi ma lo chiusero quando comprarono Birra Leone).
        Birra Italia che sia prodotta dallo stabilimento di Triscele non credo sia così (era lo stabilimento di Messina del gruppo Faranda (messina + ichnusa) comprato da Heineken ad inizio anni 80). Ora lo stabilimento è chiuso con gli addetti che hanno fatto una coop per riaprirla da poco. Credo che Birra Italia, resuscitata da un consorzio di distributori, sia prodotta in Germania (come anche quella dei ternani di birra magalotti).
        Birra Italia era un marchio Wuhrer anch’esso come anche Birra Milano. Dello stabilimento non è rimasta traccia a corso sempione (conservo un paio di bicchieri molto bellini).
        Birra Perugia fu comprata da Peroni e trasformata in imbottigliamento e poi deposito negli anni 20.
        Su WCeasar la cosa divertente è vedere un membro di una delle famiglie storiche che ci riprova (speriamo non sulla scia dei Faranda con Triscele ed anche un Von Wunster avevo letto in giro ci sta riprovando).

        la cosa divertente è che tutti questi marchi erano finiti in pancia a Peroni.
        Non le ho provate tutte ma buona parte. Concordo che Birra Perugia sono finora quelle meglio riuscite. vediamo di rimediare una WCeasar. Almeno per curiosità.

      • Non è sopravvissuto ma riesumato recentemente. Il titolare, guarda caso, si chiama Ronzani ma non ha nulla a che fare con il Ronzani dell’antica birreria. Ho avuto modo di conoscerlo perchè gli ho procurato alcune immagini dell’antico birrificio.

  1. Le posso assicurare che il marchio Birra Milano è vivo e vegeto! Prossimamente potrebbero esserci grosse novità in merito. Ho contribuito alla nascita di questo marchio ed il titolare Renato Dall’Armi è un carissimo amico. Però la cosa più curiosa è che un suo antenato, Andrea Dall’Armi. è colui che ha ideato l’Oktoberfest. La notizia è stata da rivelata in un mio articolo apparso sulla rivista Il mondo della birra alcuni anni fa.

  2. Beh! Birra Italia fu fondata a Milano nel 1906 con stabilimento in Corso Sempione 69, entrai come Mastro Birraio ed Assistente al Direttore Tecnico Ing. Pietro Kauth nel giugno 1957 ( proveniente dalla Scuola Birrai di Pedavena – Feltre). Era una media, per il tempo, fabbrica da 120.000 hl ma la più moderna allora anche perché costretta a Milano alle norme ambientali. Primo impianto frigorifero SAMIFI, fustini spillatura standardizzati e plasticati ( evitare impeciatura).
    Non ho mai sentito problemi di terremoto.
    Confermo acquisizione della Wunster di Bergamo, poi ripresasi dalla famiglia Wunster con nome OROBIA. Il Sig. Ponti di Vimercate ( Banca Ponti ) divenne socio e liquidò la Birra Ambrosiana appena costituita e la cui sala cottura non ancora ritirata fu ceduta ai Luciani per la Birra Pedavena con Chalet incluso. Negli anni 50 produceva birra Messina su richiesta di Faranda con etichetta trinacria che trasportava a Bolzano per combattore la Forst che aveva avviato un imbottigliamento a Palermo. purtroppo è stata l’unica azienda birraria italiana caduta in fallimento. ma la storia è lunga e se trovo il tempo proseguirò.

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