Qualche settimana fa Mike Murphy, vecchia conoscenza della scena italiana, ha annunciato sul proprio blog la messa in commercio delle prime lattine di Ølfabrikken, che tra l’altro ci portò in anteprima nella sua ultima visita romana. La scelta può lasciare perplessi, poiché solitamente questa tipologia di contenitore non solo è ignorata dai produttori artigianali, ma viene addirittura considerata come elemento degradante per la qualità del prodotto finale.
Considerazioni sicuramente giuste, se non fosse che oggi potrebbero risultare anacronistiche. Come spiega bene Luke sul suo Blog About Beer, l’idea che la lattina tenda a rovinare una birra è fondata e risale agli anni ’60, quando si diffuse l’uso di questi contenitori nel mercato brassicolo. Le tecnologie dell’epoca però non permettevano la produzione di lattine di qualità, le quali in effetti rendevano il gusto della birra più vicino all’alluminio che al malto e al luppolo.
Nel frattempo però la tecnica produttiva ha compiuto passi da gigante, tanto da rendere le lattine un contenitore “sicuro” e da non sottovalutare nelle politiche di marketing dei birrifici. Il risultato è che oggi negli Stati Uniti è in atto una vera e propria rivoluzione, con un sempre maggior numero produttori decisi a puntare sulle cosiddette “cans”. I vantaggi sono evidenti: maggiore facilità di trasporto, materiale completamente riciclabile, livello di protezione dall’ossigeno e dalla luce più alto del vetro.
La rivoluzione delle lattine partì nel 2002, quando l’americana Oskar Blues iniziò ad utilizzarle quasi per scherzo, accorgendosi ben presto che invece la novità meritava di essere considerata molto seriamente. Poco alla volta altri produttori seguirono l’esempio della Oskar Blues, al punto che oggi non sono pochi coloro che hanno intrapreso questa via. Giusto la scorsa settimana la New Belgium, uno dei birrifici artigianali più in voga negli States, ha annunciato che la sua birra “ammiraglia” sarà commercializzata in lattine a partire dalla prossima estate. I nomi che stanno adottando questa strategia sono tantissimi, fino al caso del birrificio di prossima apertura Uncommon Brewers, che proporrà sin da subito tutta la propria linea di birre in lattina.
E come Mike Murphy dimostra, l’onda lunga di questa rivoluzione ha ora raggiunto anche l’Europa. Difficile che le lattine si affermino come un contenitore per la birra artigianale nel vecchio continente, soprattutto nei paesi con una lunga tradizione brassicola alle spalle. Tuttavia non è da escludere che realtà più moderne, come appunto la Danimarca, possano iniziare a sperimentare l’uso delle lattine con una certa regolarità.
Personalmente ho provato un paio di birre americane in lattina. Nonostante il mio scetticismo iniziale, mi sono dovuto presto ricredere visto che il contenuto era davvero ottimo! Purtroppo non ricordo il produttore (era una sessione di assaggi collettivi al Ma che siete…), in un caso si trattava comunque di una porter. I vantaggi delle lattine sono tanti e da non sottovalutare, ora non resta che vedere se anche in Italia si inizierà a utilizzare questo contenitore.
Aspettiamo tutti le latte di ReAle per tracannarle come fossero SevenUp!
Ciao! Il lattine e secundo a me il megliore modo di portare in giro le birre. soni leggere, costano poco (in qunatita´) non fa entrare luce…. sobratutto non ho tutti questi bottiglie vouta a casa…. Ire son usicto in centro con um po di amiche, cin 15 lattine nella mio zino, provare fare los tesso con bottiglie!
Nostra lattine di Ølfabrikken stanno andando molto bene con i giovani di Copenhagen… stiamo molto contento con il resulto fino adesso!
Oggi la tecnologia si è evoluta e c’è poca differenza con il vetro.
In passato l’ossigeno residuo in bottiglia era molto inferiore a quello in lattina, in quanto la bottiglia è messa sotto vuoto, 2 volte, per aspirare l’aria residua prima del riempimento, mentre per la lattina ciò non è possibile, imploderebbe. Oggi con opportuni prelavaggi con anidride carbonica si ottiene un risultato, in termini di ossigeno residuo, per l’alluminio paragonabile a quello del vetro.
la lattina si ricicla, la bottiglia si riutilizza. già questo è significativo dell’impatto delle due tipologie in termini di sostenibilità.
nessuno discute la comodità, e posso avallare la conservabilità equivalente, ma mi chiedo allora come mai il vino venga conservato in vetro.
se la qualità della conservazione è subordinata ad un processo “tecnologico” e non alla qualità della materia prima, io continuerò a comprare in vetro.
credo che molti altri consumatori associno il vetro con una qualità superiore.
credete davvero che se mettessero il Brunello dentro i brick di cartone questo favorirebbe la sua diffusione?
detto questo, mi pare anche che sia appunto una scelta esclusivamente commerciale: bere in giro, bere in grandi quantità, portare casse a destra e a manca.
per quello che mi riguarda questo non aiuta certamente una diffusione della conoscenza della birra artigianale.
la birra, io credo, non ha bisogno di essere “proletarizzata”. non so se do l’idea.
@ Drachen
Al contrario, proprio il vetro è la scelta più commerciale.
Tutti sanno che per la conservazione del prodotto quasi tutto è meglio del vetro.
Ma si sa che consuma con gli occhi prima che con il palato…