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La rinascita di Anchor Brewing: il marchio californiano salvato dal re dello yogurt

Poco meno di un anno fa gli appassionati di birra di tutto il mondo dovettero incassare la chiusura del birrificio californiano Anchor, uno dei primissimi pionieri della birra craft negli Stati Uniti. In realtĂ  la notizia non fu certo inaspettata, perchĂ© rappresentĂ² la naturale conclusione di un declino cominciato piĂ¹ di dieci anni prima, quando lo storico fondatore Frizt Maytag decise di passare la mano, lasciando la conduzione dell’azienda a nuovi investitori. PiĂ¹ o meno da quel momento iniziarono le difficoltĂ  per Anchor, incapace prima di adattarsi ai cambiamenti del mercato, poi a resistere alle difficoltĂ  derivanti dalla pandemia e dall’inflazione. Nel 2017 il birrificio fu ceduto alla multinazionale giapponese Sapporo, che provĂ² timidamente a rilanciarne le sorti – anche con un discutibile restyling – prima di annunciare l’interruzione della produzione e la messa in liquidazione della societĂ . Il destino di Anchor sembrava segnato, ma ora è comparso un inaspettato acquirente che punta a rilanciare il marchio di San Francisco.

Il nuovo proprietario del birrificio Anchor è Hamdi Ulukaya, il milionario fondatore di Chobani (sito web), azienda leader negli USA per la produzione di yogurt greco. Di nazionalitĂ  turca, Ulukaya ha annunciato la novitĂ  tramite il proprio profilo Linkedin, dove ha spiegato che alla base della decisione c’è il suo amore per la cittĂ  di San Francisco:

Sono innamorato di San Francisco, della sua storia, della sua anima e del suo fascino. Sin dalla mia prima visita, mi sono ritrovato strettamente connesso con la sua gente e tutto ciĂ² che la rende così speciale. Quando ho cominciato a considerare l’acquisizione di Anchor Brewing Company, ho imparato che la storia di questo straordinario brand – la piĂ¹ antica birra artigianale d’America – è profondamente legata alla sua cittĂ  e i due aspetti sono connessi in maniera indissolubile.

Sono onorato ed eccitato di essere parte di questa cittĂ  e della sua splendida comunitĂ . San Francisco e ora Anchor Brewing stanno sperimentando la magia della rinascita. Ho sempre pensato che marchi nati in luoghi del genere meritano di essere apprezzati, rispettati e amati.

Sono rimasto impressionato anche dai devoti dipendenti dell’azienda, che hanno lavorato senza sosta per trasformarla in uno dei piĂ¹ amati marchi di birra a San Francisco e nel resto del mondo. OnorerĂ² la storia di Anchor e offrirĂ² il mio impegno per il suo futuro. Per me è importante lavorare a stretto contatto con la gente di San Francisco che condivide la mia passione per Anchor e la nostra speranza è di ricostruire questo brand.

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Sebbene le dichiarazioni di Ulukaya si contraddistinguano per passione e devozione alla causa, nonchĂ© per alcuni passaggi piuttosto scaltri, al momento non è stato rivelato alcun piano industriale per il rilancio dell’azienda. C’è perĂ² un dettaglio confortante: Sapporo aveva messo all’asta gli immobili e la proprietĂ  intellettuale separatamente, ma Ulukaya ha deciso di acquistare entrambi per mantenere continuitĂ  con il passato di Anchor. Ăˆ utile ricordare che, dopo l’annuncio dello scorso luglio, le attivitĂ  produttive cessarono totalmente e subito dopo toccĂ² a quelle di confezionamento e distribuzione delle scorte rimaste inevase. In altre parole chi fosse stato interessato a una pura operazione commerciale, avrebbe potuto acquistare solo il marchio Anchor (e quelli delle sue birre) senza sobbarcarsi il costo del polo produttivo e degli altri immobili.

La storia di Hamdi Ulukaya è molto interessante. Come racconta il New York Times, egli fondĂ² Chobani nel 2005, poco piĂ¹ di un decennio dopo il suo arrivo negli Stati Uniti con appena 3.000 dollari in tasca. La sua prima mossa fu l’acquisizione di una fabbrica di yogurt in disuso a New Berlin (NY), grazie a un prestito della Small Business Administration che gli permise di raggiungere gli scaffali dei supermercati nel 2007 con i primi vasetti del suo yogurt. Lo scorso anno Chobani ha superato i 2 miliardi di dollari di vendite e l’acquisizione di Anchor non è il primo investimento effettuato fuori dal settore primario dell’azienda: nel 2015 Ulukaya ottenne il controllo di alcune quote della torrefazione La Colombe Coffee Roasters.

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L’annuncio dell’acquisizione di Anchor da parte di Ulukaya è stato accolto con entusiasmo dal sindaco di San Francisco, tuttavia la notizia è stata accolta con parecchi dubbi da parte degli analisti del settore. Sul sito della CNN è riportata l’opinione di Bryan Roth, commentatore per Feel Goods Company:

Gli anni passati hanno permesso ad Anchor di diventare un simbolo della birra artigianale americana e di contribuire a definire le caratteristiche del mercato odierno, tuttavia non c’è ragione di credere che un nuovo proprietario permetterĂ  improvvisamente al birrificio di riguadagnare importanza a livello nazionale. Anchor dovrebbe concentrarsi il piĂ¹ possibile sulle sue radici territoriali, focalizzandosi sulle vendite regionali e riaprendo la tap room di Potrero Hill, diventata negli anni una destinazione popolare per turisti e locals.

Il brand ha affrontato gravi difficoltà perché, nonostante abbia mantenuto una certa rilevanza tra gli appassionati di vecchia data, non è riuscito a farsi notare in maniera efficace dai giovani e dai bevitori occasionali. Concentrarsi sulla sua storia potrebbe aiutare il birrificio a formare nuove connessioni emotive con i bevitori.

Per Anchor si apre dunque l’ennesima nuova fase della sua tribolata storia recente. Ancora una volta sarĂ  il tempo a dirci cosa ne sarĂ  del birrificio di San Francisco, ma per il momento non possiamo non salutare con soddisfazione il salvataggio di un marchio fondamentale nella storia della birra artigianale americana.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. Ăˆ organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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