L’intelligenza artificiale (IA) si sta rapidamente affermando come un potente strumento per l’innovazione in diversi settori industriali, incluso quello brassicolo. Fino a oggi tuttavia è stata usata nel mondo birrario quasi esclusivamente per attività con fini commerciali o poco più che ludici, come la creazione di birre basate su ricette e immagini generate dai computer. Un recente studio del centro belga di microbiologia VIB-KU Leuven – nato dalla collaborazione tra l’Istituto di biotecnologie delle Fiandre (VIB) e l’Università cattolica di Lovanio (KU Leuven) – ha invece impiegato l’intelligenza artificiale per dimostrare il suo potenziale impatto rivoluzionario nella predizione e nel miglioramento del gusto della birra. Si tratta di un lavoro molto serio e approfondito, durato cinque anni e basato in parte sulla degustazione tradizionale con panel di assaggiatori, in parte su moderni algoritmi predittivi.
La ricerca, intitolata “Predicting and improving complex beer flavor through machine learning” e pubblicata sulla rivista Nature Communications, rappresenta un passo avanti significativo nell’applicazione dell’IA al settore brassicolo. Per la prima volta, un team di ricercatori ha adottato un approccio olistico all’analisi del gusto della birra, combinando dati chimici, sensoriali e di gradimento dei consumatori. I ricercatori hanno analizzato la composizione chimica di 250 birre belghe, misurando la concentrazione di circa 200 composti responsabili delle relative proprietà organolettiche. Successivamente hanno condotto un’analisi sensoriale con un panel di 15 degustatori esperti, raccogliendo le loro note di degustazione e i punteggi di gradimento. Infine hanno scelto di integrare questi dati con le recensioni e i punteggi di oltre 180.000 birre presenti sulla piattaforma online Ratebeer, utilizzandola quindi come benchmark per valutare la risposta del mercato a ogni birra.
Lo studio ha anche cercato di favorire lo sviluppo di un linguaggio più neutrale e scientifico per descrivere una birra. Confrontare e classificare la vasta gamma di profili aromatici della bevanda, infatti, è notoriamente difficile, perché sebbene esistano innumerevoli riferimenti, spesso si basano sulle preferenze e sull’esperienza di singoli recensori. Questa intrinseca soggettività crea un panorama di confronti parziali che offrono scarsi consigli ai consumatori alla ricerca di un’esperienza gustativa specifica.
Il professor Kevin Verstrepen, figura di spicco nel campo della scienza della birra presso l’Università di Lovanio, immagina un linguaggio descrittivo capace di addentrarsi nella composizione chimica di ciascuna birra. Identificando e quantificando i componenti chiave responsabili dell’aroma e del gusto di una birra, questo approccio fornirebbe un linguaggio di confronto della birra più obiettivo e universalmente applicabile. Non più espressioni come “fruttato” o “speziato”, ma precisi riferimenti a esteri, fenoli o composti del luppolo, con un rigore scientifico che consentirebbe ai consumatori di fare scelte informate in base ai loro profili aromatici preferiti.
I dati raccolti dalla ricerca sono stati utilizzati per addestrare modelli di apprendimento automatico. Questi modelli sono stati in grado di identificare complesse relazioni tra la composizione chimica della birra, le note di degustazione e il gradimento dei consumatori. In particolare, l’IA ha permesso di:
- Predire il gusto della birra: i modelli sono stati in grado di prevedere con elevata precisione il gusto di una birra analizzando la sua composizione chimica di partenza.
- Identificare i composti chiave: l’IA ha permesso di individuare i composti chimici che maggiormente influenzano il gusto e l’aroma della birra.
- Migliorare il gusto della birra: i ricercatori hanno utilizzato i modelli di IA per modificare la ricetta di alcune birre, migliorandone il gusto e ottenendo un punteggio di gradimento più elevato da parte dei degustatori.
Lo studio del VIB-KU Leuven apre la strada a un futuro di innovazione nel settore brassicolo, almeno sulla carta. In teoria le applicazioni dell’IA nel processo produttivo sono innumerevoli, come la creazione di birre modellate sui gusti individuali dei consumatori, l’ottimizzazione del processo produttivo, con impatti importanti anche sugli sprechi e lo sviluppo di nuove varietà di birra, grazie alla possibilità di esplorare nuove combinazioni di ingredienti fino alla definizioni di interi nuovi stili. Come specificato, si tratta di innovazioni possibili a livello teorico, perché il loro sviluppo e la loro adozione dipendono da numerosi fattori. Gli effetti peraltro possono avere un impatto decisivo in primis sulla birra industriale, risultando trascurabile per quella artigianale.
A ogni modo lo studio belga offre una testimonianza importante dell’impatto che l’intelligenza artificiale può avere nel settore brassicolo. E, aspetto non secondario, conferma quanto comunque questa tecnologia spesso integra e non sostituisce il lavoro dei professionisti, fornendo strumenti di efficientamento e velocizzazione di processi comunque definiti e gestiti dall’uomo. In un mondo in cui la tecnologia è sempre più pervasiva, per il settore brassicolo sarà fondamentale trovare un equilibrio tra innovazione e tradizione, preservando l’artigianalità e la passione che da sempre caratterizzano il mondo della birra.