Vent’anni fa il mondo della birra artigianale italiana era molto diverso da oggi. Il movimento era ancora nella sua fase iniziale e i birrifici attivi non raggiungevano la tripla cifra. Si possono scrivere decine di resoconti su quel periodo pionieristico, ma sarebbe impossibile spiegare a parole l’atmosfera che si viveva nell’ambiente. Alcuni dei protagonisti dell’epoca sono ancora qui, a cavalcare un interesse che hanno contribuito a costruire dal nulla; altri hanno chiuso oppure sono scomparsi dai radar dopo anni di militanza in prima linea. Difficile oggi dire quanti appassionati conoscano il birrificio Bi-Du o abbiano bevuto le sue birre regolarmente, ma in passato questo produttore ha rappresentato un punto fermo per tanti consumatori di birra artigianale, che ora devono incassare la sua chiusura. Con uno stringato messaggio su Facebook, infatti, ieri il birrificio ha annunciato di essere arrivato al capolinea della sua avventura.
L’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno, lasciando esterrefatti gli appassionati di birra artigianale, o quantomeno quelli più attempati. Quattro frasi dirette e asciutte, che offrono pochi chiarimenti sull’accaduto, ma che lasciano qualche spiraglio per il futuro:
Cari compagni di boccale, sono trascorsi più di 20anni con memorabili serate spensierate, dove abbiamo curato la Vostra e la nostra sobrietà .
Siamo arrivati al capolinea. Pandemia e crisi energetica hanno creato profonde ferite nella nostra struttura, tanto da non essere più competitivi.
Con l’anno nuovo sentirete ancora parlare di noi e delle nostre amate Birre.
GRAZIE DI CUORE PER ESSERCI STATI!
I motivi della chiusura sono quindi da ricercare dalla doppia batosta inferta prima dalla pandemia, poi dalla crisi energetica. Cause non certo sorprendenti, ma che non per questo appaiono meno inquietanti: il timore è che sia una situazione comune a diversi birrifici italiani e dunque destinata a creare – facciamo tutti gli scongiuri del caso – situazione analoghe in futuro. Prima dei saluti finali però l’annuncio offre una piccola speranza, poiché il marchio Bi-Du sembra destinato a continuare la propria vita nei prossimi mesi. Questo passaggio ha alimentato parecchi interrogativi nel settore, perché sembra in contrapposizione con quanto espresso in precedenza. Insomma, Bi-Du chiude o non chiude? Probabilmente accadrà quello che è successo ad altri produttori italiani, come Birra Amiata: il birrificio chiuderà definitivamente, ma il brand sarà rilevato da qualche azienda del settore – un distributore? – che la manterrà in vita come beer firm. È solo un’ipotesi, sia chiaro, ma il messaggio apparso su Facebook sembra proprio anticipare un’evoluzione del genere.
Indipendentemente dalla forma che prenderà il futuro di Bi-Du, è indubbio che il movimento della birra artigianale perde un pezzo importante della sua storia. Il suo birraio, Beppe Vento, è stato un rivoluzionario, realizzando alcune tra le birre più influenti dell’ambiente: impossibile non citare l’Artigianale, che, insieme alla più celebrata Reale di Birra del Borgo, ha fatto conoscere agli appassionati nostrani gli aromi dei luppoli americani; impossibile non citare la splendida Rodersch, primo caso – se non andiamo errati – di simi-Kölsch italiana. Ma andrebbero ricordate tante altre creazioni, come la Utopia, prima collaboration-beer d’Italia (con il Troll), o la Saltinmalto, prima produzione a prevedere l’aggiunta di sale (pur non essendo una Gose).
Per tanti aspetti il Bi-Du appartiene a un’altra epoca di birra artigianale italiana, quando tutto era più schietto, ma anche casereccio e improvvisato. Un’impostazione che il produttore di Olgiate Comasco (CO) non ha mai abbandonato, come dimostra l’improbabile sito web (e qualcuno ricorderà il precedente, ben peggiore), l’identità visiva rimasta pressoché immutata nel tempo, le scelte opinabili in termini di nomi delle birre (Feega, Mezzasegale) e di etichette (la Superanale mostra la mascotte della casa che infila un dito in un sedere). Le birre del Bi-Du oggi possono essere considerate quasi archeologia brassicola, tanto da essere scomparse nel tempo da molte piazze italiane. Negli ultimi tempi le ho trovate con costanza solo al Lambiczoon di Milano: tutte le volte che mi è capitato, tuttavia, ho sempre ordinato con piacere una Rodersch, come facevo in passato in diversi locali di Roma.
Oggi il settore italiano della birra artigianale è cambiato. È più maturo, più strutturato, più efficiente. Non è migliore né peggiore rispetto a prima, ognuno potrà valutare questo aspetto in base alla propria sensibilità . Ma la fine del Birrificio Bi-Du rappresenta l’ulteriore conferma della fine di una fase del nostro movimento, che, volenti o nolenti, non tornerà più. Ciò che viviamo oggi è il frutto di ciò che è accaduto in quell’epoca, non dobbiamo mai dimenticarlo.
I primi. I primi a fare una koelsch. I primi a fare dry hopping, a usare luppolo a chili, a fare bolliture prolungate. I primi a fare la Confine. I primi a buttare giu le pareti (ad esempio quelle dell’Italia beer Festival). Gli altri tutti a seguire il Sacerdote. I primi a usare la frutta (il gelso!) nella birra. I primi a capire la rifermentazione in bottiglia. I primi a brassare su impianti da 200 litri 4 cotte di fila. I primi a vincere a man bassa a Rimini. I primi a demistificare il mondo della birra artigianale. Ma voi del 2000, che ne sapete… 🙂
confermo quanto detto da Graziano (sei tu, vero?)
noi c’eravamo e sappiamo bene!!!
boccale, pieno, in alto per Beppone
Sono Maurizio ma il concetto è lo stesso. Ciao Demus!
Le Birre della Merla senza di loro non saranno più la stessa cosa.
Ripenso alle loro prime bottiglie, guardo le lattine di oggi e mi rendo conto di quanto tempo è passato.
E’ la prima volta che parlando di birra provo un po’ di nostalgia.
[…] più roboanti sono quelle relative a Bi-Du ed Elav: il primo, tra i pionieri del settore in Italia, annunciò la fine della sua avventura lo scorso ottobre; il secondo, protagonista di una lenta ma costante crescita negli anni, ha dichiarato la sua […]