Come abbiamo sperimentato in prima persona e come confermato da ricerche recenti, l’emergenza Coronavirus ha cambiato profondamente le abitudini di acquisto dei consumatori di birra artigianale. La chiusura prolungata dei locali e le modifiche forzate alla nostra quotidianità hanno stravolto totalmente i canali di vendita, favorendo ad esempio l’ascesa degli acquisti su Internet e presso i supermercati. Mentre rispetto al primo strumento i birrifici si sono velocemente adeguati allestendo i propri ecommerce, in termini di GDO hanno potuto fare poco: quei pochi produttori che avevano già accordi in essere hanno sfruttato l’occasione, tutti gli altri sono stati obbligati a scontrarsi con la propria dipendenza dal canale Horeca (pub, ristoranti, bar). Quando a inizio pandemia sollevai il problema, emerse la solita resistenza culturale nei confronti della grande distribuzione, che fino a oggi non ha mai permesso di valutare con serenità i margini di manovra in un canale sicuramente pieno di insidie, ma anche di opportunità . All’epoca però trovai – non senza sorpresa, lo ammetto – una certa apertura da parte di Unionbirrai, che ora dimostra di voler intavolare concretamente un dialogo con la GDO.
È di qualche ora fa, infatti, l’annuncio di un accordo tra Unionbirrai e Aspiag Service, cioè la concessionaria del marchio Despar per le zone del Triveneto e dell’Emilia-Romagna. In base a questa collaborazione, gli scaffali degli Interspar locali ospiteranno le birre più rappresentative dei rispettivi birrifici regionali, fornendo loro uno strumento di promozione e visibilità in un momento di ovvie difficoltà imprenditoriali. La partnership è iniziata lo scorso primo giugno e coinvolge quattro birrifici dell’Emilia-Romagna (Biren, Toccalmatto, Oldo, Noiz), tre del Friuli-Venezia Giulia (La Birra di Meni, Forum Iulii, Dimont), uno del Trentino-Alto Adige (Monpier con linea dedicata Grödnër Bräu) e tre del Veneto (Barch, Monte Baldo, Labi).
Come spiegato da Simone Monetti, segretario nazionale di Unionbirrai:
L’iniziativa di Despar ha trovato immediatamente il supporto operativo di Unionbirrai che, come Associazione di Categoria dei Piccoli Produttori Indipendenti, e non solo in questo difficile periodo, è attiva nel sostegno alle proprie aziende associate.
I birrifici che hanno risposto all’iniziativa troveranno certamente nei punti vendita Despar quella visibilità a volte difficile da ottenere per i piccoli artigiani della birra e quindi una importante opportunità di fare conoscere le proprie birre artigianali con tutte le loro specifiche peculiarità a un pubblico sempre più vasto che, ne siamo certi, apprezzeranno l’ampliamento dell’offerta brassicola sugli scaffali anche a livello territoriale.
Sullo stesso leit motiv si posizionano le dichiarazioni di Federica Trevisan, Category Manager Bevande di Aspiag Service:
Sostenere i microbirrifici artigianali significa dare valore all’eccellenza, ad alcune tra le realtà più rappresentative dei territori che ci ospitano. Noi di Aspiag Service siamo da sempre molto sensibili a questa tematica e vogliamo dare l’opportunità alle piccole imprese locali di poter utilizzare il nostro canale di vendita per farsi conoscere e raggiungere sempre più clienti, soprattutto in un momento complicato come questo. Ogni marca di birra verrà commercializzata nei punti vendita della regione in cui viene prodotta così i clienti potranno scoprire le eccellenze tipiche del proprio territorio.
L’accordo ha tutte le sembianze di un’iniziativa estemporanea, ideata in particolare per il periodo che stiamo vivendo. Eppure potrebbe rappresentare un primo passo per capire se la GDO (o meglio, un certo tipo di GDO) può rappresentare un valido canale alternativo per un settore che al momento non può avvalersi di efficaci alternative commerciali. Il motivo per cui si è sviluppata tanta resistenza culturale nei confronti della grande distribuzione è da ricercarsi – almeno in parte – nelle sue dinamiche difficilmente compatibili con le esigenze della birra artigianale. Differenze che tuttavia si può cercare di limare con il dialogo, a patto di dimostrare un minimo di apertura mentale. Fino a oggi questa apertura non si è manifestata né da parte degli operatori del settore (birrifici e non solo) né da parte degli appassionati, ma forse qualcosa sta cominciando a cambiare.
L’accordo di Unionbirrai con Despar ha di per sé una valenza relativa: la sua importanza sarà proporzionale alla volontà di trasformare questa partnership in un test per il futuro, indagando fino a dove può spingersi la birra artigianale nella grande distribuzione. Lo ripeto: la GDO forse non potrà mai essere un canale adatto ai microbirrifici italiani, ma è doveroso cercare di capirlo concretamente senza la tara rappresentata da fastidiose prese di posizione.
Le cose più difficili da capire saranno le politiche di prezzo che verranno adottate. Potrebbe essere la fine dei beershop senza somministrazione?
Non mi sembra che il vino al supermercato abbia causato l’estinzione delle enoteche…
Sono d’accordo con Andrea chi cerca il prodotto di nicchia andrà sicuramente o in enoteca o nel beershop non certo al supermercato
Però se il sistema si allarga e la GDO offrirà le stesse marche del beershop, a quel punto di sicuro GDO potrà offrire un prezzo più basso del beershop danneggiandolo enormemente.
Il vino puoi comprarlo al supermercato o in enoteca e probabilmente sceglierai di andare in un posto o nell’altro in base a una serie di valutazioni, in cui il prezzo non entra.
Ciao,
a Roma il vino al supermercato costa di più che in molte enoteche, tanto per cominciare.
Non vedo perchè la birra in bottiglia non debba finire negli scaffali della gdo, anni fa c’era la dicerìa che (si presuppone) al beer shop trattano la birra come va trattata, la catena del freddo, la conservazione ecc. Cose mai viste.
Di beer shop ne sono rimasti pochi rispetto ad anni fa, che senso ha questo ostracismo?
Preferisco vedere una bottiglia di birra artigianale anche negli scaffali della gdo ad un prezzo medio/alto piuttosto che solo in pizzeria a prezzi da esorbitanti.
Ciao
Carlo
Ben venga la birra artigianale nella GDO, due domande però mi vengono spontanee: sarà finalmente l’inizio di una diminuzione dei prezzi? Per fronteggiare questa eventualità , i birrifici tenderanno a creare delle linee di qualità inferiore per contenere i costi?
Le birre hanno già prezzi di produzione diversi in base alle loro caratteristiche, ma al pub non te ne accorgi 😀
Sono totalmente d’accordo con Carlo.
Per i numerosi birrifici presenti nella nostra Italia, avere un canale in più (e che canale!) di vendita, non credo sia una cosa da scartare.
A mio modo di vedere i frequentatori, abituali e non, del supermercato comprenderebbero anche un prezzo un po’ più elevato.
Senza dimenticare inoltre, che questo può rappresentare un modo per farsi conoscere.
Era ora!!!
Però c’è un grosso problema: ho visto DI PERSONA il posizionamento negli scaffali despar delle artigianali italiane. Nello stesso scaffale sono presenti Ceres Mosaic IPA e unfiltered, Ichnusa non filtrata ecc. In questo modo il lavoro pregevole di Unionbirrai è totalmente sprecato e gioca a favore (come se avessero pure bisogno di favori) del crafty più bieco. Se il consumatore non “nerd” trova nello stesso scomparto una 33 cl artigianale intorno ai 4 euro e una crafty da mezzo litro a 1 euro secondo voi quale comprerà ??
Purtroppo finché non sarà inequivocabilmente riconoscibile il vero artigianale italiano non potrà competere con il crafty industriale. Sfido qualsiasi microbirrificio ad abbassare così tanto con i costi di produzione da poter vendere un prodotto di qualità al prezzo di una ceres…
Quindi, bene, il primo passo è stato fatto ma adesso è necessaria una strategia più evoluta.
p.s. facciamo finta che il rispetto della catena del freddo non sia un problema per le birre artigianali, altro problema che prima o poi bisognerà comunque affrontare. Detto per inciso, sempre la despar ha dei frigoriferi/vetrina stipati di san miguel e birra messina, ma immagino che quel tipo di posizionamento abbia dei costi inaffrontabili se non sei un colosso.