Questa mattina Assobirra ha diffuso l’ultima edizione del CIB, il Centro Informazione Birra (qui disponibile integralmente in pdf). Si tratta di un report periodico che analizza le abitudini di consumo degli italiani relativamente alla nostra bevanda, con dati riferiti a trend, preferenze emergenti, formati, modalità di servizio e tipologie più apprezzate. Il documento si basa sulle rilevazioni di BVA Doxa e permette di seguire le evoluzioni del mercato, almeno dal punto di vista dei consumatori. È un’analisi, infatti, che si basa su una serie di domande somministrate a un campione di individui, piuttosto rappresentativo in termini di età genere e area geografica di appartenenza. Ricerche di questo tipo sono influenzate dalla scelta delle domande da sottoporre agli intervistati e il CIB, almeno a nostro parere, raramente ha offerto dati davvero interessanti da approfondire. L’edizione appena uscita, tuttavia, ci offre l’opportunità di fare un po’ di chiarezza su cosa sta succedendo nel nostro ambiente.
I consumi di birra in Italia, come nel resto del mondo, stanno attraversando una fase di grandi trasformazioni, non facili da decifrare per chi è ancorato al vecchio modo di guardare al mercato. Le generazioni più giovani stanno sviluppando un rapporto ambiguo con la birra e gli alcolici in generale, costringendo gli osservatori a introdurre nell’analisi del settore concetti nuovi, spesso veicolati da anglicismi e neologismi di non facile comprensione. Ecco allora un rapido glossario per semplificare la lettura del CIB e di altre ricerche sul comparto birrario.
Gen Z, Millenials, Gen X
Da qualche tempo nelle indagini di mercato si è soliti sostituire la vecchia classificazione per fasce d’età con la rispettiva generazione, creando però non poca confusione. Ad esempio si sente spesso parlare di Millenials, ma per il lettore medio potrebbe essere difficile stabilire qual è la rispettiva fascia di età.
- Gen Z – La Generazione Z (o Zoomers) è composta da persone nate tra la seconda metà degli anni ’90 e la prima degli anni ’10, quindi a cavallo tra i due millenni. È la prima generazione ad essersi sviluppata potendo godere dell’accesso ad Internet sin dall’infanzia (nativi digitali) e perciò i suoi membri sono considerati avvezzi all’uso della tecnologia e dei social media, che incidono per una parte significativa sul loro processo di socializzazione. Per il CIB sono compresi tra i 18 e i 27 anni.
- Millenials – I Millenials (o Generazione Y) sono coloro nati tra l’inizio degli anni ’80 e la metà degli anni ’90. Il termine dunque non si riferisce al periodo di nascita di questi individui – come spesso si ritiene in maniera errata – ma al compimento del diciottesimo anno di età, avvenuto appunto a cavallo tra i due millenni. Per il CIB sono compresi tra i 28 e i 42 anni.
- Gen X – La Generazione X è quella che ha vissuto il passaggio dall’analogico al digitale, nata tra la seconda metà degli anni ’60 e la fine degli anni ’70. È detta anche “generazione invisibile” perché priva di un’identità sociale definita, sebbene abbia vissuto alcune fasi fondamentali dell’evoluzione del genere umano. Per il CIB è composta da individui tra i 43 e i 57 anni.
NoLo
Il termine NoLo è sempre più diffuso, tanto che anche qui su Cronache di Birra lo utilizziamo spesso. Indica birre appartenenti alla categoria delle analcoliche e a basso contenuto alcolico, essendo appunto la contrazione di no- e low-alcohol. Per quanto riguarda la legge italiana:
- La birra analcolica ha una densità compresa tra 3 e 8 °P e un titolo alcolometrico non superiore a 1,2%.
- La birra leggera ha una densità compresa tra 5 e 10,5 °P e un titolo alcolometrico compreso tra 1,2% e 3,5%.
Nel nostro report annuale Italian Craft Beer Trends consideriamo birra low-alcohol quelle sotto la soglia psicologica del 4%. Inutile sottolineare che la fascia delle NoLo sta conquistando sempre maggiore spazio anche tra i birrifici artigianali, assecondando i nuovi stili di consumo confermati anche dall’ultima edizione del CIB.
Zebra striping
Con questa espressione si intende la pratica di alternare drink alcolici e non alcolici durante la stessa serata, al fine di evitare le sbronze. Sembra un’abitudine piuttosto eccentrica, eppure è sempre più diffusa tra i componenti della Gen Z, quindi i giovani, per cui l’ebbrezza ha una connotazione molto più negativa rispetto alle generazioni precedenti. Alla base ci sono motivazioni di tipo sociale, ma anche una maggiore consapevolezza dei propri limiti e l’immancabile attenzione al benessere che, come visto in passato, talvolta però sfocia in atteggiamenti di privazione ossessiva che poco hanno a che fare con lo stare bene. Un dato interessante emerso dal CIB è che quasi nessuno degli intervistati beve responsabilmente per “salvaguardare la patente” o “evitare le multe”, segno che forse il terrorismo psicologico seguito al nuovo codice della strada è drasticamente scemato negli ultimi tempi.
Mindful drinking
L’espressione “mindful drinking” si può tradurre con “bere consapevole” e sostanzialmente indica tale approccio al consumo di alcolici, con un legame però alla filosofia del mindscape. “Mindscape”, a sua volta, è un neologismo che fonde due termini inglesi: “mindful”, consapevole, e “landscape”, panorama. Come scrive il CIB, indica:
Un approccio al viaggio più riflessivo e responsabile, dove il paesaggio diventa fonte di ispirazione e occasione di connessione profonda con sé stessi, la natura e le culture locali.
Sempre più persone cercano momenti autentici e semplici, ma capaci di lasciare il segno, come trascorrere una notte sotto il cielo stellato, sempre più difficile da ammirare in contesti urbani. Si sceglie di staccare dalla routine e dal digitale, privilegiando luoghi dove la connessione è assente o limitata, per ritrovare un senso di pace e alleviare ansia e stress, riscoprendo il contatto con la natura e con sé stessi.
Quindi il mindful drinking non è solo bere responsabile, ma anche un consumo attento alla sostenibilità – molto sentita dalla Gen Z – e alle esagerazioni, con scelte più misurate da diversi punti di vista.





