Nel 2020 Assobirra lanciò il Centro Informazione Birra (CIB), un osservatorio permanente sul settore brassicolo finalizzato ad analizzare l’andamento del mercato con report a cadenza regolare. È un’iniziativa che ricorda da vicino quella dell’Osservatorio Birra di Birra Moretti (cioè Heineken, cioè ancora Assobirra), che ha scopi molto simili. In entrambi i casi a ogni report si accompagna un comunicato stampa dai toni tendenzialmente trionfalistici (o comunque propizi), che poi viene ripreso dalle maggiori testate generaliste. Come abbiamo visto in passato, spesso queste analisi si concentrano sugli aspetti favorevoli tralasciando quelli negativi e hanno l’effetto di presentare il settore in maniera positiva all’opinione pubblica, tanto in termini di indicatori di mercato quanto di aspettative sociali. Così spesso i dati davvero interessanti si trovano tra le pieghe dei report, dove i dettagli aggiungono qualcosa in più alla narrazione da comunicato stampa – se non discostandosi addirittura da quest’ultima. È una regola che possiamo estendere anche alla terza edizione del 2023 del Centro Informazione Birra, pubblicata qualche giorno fa.
In questa occasione Assobirra si è voluta concentrare sui concetti di inclusione e diversità, molto attuali nel dibattito pubblico, estendendoli alla birra. Così dagli articoli che hanno ripreso il comunicato stampa si “scopre” che per 9 italiani su 10 la birra è considerata una “bevanda inclusiva”, perché adatta a tutti senza alcuna distinzione di genere, età, provenienza o stili di vita. Una conclusione piuttosto banale – la birra da sempre è la bevanda alcolica più socializzante del mondo – come banali sono altri dati che emergono dallo studio, tipo il fatto che le generazioni più giovani sono quelle che consumano più birra fuori casa o che per tutti è un prodotto che in alcune nazioni vanta una tradizione secolare.
Sfogliando la ricerca (disponibile qui in pdf), che è stata effettuata da BVA Doxa intervistando 600 consumatori abituali di birra (divisi equamente tra donne e uomini), emergono alcune tendenze interessanti. Secondo noi vale la pena segnalarne tre: nessuna di esse è rivelatrice di chissà quale tendenza nascosta, eppure il supporto dei numeri è sempre importante per restituire un ritratto credibile del settore, soprattutto in un ambiente in cui non mancano i dogmi basati esclusivamente sulle opinioni (peraltro spesso fallaci).
Il primo dato interessante si concentra sulle situazioni di consumo della birra fuori casa. In maniera per certi versi inaspettata, la cena è di gran lunga il momento in cui la nostra bevanda è maggiormente bevuta fuori dalle mura domestiche. Il pasto serale precede il pranzo e il pomeriggio, ma anche l’aperitivo e il dopo cena, cioè due situazioni che molti probabilmente ritengono più comuni al consumo di birra in Italia. Sicuramente su questo aspetto pesa l’inossidabile accoppiata tra pizza e birra – ricordiamo sempre che parliamo del consumo di birra in generale, quindi principalmente industriale – ma dice anche molto sull’attitudine degli italiani nei confronti della bevanda. Un’attitudine che la birra artigianale ha sfruttato pochissimo fino a oggi, senza riuscire a penetrare in maniera organica e diffusa il segmento della ristorazione, tanto nelle pizzerie quanto nei ristoranti di alto livello.
Un altro dato sul quale è importante soffermarsi riguarda i motivi per cui la birra è ritenuta inclusiva dagli intervistati. Quello più citato in assoluto è la sua ampia reperibilità, in locali diversi e in differenti parti del mondo. Questo aspetto, che viene considerato un plus della birra in generale, è invece uno dei più gravi talloni d’Achille di quella artigianale, che ha sempre evitato (per diversi motivi) alcuni precisi canali distributivi. È inutile tornare per l’ennesima volta su un tema che su Cronache di Birra abbiamo analizzato diverse volte, ma trovarne conferma in ogni report pubblicato negli ultimi anni è piuttosto eloquente.
L’ultimo dato è relativo infine alla percezione della birra da parte dei consumatori, che emerge da due risposte degli intervistati. La prima sottolinea l’enorme varietà di stili e tipologie, che è la seconda più comune caratteristica associata alla bevanda. Quando poi è stato chiesto quali sono i driver di scelta per l’acquisto di birra, i due elementi più citati sono stati il suo sapore appagante e inconfondibile. Difficile allora non trovare in queste risposte una sensibilità ormai acquisita da parte dei bevitori italiani, lontana dalla visione granitica e monodimensionale del passato, in cui la componente gustativa passava in secondo piano rispetto ad altri driver (figuriamoci la varietà). Una percezione che immancabilmente è stata favorita dalla diffusione della birra artigianale, innanzitutto come concetto capace di sradicare le opinioni consolidate in altre epoche. Un grandissimo traguardo raggiunto dal segmento artigianale, che tuttavia, come abbiamo visto, quest’ultimo è riuscito a sfruttare appena.
Che dire? Mi piacerebbe “provarla”