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Tutti i video de “I colori della birra”

Il mondo della birra è pieno di falsi miti che si imparano a sfatare non appena si cominciano ad apprendere le prime nozioni di base. Tra i più diffusi c’è sicuramente la convinzione che il colore di una birra sia un elemento sufficiente a definirne le caratteristiche organolettiche. Di qui il diffuso malcostume di chiedere una birra per colore: “vorrei una scura”, “cortesemente fammi un chiara media”, “una rossa, grazie”. Immaginate in quale imbarazzo si possa trovare un publican di fronte a simili richieste, che non offrono alcun indizio su ciò che cerca realmente il cliente. Con questo in mente, negli scorsi mesi ho condotto al Blind Pig di Roma tre serate del format I colori della birra, ideato da Riccardo Vargetto. In tutte le occasioni sono stati prodotti altrettanti video da parte di Matteo Vidoni, che oltre ad essere utili, secondo me sono molto ben fatti. Li riassumo nel post di oggi, con un breve resoconto su quanto bevuto nelle tre serate.

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Me dai ‘na rossa?

Durante la Settimana della Birra Artigianale si è tenuto il primo incontro, incentrato sulle ambrate, più generalmente definite “rosse”. Abbiamo bevuto un’ottima Ruby Red di St. Peter’s, una potente Alexator di Schwan, una valida Duse di Acelum e una fantastica Kriek di Cantillon. Quest’ultima, sebbene abbia spaziato più di qualche palato poco abituato alle fermentazioni spontanee, ha permesso di dimostrare come il colore possa dipendere anche dall’aggiunta di ingredienti accessori (in questo caso le ciliege).

Me dai ‘na scura?

Poco prima che le giornate capitoline diventassero particolarmente calde, abbiamo organizzato la seconda puntata, dedicata alle scure. Solitamente quando si pensa a una birra scura la naturale associazione mentale è con le Stout, perciò è stato molto istruttivo proporre quattro birre appartenenti a stili completamente diversi. Abbiamo dunque assaggiato la Daliha di Turan (Dark Ale), la Working Class di Toccalmatto (Mild), la Castigamatt di Rurale (Cascadian Dark Ale) e la Deliria di Acelum (Belgian Strong Ale). Quattro produzioni tutte italiane – tra l’altro lanciate sul mercato solo qualche mese prima – che hanno dimostrato quanta varia sia la famiglia delle birre scure, al di là di quello che siamo portati a pensare. Per i dettagli sulla serata vi rimando al dettagliato resoconto che scrissi a suo tempo.

Me dai ‘na chiara?

A maggio scorso ho condotto quella che verosimilmente è stata l’ultima puntata del format, incentrata sulle birre chiare. Non potevamo non iniziare i nostri assaggi dal grande classico della Tipopils del Birrificio Italiano, passare poi alla particolarissima Gose di Bayerischer Banhof, assaggiare quindi la sempre sontuosa XX Bitter di De Ranke e chiudere con un ricca Reinaert Tripel di De Proef. Anche in questo caso birre davvero distanti tra loro, sebbene accomunate dalla stessa sfumatura cromatica. Il resoconto dettagliato dell’evento risale a metà maggio.

In conclusione ricordatevi sempre di non ordinare una birra per colore, ma piuttosto di spiegare al publican cosa vi aspettate: la classica distinzione tra amaro e dolce può essere un buon punto di partenza per guidarvi nella scelta. Il paradosso infatti è che spesso si tende a usare il senso della vista al posto di quello dell’olfatto e del gusto, scegliendo una cosa da bere in base a come appare, non a come è realmente. Ne approfitto per ringraziare Riccardo per l’opportunità che mi ha offerto proponendomi di condurre queste serate e Matteo per i bellissimi video prodotti. Se ci sarà un seguito de I colori della birra, ovviamente lo leggerete su Cronache.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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24 Commenti

  1. mi mancavano gli articoli di questo tipo! bravo andrè e bravi ai ragazzi del maiale cieco!
    torna a fare più articoli di sto genere che so quelli che mi fanno venire voglia di alzare la saracinesca del pub! 😀
    p.s. ma una visitina a castellalto la fai quest’anno?

  2. La Rubrica “Gusto” di Canale 5 a confronto ve nà pippa! 😉

    A Parte gli scherzi..bella bella iniziativa e inboccalluppolo per la prox!!
    Come al mio solito per me, peccato non esserci in quel di Roma!

  3. Bella iniziativa, bella realizzazione, tanti complimenti, bravo Andrea. Ma, c’è sempre un ma, la vogliamo finire con sta stro.. stupidaggine che non avere cultura e tradizione birraria sarebbe un vantaggio per gli Italiani!! Non avere cultura e tradizioni, significa non avere scuole e conseguente non avere gente che esce preparata da queste scuole, non avere materie prime proprie, ricette e tipologie.

    Il teorema perverso riproposto tenderebbe a far credere che così in Italia c’è più fantasia che all’estero. In Italia c’è comunque più fantasia in qualsiasi cosa, rispetto all’estero (ovunque), se avessimo tradizione birraria probabilmente saremmo il Paese con più tipologie, come succede per moltissime altre cose. Ma vantarsi di una mancanza non può essere che una grave mancanza.

    • non avere cultura nè tradizioni ti protegge dall’ottusità delle regole, aumenta la fantasia e stimola la sperimentazione…….2000 anni di tradizioni e cultura “papale” ci hanno portato, in parte al bigottismo e in parte all’indifferenza….
      anche i pomodori non erano “materia prima”, o vogliamo parlare dei kiwi?……
      …e poi dov’è che è (ri)nata la birra?….negli States dove tradizione birraia NON ce n’era….e adasso (ovvero da 30anni)…..è il loro modo di andare OLTRE le regole e OLRE le tradizioni (e ricette), che permettono al mondo una nuova (guarda un pò) reinassance 😉

      a meno che tu non voglia dire che l’unica birra è quella tedesca e il resto…….ma non ci credo….. 🙂

      • ma siete sicuri che gli americani non avessero tradizione birraia? È un concetto che detto così non vuol dire niente.
        Certo, non avevano stili propri o tradizioni millenarie (ma chi ce l’ha poi…) ma son secoli che brassano birre di tutti gli stili grazie all’immigrazione proveniente da tutta europa e non solo.
        Le loro industrie (sì, parliamo di birre industriali) di Milwaukee avevano volumi imprerssionanti all’inizio del secolo e solo il proibizionismo.
        Le tantissime micro presenti negli states ebbero non pochi problemi a passare gli anni del proibizionismo.

        Insomma, parlare di “mancanza di tradizione” per gli usa è generico e vuol dire in parte negare la loro enorme tradizione birraia che è la base di quello che hanno saputo sviluppare adesso.

    • Non c’è bisogno di far filosofia per spiegare il concetto.
      Basta guardare a chi in condizioni simili (di perdita della cultura birraria con conseguente mancanza di tradizione) è partito prima di noi e adesso è indiscusso leader nel mondo della birra artigianale.
      Gli americani.

      • Una cosa non esclude l’altra. Saper fare una cosa non significa farla senza fantasia. Dipende cosa uno intende per fantasia, se la fantasia sta nella personale interpretazione di uno stile, ben venga, ma se per fantasia s’intende far rifermentare le basse, aggiungere qualsiasi cosa nella birra perché se non c’è l’ingrediente esotico non fa figo o fare una birra senza stile così nessuno potrà mai criticarti e se c’è un problema basta dire: “volevamo farla così”, be allora rinuncio volentieri alla fantasia e mi tengo la capacità e la tradizione.

        L’esatto limite della fantasia da apportare è dato dalla conoscenza, gli eccessi di fantasia non possono che essere dannosi, se dietro non ci sono le basi del know-how. Comunque vantarsi dell’ignoranza e ritenerla un vantaggio è prova di pochezza. Da quando non saper fare una cosa ci renderebbe più abili, rispetto a chi la cosa la sa davvero fare?

  4. Onore al merito.
    Anche se ho sempre ritenuto “la settimana della birra artigianale” una fesseria senza precendenti ;-), caro Andrea, devo riconoscere che i video delle serate (e anche le serate stesse) sono molto molto belli.
    Complimenti.

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