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Perché le Weizen sono così odiate dagli appassionati di birra?

Nello sconfinato patrimonio brassicolo internazionale esistono alcuni stili nati appositamente per la stagione estiva, o comunque consumati soprattutto durante i mesi più caldi. Uno dei più celebri è quello delle Weizen, che, come tutte le birre di frumento (Witbier, American Wheat, Gose, Berliner Weisse, ecc.) risultano particolarmente rinfrescanti. Tuttavia rappresentano anche uno degli stili birrari più disprezzati dagli appassionati e dagli esperti, tanto che la loro presenza nell’offerta dei pub indipendenti si è ridotta drasticamente negli anni, scalzate da altre tipologie di grano o da prodotti totalmente differenti. È difficile trovare nel nostro ambiente una così ampia convergenza di opinioni (negative) nei confronti di un singolo stile birrario e nei concorsi internazionali è consuetudine guardare con compassione i giudici che hanno la sfortuna di dover valutare interi flight di Weizen.

Ma da dove nasce questa diffusa idiosincrasia nei confronti delle Weizen? A pensarci bene i motivi non sono chiari, anche perché, nonostante le loro evidenti peculiarità organolettiche, non sono certo birre di difficile approccio come le Gueuze o le sour in generale. Presumibilmente allora è un insieme di fattori a determinare la celebre repulsione di molti appassionati nei confronti delle birre di frumento bavaresi.

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Profilo aromatico dominante

Le Weizen sono birre ad alta fermentazione profondamente caratterizzate dal contributo aromatico del lievito. Costituiscono uno degli stili più facilmente distinguibili poiché il loro profilo può essere definito da due descrittori dominanti: banana matura e chiodi di garofano – chiaramente non sono gli unici e possono variare leggermente da prodotto a prodotto. È chiaro che non a tutti può piacere ritrovarsi un succo di banana speziata nel bicchiere, ma queste note, pur con le loro variazioni, non sono così dissimili da quelle di alcuni ceppi di lievito ad alta fermentazione. In altre parole note molto simili sono riscontrabili anche in stili diversi dalle Weizen, come ad esempio alcuni belgi (Tripel, Belgian Golden Strong Ale), senza che però questi ultimi godano della stessa pessima reputazione. Ciò che condanna le Weizen allora è probabilmente il loro bouquet molto più monocorde rispetto ad altre tipologie caratterizzate dagli esteri e dai fenoli dei lieviti, tanto che spesso vengono molto più apprezzate le versioni scure (Dunkelweizen) o molto alcoliche (Weizenbock) che aggiungono qualcosa a livello aromatico.

Dolcezza percepita

Le Weizen sono birre tendenzialmente dolci, tanto da rappresentare spesso la prima scelta per chi è alla ricerca di una bevuta poco amara. Tradizionalmente il luppolo è un ingrediente ampiamente secondario e tanti tendono a considerare la dolcezza delle Weizen al limite dello stucchevole. In teoria però non dovrebbe essere così, perché sia la carbonazione vivace che il rinfrescante tocco acidulo del frumento dovrebbero fornire un certo grado di equilibrio per chiudere la bevuta in maniera bilanciata. Senza tenere in considerazione che esistono tanti altri stili con tendenza dolce che non sono visti in maniera così negativa.

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Corpo masticabile

Le Hefeweizen, cioè la classica versione opalescente delle Weizen, sono birre dal corpo pieno, al limite del masticabile. Chiaramente questo aspetto può non piacere a tutti, ma non è l’unico stile birrario a presentare una peculiarità simile. Inoltre anche in questo ci sono ancora carbonazione e freschezza finale a fare da contraltare al corpo, rendendone la percezione a fine sorso meno pesante di quanto ci si potrebbe aspettare. Perciò è questo l’unico aspetto a condannare le Weizen? Presumibilmente no.

Aspetto opalescente

Il discorso fatto poco sopra sul corpo si può estendere all’aspetto delle Weizen. Il loro apparire torbide può non piacere al consumatore medio, ma gli appassionati di birra sono abituati da sempre a birre con simili caratteristiche estetiche – non c’è bisogno che ricordiamo il successo delle Hazy IPA, giusto? Anche in questo caso dunque il singolo elemento non sembra sufficiente a spiegare l’avversione che accompagna stile, non almeno quanto potrebbero esserlo altri aspetti.

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Stile poco interessante per gli appassionati

Spesso le Weizen rientrano nel novero degli stili che si bevono quando si cominciano a compiere i primi passi come appassionati di birra. Il percorso solitamente è sempre lo stesso: si inizia con tipologie “diverse da solito” ma comunque facilmente reperibili e poi si vira su un approccio più radicale, con prodotti artigianali appartenenti a stili meno diffusi e più complessi. Le Weizen quindi soffrirebbero questa tara culturale per cui finiscono presto per essere ignorate dai bevitori più smaliziati, in cerca di qualcosa di particolare. In realtà però quasi sempre si verifica un ritorno alle origini: dopo alcuni anni di bevute fuori dall’ordinario, l’appassionato tende a tornare su stili più semplici e quotidiani. Peccato che da questo fenomeno spesso siano escluse proprio le Weizen.

E quindi?

Se si disseziona lo stile delle Weizen, difficilmente si trova una singola caratteristica che ne comprometta la reputazione. È più probabile che allora sia la compartecipazione di tutte le sue peculiarità a rendere questa tipologia brassicola particolarmente odiata dagli appassionati. Sono birre tendenzialmente dolci, molto intense ma abbastanza monocordi (banana – chiodi di garofano), con uno spettro aromatico limitato rispetto alla pienezza del corpo. Se aggiungiamo l’aspetto opalescente e la resistenza culturale che le accompagna, ecco che la frittata è fatta.

Però non possiamo concludere senza invitarvi a dare un’altra chance a questo stile, puntando magari sulle sue interpretazioni migliori. È vero che sono dolci, monodimensionali e sbilanciate in diversi aspetti, ma posseggono molte altre caratteristiche apprezzabili, che spesso servono a smussare gli spigoli fisiologici che possiede lo stile. Tra queste c’è anche la loro capacità dissetante, che è un valore aggiunto da non sottovalutare soprattutto nella stagione in corso.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. Ciao Andrea. Da appassionato ultra ventennale di birra,mi considero l’eccezione che conferma la regola,le weizen le adoro,come tutti gli stili classici. Ma che weizen? Quelle buone,quelle che si vedono raramente in giro e se le trovi,spesso sono mediocri se non pessime. Weizen va di pari passo con pizzeria,ergo tenute male( salvo rari casi) e spillate alla pizzaiola , ovvero di fretta.

    • Ciao Amedeo, sicuramente all’elenco andrebbe inserito anche il punto che citi: pessimo livello medio delle interpretazioni presenti sul mercato.

  2. Tante verità di questo stile bistrattato da molti me compreso
    Recentemente ho bevuto una discreta weiss di croce di malto ed è stato un tuffo nella gioventù fatta di tante weiss tedesche più o meno buone

  3. il consumo di weizen sta crollando a picco in Germania purtroppo. sempre più helles viene richiesta. a me piace un sacco. Fabiano

  4. Weizen, birre di frumento, quindi già di per se’ particolari. Ce ne sono in abbondanza, ognuna con le sue sfumature. Difficile non trovarne una o più adatte al nostro gusto. E’ uno stile che ha il suo perché, più di altri difficilmente comprensibili. W le Weizen

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