Come forse saprete, poco meno di un mese fa ha aperto a Bologna l’ultima creatura di Oscar Farinetti (mister Eataly), battezzata Fico. Il progetto è mastodontico: un “parco agroalimentare” di dimensioni impressionanti (oltre 100.00 mq al coperto più 2 ettari di campi) nel quale trovano spazio ristoranti, botteghe, aree didattiche e polifunzionali e soprattutto 40 “fabbriche contadine”, comprensive di filiera produttiva. Tra queste c’è anche la birra, rappresentata da quel birrificio Baladin che ha scritto la storia del movimento artigianale e di cui lo stesso Farinetti detiene delle quote di minoranza. Dunque la collaborazione, che segue altre già intessute in questi anni, non poteva non realizzarsi anche nel nuovo polo enogastronomico: Baladin è presente in Fico con un suo nuovo polo produttivo, oltre che con un punto ristoro a proprio marchio. Nella panoramica di oggi sui nuovi birrifici italiani partiamo proprio da questo progetto.
Come riportato da Repubblica – leggete l’interessante intervista che Alessandra Di Dio ha rivolto a Teo Musso – il nuovo impianto si avvale di una sola cottura da 600 litri e di una cantina da 4.800 litri. Lavorerà a ritmo sostenuto, dovendo rifornire non solo la birreria attigua, ma anche tutti i ristoranti di Fico, tanto che è prevista l’attività di due figure professionali dedicate: un birraio e un assistente. L’impianto è visibile grazie a una parete a vetri (presumibilmente come accade a Eataly Roma) e sarà utilizzato anche a scopi didattici. Baladin non sarà l’unico marchio di birra artigianale presente nel parco, ma dividerà gli scaffali con una sessantina di altri brand italiani. Insomma, Teo Musso sembra veramente non fermarsi mai un secondo!
È in qualche modo legato al produttore piemontese il secondo marchio di cui parliamo nella rassegna di oggi. Si tratta infatti di Birra Carrù, nuovo birrificio nato dallo spirito d’iniziativa di Lelio Bottero, pioniere del movimento e responsabile commerciale di Baladin per una decina d’anni. Dopo l’esperienza acquisita con la beer firm Giratempo, Lelio ha capito che era giunto il momento di aprire un vero e proprio birrificio: ci è riuscito affidandosi a un crowdfunding alternativo, contattando direttamente i lettori della sua Guida all’apertura di un microbirrificio. E il sogno è diventato realtà: Birra Carrù è sul mercato da qualche mese e sfrutta un impianto con sala cottura da 12,5 hl e una capacità di circa 1.200 hl l’anno. I soci di Lelio sono sparsi in tutta Italia (uno è addirittura in Svizzera) e ci sono altri progetti all’orizzonte, come una coltivazione di orzo in Piemonte con maltatura “single batch” effettuata da una malteria in provincia di Asti, così da garantire la tracciabilità di filiera.
Attualmente le birre in catalogo sono quattro, curiosamente battezzate con l’abbinamento per il quale sono state studiate. Così la For Cheese (4,8%) è un’American Pale Ale che si presta ad accompagnare i formaggi; la For Fish (4,5%) una classica Blanche ottima con sushi e piatti a base di pesce; la For Meat (6,5%) un’Italian Grape Ale con mosto di uve moscato che ben si sposa con piatti a base di carne; infine la For Pizza (6%) è una Belgian Ale che, indovinate un po’, rappresenta il giusto contrappunto alle pizze della tradizione italica. Oltre a queste etichette, nell’impianto di Birra Carrù saranno anche realizzate le “vecchie” birre a marchio Giratempo. Per saperne di più potete consultare il sito ufficiale dell’azienda.
Racconta di un passaggio da beer firm a birrificio anche l’ultima fatica di Mirko Orfei, che recentemente ha momentaneamente accantonato la sua creatura Superbum per lanciarsi, con gli amici Simone Proietti e Andrea Alaimo, in una nuova avventura denominata Tibur Brewing Factory. Siamo a Tivoli (RM) e la struttura è divisa in una sala cottura da 350 litri e una cantina da circa 4.500 litri con catena di imbottigliamento isobarica. Le birre prodotte attualmente sono cinque e si ispirano alle tipologie di provenienza angloamericana: l’American IPA (6%) prevede un dry hopping con varietà Mandarina Bavaria e Chinook; la Double IPA (7,5%) un mix di 8 luppoli provenienti da tutto il mondo; la Blond Ale (5,2%) un’aromatizzazione con scorze di arancia (dolce e amara) e bergamotto, oltre a una percentuale di frumento; la In Love (5%), infine, è un’American Lager con aggiunta di sale di Trapani. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito del birrificio.
E a proposito di Trapani, è proprio sull’incantevole isola di Pantelleria che da qualche mese è attivo il birrificio La Panteska. L’idea alla base del progetto è di creare un connubio tra le antiche tradizioni brassicole e gli esclusivi sapori e profumi dell’isola situata a largo della Sicilia. Come riuscirci? Con (attualmente) due birre chiamate Venere e Zibirra. Venere (5%) è ispirata alle tipiche Weizen tedesche, con classici toni fruttati (banana matura) e speziati (chiodi di garofano), facile da bere e rinfrescante. Zibirra (6,2%) è un’Italian Grape Ale aromatizzata con uva passa Zibibbo di Pantelleria, la cui pratica agricola nel 2014 è diventata patrimonio dell’umanità per l’Unesco. Aspetto curioso e interessante: per entrambe le birre il birrificio La Panteska utilizza acqua di mare desalinizzata. Se volete saperne di più potete consultare la loro pagina Facebook.
Un grande in bocca al lupo a Lelio, persona seria e preziosa per il panorama birrario italiano, ma i nomi delle birre non mi piacciono per niente. Spero li cambi quanto prima 😀
Grazie Michele ( e grazie Andrea ovviamente) . Per i nomi delle birre…chissà. al momento qui è tutto in evoluzione.
Un caldo saluto e Auguri.