Nella panoramica di oggi sui nuovi birrifici italiani partiamo da una vecchia conoscenza del movimento italiano, uno degli appassionati della prima ora: Lorenzo Beghelli, meglio conosciuto nell’ambiente con lo pseudonimo di Biffero. Bevitore di birra artigianale dal lontano 2002, dopo una gestazione infinita è finalmente riuscito a lanciare il suo marchio insieme ad alcuni amici, battezzandolo Birra Muttnik. Parliamo quindi di una beer firm, ma di quelle con “controllo totale”: Biffero passa intere giornate in sala cotta seguendo ogni fase del processo produttivo, forte di un lunga esperienza acquisita come homebrewer di alto livello e di un periodo di apprendistato presso il Birrificio Italiano.  Lo status dell’azienda non è nascosto, anzi l’idea di acquistare un impianto è espressamente considerata al momento molto remota.
Molto originale il filo conduttore che unisce il nome del marchio, quelli delle birre e la “filosofia” produttiva. Muttnik è il “bastardino dello spazio”, cioè l’epiteto che coniò la stampa americana per schernire Laika, il primo cane inviato nello spazio in base a un progetto spaziale sovietico. Il riferimento è a un animale utilizzato da molti birrifici di tutto il mondo e in particolare a uno scozzese piuttosto alla moda – chiaramente parliamo di Brewdog – che è riuscito a farsi conoscere grazie a birre estreme e a un marketing aggressivo. Muttnik nel suo piccolo e con molta ironia vuole proprio criticare questo approccio: così come Laika e gli altri cagnolini spaziali si allontanano dalla Terra, la beer firm vuole percorrere un’idea di birra diametralmente opposta. Ecco che allora il birrificio davvero coraggioso non è quello che sforna a ripetizione prodotti non convenzionali, ma quello che punta all’equilibrio e alla semplicità , proprio come fanno le birre firmate Muttnik.
Il “mind game” continua con i nomi delle birre, identici a quelli dei cagnolini spaziali, e con le storie che hanno portato alla loro genesi. Ad esempio Belka e Strelka sono due Saison “gemelle”, la prima più ortodossa, la seconda più luppolata ed eccentrica. Sono battezzate come i primi due cani che viaggiarono insieme nello spazio. Bolik è invece il nome del bastardino che si dileguò il giorno stesso della partenza, obbligando gli scienziati a lanciare nello spazio un malcapitato randagio che fu chiamato ZIB (acronimo di “sostituto dello scomparso Bolik”). Così ZIB è il nome di una birra che Biffero ha dovuto creare come alternativa alla sua Pale Ale per problemi nella fornitura di luppolo, rimandando la creazione di quella che inevitabilmente sarà chiamata Bolik. Insomma, tutto l’impianto simbolico è costruito in maniera dettagliata e autoironica, basti pensare che Biffero preme a precisare che l’apparente coraggio dei cagnolini spaziali alla fine non era altro che incoscienza. Se trovate interessante il progetto, sappiate che questa beer firm sta già lavorando duro per farsi conoscere: a inizio mese ad esempio è stata protagonista di un evento al Lambiczoon di Milano. Per saperne di più potete consultare il sito web di Muttnik.
Restiamo in provincia di Milano per presentare il Birrificio WAR (è l’acronimo di “We are rising”), che ha aperto i battenti lo scorso anno su iniziativa di Francesco Radaelli. Ingegnere mancato e appassionato di musica, è cresciuto in una famiglia che esercita attività agricola, dettaglio che molto probabilmente ha influenzato la sua futura passione per la birra e per la produzione brassicola. Il birrificio sorge all’interno della cascina di famiglia a Cassina de’ Pecchi e si avvale di un impianto Eco Brew Tech da 5 hl. L’obiettivo è di realizzare birre che vadano contro corrente, basate su ricette apparentemente semplici ma studiate nei minimi dettagli. L’azienda impiega inoltre il malto d’orzo coltivato in proprio. Le birre WAR spaziano tra gli stili di diverse culture brassicole, con un occhio di riguardo per quelle di origine angloamericana: Fuji (American Amber Ale), Amen (IPA), Felina (Golden Ale), Zelda (Bitter), Babau (Porter) e Helleboro (Blanche). Le grafiche, d’impatto e molto curate, sono opera di Elisa Previtali. Ulteriori informazioni sulla pagina Facebook del birrificio.
Dobbiamo percorrere diverse centinaia di chilometri per scoprire il birrificio Eclipse, che ha recentemente iniziato la sua avventura a San Giorgio Jonico, in provincia di Taranto. La particolarità è che il birraio è donna: Vittoria Ancona si aggiunge alla ristretta (ma neanche troppo) cerchia di colleghe che produce birra in Italia. La sua idea è di rievocare i classici stili birrari, soprattutto europei, aggiungendo un tocco personale e creativo. Attualmente la gamma è composta di quattro produzioni: Sunshine (5%) è una Weizen assai tradizionale, Comfortably (10%) una Strong Scotch Ale (anche dette Wee Heavy), Sunset (5,5%) una Blanche con aromatizzazione “ampia” (scorza di bergamotto, mandarino, arancia amara e dolce, fiori d’arancio) e Guglielmatell (6,5%) una birra alle castagne. Per saperne di più potete visitare il sito web di Eclipse.
E concludiamo spostandoci in Sicilia, dove da pochissimo tempo è attivo il birrificio Rock Brewery. La sede è a Brolo, un comune sul mare della provincia di Messina, mentre l’impianto è un 5 hl di Impiantinox, con 4 fermentatori totali (due da 10 hl, altrettanti da 5 hl). È apprezzabile notare che le tre birre prodotte al momento non strizzano troppo l’occhio alla moda, rivolgendosi a modelli meno diffusi: La Carretta (5%) è un’Altbier, Saracena (5%) una Kölsch e The Rock (5%) una Blanche aromatizzata con scorze di arancia siciliana biologica. Una scelta coraggiosa che denota una decisa passione.
Da menzionare il programma di controllo qualità denominato “Rock Brewery Quality Standard”, che parte da un insieme di regole interne su produzione, stoccaggio e tracciamento alimentare per estendersi a corsi di formazione per i locali rivenditori (conoscenza, mescita, conservazione del prodotto). Se volete approfondire il discorso, potete consultare il sito di Rock Brewery.
Ma coma fai a chiamarla “Felina” quando c’è un birrificio nella tua stessa regione (non nell’emisfero australe) che l’ha già battezzata in tal modo???
Di omonimia in questo post ce n’è anche un’altra 🙂
No, Saracena… Anche se non è più artigianale 😉
Ciao Michele, sono Davide il birraio di War. Ti rispondo in merito alla presunta omonimia tra la nostra golden e quella del birrificio Menaresta. Francesco, il titolare, ha deciso di chiamare la birra FeLiNa come l’ultimo episodio della serie Breaking Bad, Mentre suppongo che il birrificio Menaresta faccia riferimento ad un gatto.
Se poi vogliamo essere pignoli e guardare il pelo nell’uovo, La mia è una British golden Ale bionda e leggerà mentre la loro è una Belgian strong ale rossa e decisamente più alcolica.
Poi se proprio vi sta sulle balle la chiameremo “bionda” e festa finita 🙂
Secondo me dovresti cambiarle nome. Felina o FeLiNa… siamo sempre là … non giriamoci attorno…
Cmq ho appena letto grandi cose sulla tua Fuji. Assaggerò e verificherò se è tutto vero 😉
La Sunshine di Maltovivo? Se ti riferivi a questa, per lo meno, stando a microbirrifici.org, la sua produzione è sospesa 😀