Il mondo Baladin compie 30 anni, dieci anni come pub del paese e venti come birrificio, e per festeggiare inaugura a poco distanza dal centro di Piozzo il nuovo impianto di produzione. Nonostante il progetto sia stato sviluppato nel tentativo di minimizzare l’impatto ambientale delle due “scatole” di produzione su Valle 25, la vallata circostante, il colpo d’occhio sul nuovo Open Garden Baladin è forte; in particolare il contrasto è accentuato dalla cascina del 1300, ancora in fase di ristrutturazione, con un evidente fascino rustico. Questa struttura si trova proprio accanto ai due stabilimenti di lavorazione vera e propria e, architettonicamente, il divario tra l’antico casale e il moderno sito produttivo, a oggi, crea un leggero senso di spaesamento.
Ciò che più colpisce, tuttavia, è lo spazio che occupa il progetto Open Garden Baladin. Stiamo parlando di circa 73.000 metri quadrati divisi tra la cascina, l’impianto che porterà la capacità produttiva dagli attuali 20.000 ettolitri/anno ai possibili 50.000, un magazzino di 500 mq a 4 piani (la scatola di rifermentazione completamente automatizzata sognata a lungo da Teo Musso), il grande spazio verde antistante il quale svettano la Baladin Hop Machine, un silos e il luppoleto di circa un ettaro, a pochi metri dal sito produttivo. Sono dati davvero impressionanti pensati da chi, da tempo, ha un’ambizione che va oltre la produzione di birra.
Anche solo la descrizione del nuovo quartier generale Baladin è sufficiente, infatti, a far comprendere il concetto alla base di questa impresa: aumentare la produzione ma estendendo, come se fosse una conseguenza, la possibilità per il comune cittadino di partecipare alla vita del birrificio. Tutto, infatti, ad eccezione della scatola di rifermentazione, è aperto al pubblico. La cascina, per esempio, è uno spazio polivalente a completa disposizione di chi desidera soffermarcisi, tra divani in pelle e sigari toscani, ed è allestito per ospitare il mercato della domenica dove gli abitanti dei dintorni, o chi di passaggio, potranno rifornirsi di generi alimentari di ogni tipo e a km0, portati dai produttori della zona. Come in ogni mercato cittadino moderno, l’Open Garden di Baladin invita anche a consumare sul posto ciò che si acquista, grazie a un braciere e a un forno. È una pratica molto diffusa ormai e, nella mente di Teo, è il motore per attrarre persone e così rinforzare e sviluppare il tessuto sociale attorno allo stabilimento.
Anche il cuore dell’area produzione è predisposto ad accogliere i visitatori, senza lasciare che questi camminino tra fermentatori e tubi, grazie a una passerella che sovrasta l’impianto. Tutto, dal piccolo impianto da 3 ettolitri, usato come strumentazione didattica dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, alla grande sala in cui si imbottiglia è funzionale e bello, decorato ad arte e fatto anche per essere guardato. Persino i campi di luppolo saranno visitabili attraverso dei percorsi organizzati, dove i curiosi potranno avere un contatto più diretto con la natura, annusare le diverse varietà per scoprirne le caratteristiche e per regalarsi uno scorcio della filosofia di autonomia sostenibile sempre perseguita da Baladin: perché “la Birra è Terra“.
Insomma, Teo Musso, pur facendo i conti per far crescere la produzione, non ha messo in un angolo alcuni valori base per la creazione di una comunità attiva e per la divulgazione di una cultura popolare della birra, dove l’imperativo è partecipare. Baladin vuole aprire le porte del birrificio non per un’occasione, ma in modo continuativo, per fare in modo che tutto quel che Teo ha costruito possa vivere due volte: la prima come polo produttivo finalmente pronto a soddisfare la richiesta crescente di birra, la seconda e quella più significativa dal punto di vista dell’individuo, come centro di aggregazione e di divulgazione di cultura birraria.
Il progetto del nuovo Open Garden di Baladin è interessante e ha un respiro internazionale. È costruito con la consapevolezza, mai scontata, che si diventa grandi solo con il coinvolgimento del pubblico, e che questo pubblico non è solo una minuscola platea di grandi esperti ma è composto anche e soprattutto di persone meno interessate al dettaglio birrario e più all’aspetto socializzante della bevanda. Questa filosofia si rispecchia anche nella sua ampia offerta birraria, in grado di coinvolgere con una bevuta complessa, da degustare lentamente, o con una birra da bere senza impegno. Ed è con questa leggerezza che si dovrebbe visitare l’Open Garden di Baladin.
Faccio i complimenti a Teo per la visione globale che ha del mondo birra artigianale. Materie prime italiane che ti legano all’agricoltura, alla terra, in un concetto di filiera. Accoglienza e legami di territorio..il Piemonte , le Langhe, l’idea del Mercato ..l’Università di Pollenzo, quindi la cultura e la sperimentazione..tanta immaginazione. Insomma un progetto diverso e complessivo che valorizza una via italiana alla birra artigianale.
Ancora attenzione al consumatore..ben vengano gli esperti, ma noi tutti abbiamo bisogno di parlare linguaggi semplici per allargare la quantità di consumatori vero collo di bottiglia in un momento nel quale l’offerta di birra artigianale è molto elevata e la domanda cresce lentamente..molte volte osservo la sua cura maniacale per curare piccoli dettagli, dall’allestimento di uno stand all’attenzione anche alla singola parola in un intervento pubblico
..complimenti davvero un grande!!
In effetti quello “scatolone” non c’entra niente con la valle circostante e con la cascina del ‘300. Sarebbe stato meglio valutare altre soluzioni architettoniche. Orribile!
Ma voi ve lo immaginate l’impianto stereo che servirà per far ascoltare musica ai lieviti contenuti in tutti quei fermentatori?
😀