La Toscana è una delle regioni italiane con più birrifici, alcuni dei quali da inserire tra i migliori produttori a livello nazionale. Fino a non molto tempo fa il loro numero era decisamente inferiore, sebbene già a metà degli anni 2000 fossero attive diverse aziende brassicole che sarebbero cresciute di lì in breve tempo. Tra loro si deve necessariamente segnalare il birrificio Brùton di San Cassiano di Moriano (LU), operante da ormai 6 anni – che nel nostro settore non sono certo pochi. Il mio primo contatto con Brùton risale proprio al 2006, anno di inaugurazione: fu il birrificio più giovane invitato a partecipare a Birromania, facendosi apprezzare subito per un’ottima Bitter (ancora senza nome). Al tempo la produzione era in mano ad Allo (oggi nell’organico di Brewfist) e le birre prodotte solo due… nel frattempo di cose ne sono cambiate tante, così sono stato molto felice quando Margherita Mattei, che cura la comunicazione del birrificio, mi ha sottoposto una selezione della gamma dell’azienda per un assaggio.
La linea di Brùton è composta da un numero discreto di produzioni, ispirate per lo più al mondo belga e anglosassone, ma con alcune variazioni sul tema. La Lilith ad esempio nasce sul modello delle Bitter inglesi, ma vira sul campo delle APA grazie all’utilizzo di luppoli americani – immagino sia l’evoluzione della birra presente a suo tempo a Birromania. E’ un ottimo prodotto, apprezzabile già a livello estetico grazie a un bel colore ambrato carico e una schiuma perfetta per lo stile. Al naso emerge l’immancabile tocco caramellato del malto, che si fonde con le note fruttate e vegetali del luppolo. Si distingue una sfumatura speziata, che poi si ripresenta al palato, dove le percezioni rimbalzano dalla parte dolce a quella amara, in un gioco di equilibri che in questa birra appaiono davvero ben bilanciati. Il finale è amaro e mediamente persistente.
Come il nome suggerisce, la Bianca è una birra di frumento che si ispira chiaramente alle Blanche belghe. Quindi è aromatizzata con coriandolo e buccia d’arancia, ma prevede anche una percentuale di farro della Garfagnana. Come da copione è di colore biondo chiaro e decisamente opalescente, mentre la schiuma appare meno copiosa e persistente di quanto ci si potrebbe immaginare. All’olfatto le sensazioni sono quelle classiche da Blanche: speziato e fruttato decisi, sebbene meno intensi del previsto, e una netta nota pepata che solletica il naso. E’ una birra pensata per rinfrescarsi durante i mesi estivi e infatti in bocca scorre veloce e fresca, con la classica nota acidula a aumentarne la carica dissetante. Sul finale appare un po’ corta. Buona, ma migliorabile.
Successivamente ho assaggiato la Stoner, che può essere considerata una Golden Ale di stampo belga. E’ un prodotto dal grado alcolico elevato (7,5%) ma che fa della facile bevibilità una delle sue principali caratteristiche. Appare di colore dorato intenso con un’abbondante schiuma bianca e una carbonazione adeguata. A livello olfattivo e gustativo rivela soprattutto note dolci di miele e frutta gialla, accompagnate da un leggero tocco speziato che rimane costante fino alla chiusura, leggermente secca e amara. Colpisce soprattutto la scorrevolezza in una birra del genere, che non punta certo a gradazioni alcoliche contenute.
La Bruton è invece una birra dorata ad alta fermentazione che utilizza luppoli tedeschi in unione a varietà americane. E’ di non facile classificazione, ma direi che può essere considerata la “chiara da battaglia” del birrificio, da cui anche l’omonimia con l’azienda stessa. Visivamente è come la immagineremmo: colore chiaro leggermente velato, schiuma mediamente persistente. Al naso e al palato sono nette le note erbacee del luppolo, sorrette da una traccia dolce di miele millefiori. Si beve facilmente ed è discretamente equilibrata, il problema è che appare fin troppo timida anche per essere una birra pensata per un approccio disimpegnato.
La Dieci è invece la più alcolica del lotto, con una gradazione che raggiunge la doppia cifra (10%). E’ riconducibile allo stile delle Belgian Strong Ale e si presenta di colore marrone con riflessi rubino e una schiuma ricca e aderente al bicchiere. Ovviamente la complessità è la sua cifra stilistica, con aromi intensi che già emergono all’analisi olfattiva. Al naso si caratterizza per note tostate, di cioccolato, frutta secca, spezie, miele di castagno. In bocca è dolce di miele e frutta, ma anche tostata e speziata. Il corpo è rotondo e la nota alcolica non passa certo inosservata, amplificando la capacità “di scaldare” e armonizzando il tutto. Una bella birra da meditazione, per usare un’espressione decisamente poco inflazionata 😛 .
E chiudiamo con la Momus, che in qualche modo si può ricondurre alla precedente. Non tanto per il grado alcolico, elevato (7,5%) ma decisamente inferiore a quello della Dieci, quanto per il regno di ispirazione, che rimane quello delle Strong Ale belghe. Di colore ambrato scuro e schiuma abbondante, al naso si caratterizza per profumi di caramello, frutta rossa e spezie. Al palato si ritrovano le stesse sensazioni, con una nota alcolica che emerge inevitabilmente, ma meno del previsto. Rimane tutto sommato discretamente bevibile, anche se in generale pecca di una certa mancanza di armonia tra le componenti.
Da questi assaggi Brùton dimostra di possedere una gamma varia e di buon livello, che sicuramente si è perfezionata nei tanti anni di militanza nel settore. E’ giustamente considerato tra i birrifici più importanti della Toscana, sebbene per alcune birre ci siano ancora dei margini di miglioramento. E’ un produttore sul quale punterei sicuramente per un acquisto in un beershop, mentre sarei molto curioso di provare qualche suo prodotto alla spina. Cosa che non mi succede da quel lontano 2006, ma che potrò fare sabato quanto il Brùton sarà presente al Villaggio della Birra (anche con una produzione inedita).