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Dopo la Pasqua, le nuove birre italiane (tra cui diverse one shot)

Beh eccoci qui, tornati alla routine quotidiana dopo la pausa di Pasqua. Come sono andate le abbuffate di questi giorni? Spero che vi siate già abbondantemente ripresi, perché i birrifici italiani hanno in serbo per noi una valanga di novità che sicuramente non vorrete perdervi. Per rimetterci in riga direi che è giunto il momento di dare un’occhiata alle nuove birre italiane, che in molti casi scopriremo seguire una tendenza emergente nel panorama brassicolo nazionale: le ricette “one shot”. Se siete tra coloro che credono nel detto “ogni lasciata è persa”, vi conviene seguire attentamente gli aggiornamenti di oggi…

Partiamo allora da Toccalmatto, che nei prossimi mesi ha pronta una valanga di one shot per i suoi tanti estimatori. Oggi parliamo della Zio Selassie, ispirata alle Saison e prodotta in collaborazione con Aleph Birra. In riferimento a quest’ultimo nome, ammetto di saperne davvero poco: a quanto ho capito si tratta di un progetto (romano!) di “cooperazione brassicola”, legato al locale omonimo e già decisamente attivo. Mi sono ritrovato una vecchia richiesta di amicizia su Facebook… ma cavolo, spiegarmi qualcosa oltre a cliccare su “Aggiungi agli amici”, no? 🙂 Beh, cercherò di documentarmi nei prossimi giorni e vi farò sapere.

Tornando alla birra, Bruno Carilli la definisce la prima Rastafarm House Ale al mondo, realizzata con il supporto della “Coldiretti di Addis Abeba”. E’ elegante e raffinata e prevede un infuso in hop back di fiori d’ibisco e bucce di mandarino. Se siete curiosi, la troverete sabato 21 aprile al Domus Birrae di Roma nell’evento di festeggiamento del secondo anno del beershop.

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Oltre alla Zio Selassie, al Domus Birrae troverete la nuova Stupid Monkey di Stavio. Si tratta della terza birra del marchio laziale di cui vi parlai poco tempo addietro, che si aggiunge alla Flhop e alla Critical. Si tratta di una Stout da 5,8% alc. caratterizzata da netti sentori di cioccolato fondente. Terza novità dell’evento capitolino sarà la Runner Ale del Birrificio Pontino, neo-produttore di cui scriverò in un futuro post.

Tornando in tema di one-shot, spostiamoci in Puglia, dove il birrificio Birranova ha recentemente rilasciato l’inedita Son of a… beer. Come si può leggere su Berebirra, si tratta di una one shot, il cui nome rivela le origini della birra. E’ infatti “figlia” di un’altra produzione che sarà lanciata nei prossimi mesi, ottenuta mediante il lavaggio delle trebbie di quest’ultima. La tecnica, per quanto particolare, è conosciuta da tempo immemore nel mondo birrario (la usavano anche i frati) ed è stata utilizzata in passato, con alcuni accorgimenti, anche dal Birrificio Italiano per la sua linea Muse. Il risultato di una simile soluzione è una “mezza birra”, dal contenuto alcolico piuttosto ridotto.

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La Son of a… beer non supera il 2,7% alc., mentre le sue caratteristiche sono riassunte da Angelo sul suo blog:

Al naso si presentano luppoli americani gradevoli, ed in bocca si apprezza subito la sua cremosità. Il colore è ambrato scarico, la carbonazione piacevolmente presente. Il corpo è tra il leggero ed il medio, la sua torbidità media. Si scioglie subito, ma molto piacevolmente. Tra la scorrevolezza di una cream ale e la facilità di una session beer, il bilanciamento appare ben inquadrato, per cui non risulta nè eccessiva nè lavata. Una sorta di light American Pale Ale che si può bere senza alcun problema, una pinta dietro l’altra.

Nasce invece per celebrare una precisa ricorrenza la nuova birra di Civale, battezzata Monflowers. Si tratta della produzione realizzata per festeggiare il terzo anniversario del birrificio: è una Blanche sui generis, brassata con segale in aggiunta ai classici cereali dello stile (orzo e frumento) e aromatizzata con fiori e spezie del Monferrato. Così viene descritta sul sito dell’azienda:

Isipirata alle Blanche belghe, si presenta di colore biondo pallido, con schiuma bianca aderente. Al naso è incredibilmente variegata, porta con sè i profumi della primavera, di campi in fiore. Note di coriandolo, arancia, pesca, lavanda si combinano alle note mielate dei malti italiani e alle sfumature di frumento e segale, per un birra incredibilmente complessa ed incredibilmente bevibile.

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Due righe anche sull’ultima novità del Birrificio Geco, annunciata proprio il giorno di Pasquetta. Si tratta dell’edizione 2011 della Scarfiun e il nome fa riferimento alle pregiate ciliege di Bareggio, aggiunte per creare questa “fermentazione mista” dell’azienda lombarda. La birra riposa per nove mesi in barrique ed è così descritta sul sito della Pazzeria:

Si presenta rosso scarico con riflessi oro, con schiuma di scarsissima persistenza. Al naso è vinosa con aroma di ciliegia. Nel finale aroma di armellina ed erbaceo di luppolo. In bocca il corpo è snello con media carbonatazione; nell’immediato la ciliegia appare immediata ma di breve persistenza, lasciando spazio alle note aspre della fermentazione spontanea. Il finale risulta breve ma piacevole e fresco.

Concludiamo infine con 32 Via dei Birrai, che abbandona momentaneamente la birra per lanciare il suo Ace To 32, un aceto ottenuto dal mosto dell’Audace. Per saperne di più vi rimando a Beverfood.

Pronti per ricominciare a bere?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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8 Commenti

      • Quella di quest anno sarà la 2a edizione della Scarfiun. E’ stata fatta per la prima volta l’anno scorso.
        Si parla di “edizione 2011” perchè le ciliegie utilizzate sono le Bareggesi dell’annata 2011, le quali poi sono state messe in botte 9 mesi per avere pronta la birra in questo periodo (aprile 2012). 😉

        La stessa cosa vale per la 1a edizione dell’anno scorso (Scarfiun “2010”). La Birra era effettivamente pronta in primavera 2011, ma le ciliegie erano state raccolte a Bareggio nel giugno 2010.

  1. Ma perché se faccio una birra con il supporto della Coldiretti di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, al Leone di Giuda faccio portare la bandiera dell’Eritrea? Sarebbe come fare una birra in Serbia e stampare sull’etichetta la bandiera della Bosnia…

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