Tra le tante varietà di luppolo disponibili sul mercato, ogni tanto se ne incontrano alcune identificate da un codice invece che da un nome. In quei casi si tratta di cultivar sperimentali che ancora non hanno assunto una dimensione “ufficiale”, ma che comunque i fornitori mettono a disposizione dei birrifici per testarle sul mercato e in fase di produzione. Nell’ultima panoramica sulle nuove birre italiane, ad esempio, abbiamo citato le varietà ID158 e HBC638, utilizzate da Alder per la ricetta della Division Street insieme ad altre più famose (Citra, Nugget, Ekuanot e Cascade). Oggi invece apriamo con l’ultima creazione di Crak (sito web), battezzata Perfect HBC586 (7%) in onore alla tipologia sperimentale sviluppata da Hop Breeding Company, una joint venture tra due dei maggiori player del mercato, ossia John I. Haas e Yakima Chief Ranches. La birra è un’American IPA di stampo moderno e l’aspetto interessante è che rientra nella famiglia delle single hop: in altre parole è stato usato esclusivamente il luppolo HBC586, che dunque esprime al massimo le sue potenzialità aromatiche orientate verso la frutta tropicale e in particolare la guava.
Oltre a essere la regione con il più alto consumo pro capite d’Italia, la Sardegna vanta un gran numero di birrifici artigianali, molti dei quali di ottimo livello. Il Birrificio 4Mori (sito web) è tra quelli che negli ultimi tempi ha ottenuto maggiore attenzione, grazie soprattutto a una gamma di basse fermentazioni pulite, precise e appaganti. La sua recente novità però segue un percorso completamente diverso, ispirandosi al sottostile delle White IPA, che in genere – ma non accade sempre – celebra l’incontro tra le luppolate di origine americana e le Witbier della tradizione del Belgio. Così la Pozzo 21b (5,3%) si contraddistingue per la tipica speziatura eseguita con scorza d’arancia e coriandolo, unita però al fruttato intenso proveniente dalle varietà di luppolo utilizzate, il Simcoe e l’Eclipse. La birra è stata presentata giovedì scorso presso la birroteca Il Gatto con gli stivali e Adler Bierstube.
Dalla Sardegna spostiamoci in Sicilia, dove venerdì 10 febbraio sarà presentata l’Effetto Notte (5,6%), nata dall’incontro tra l’umbro Birra dell’Eremo (sito web) e i due locali Mosaik di Catania (sito web) e Buskers Pub di Roma (pagina Facebook). La ricetta parte dalla base di una classica Porter inglese, ma poi prevede l’aggiunta di caffè monocultivar brasiliano (Farm Daterra) torrefatto dalla torrefazione artigianale Hublab tramite un’infusione a freddo in coldbrew di 48 ore. Di colore marrone scuro con leggeri riflessi rubino e una schiuma fine color beige, l’Effetto Notte si caratterizza ovviamente per una netta nota di caffè, accompagnata da delicate note di cacao amaro e nocciola tostata. Al palato si rivela molto scorrevole, ma anche morbida e setosa, con le note di caffè in evidenza e in armonia con l’olfatto. Il modo migliore per apprezzarla è con il servizio tramite handpump, esattamente come la tradizione britannica insegna.
Continuiamo a parlare di collaborazioni, ma questa volta spingiamo lo sguardo oltre i confini nazionali. Di recente il veneto Lucky Brews ha infatti annunciato la Lèore Hole (6%), una bassa fermentazione realizzata in partnership con il birrificio ceco Kysnspersky pivovar (sito web). Si tratta di un antichissimo produttore della Repubblica Ceca, fondato addirittura nel 1595 e tornato in vita nel 2011 dopo la chiusura avvenuta sotto il regime comunista. La birra è definita una Bohemian India Pale Lager perché celebra l’incontro tra le moderne Lager luppolate e le classiche modalità produttive della cultura brassicola ceca. L’ammostamento è effettuato tramite decozione, ricorrendo a malto Pils locale e un pizzico di Monaco e Carapils; per la luppolatura invece sono state impiegate le varietà Saaz (coltivata in loco) in first wort e Nelson Sauvin e Fusion in whirpool e dry hopping. La Lèore Hole è solo la prima di una serie di collaborazioni straniere che Lucky Brews ha in programma nel 2023. È stata presentata sabato scorso presso il Drunken Duck di Quinto Vicentino nel corso di un evento molto interessante, con tap takeover di Kysnspersky e la presenza di diversi mastri birrai cechi.
Quella delle birre acide con frutta è una nicchia produttiva che continua a trovare diverse incarnazioni, soprattutto d’estate per ovvie ragioni organolettiche. Spesso però sono prodotte col metodo del kettle souring, che in generale tende a uniformare il gusto e a restituire un senso di acidità artefatta. La sensazione è che ultimamente alcuni birrifici italiani stiano tentando strade alternative per ovviare al problema, ricorrendo a lieviti lattacidi o ad acidificazione spontanea del mosto. Quest’ultima soluzione è quella adottata dal marchigiano IBeer (sito web) per la sua ultima creazione, una Catharina Sour battezzata Nossa Senhora (4%) e realizzata con l’aggiunta di frutti di bosco. Il grist è composto da malto d’orzo, malto di frumento e fiocchi d’avena, poi dopo l’ammostamento e la filtrazione il mosto è lasciato riposare per almeno 32 ore così da attivare un’acidificazione spontanea. Infine dopo la bollitura viene incorporata la frutta. Il risultato è una birra profumata, gradevole ed estremamente dissetante, perfetta per rinfrescarsi anche d’inverno.
Chiudiamo con una Tripel, tipico stile della tradizione monastica belga a cui si ispira la new entry del birrificio La Gramigna (sito web). Battezzata Rave (8,3%) la ricetta segue fedelmente le caratteristiche della tipologia, mettendo il lievito al centro della scena. Sono proprio i sottoprodotti della fermentazione a dominare il profilo aromatico, in cui emergono note fruttate (banana, albicocca) e speziate (pepe, zenzero, chiodi di garofano), che si ripresentano anche nel retrolfatto dopo un attacco dolce. Il finale è secco (tra gli ingredienti compare lo zucchero candito) e leggermente amaro, con una chiusura che ripulisce il palato e invita a un altro sorso. Stile pericoloso se ce n’è uno, poiché risulta molto facile da bere celando il suo tenore alcolico non indifferente.