Anche oggi apriamo la nostra consueta panoramica sulle nuove birre italiane con Ca’ del Brado (sito web), cantina brassicola che, dopo aver raggiunto la consacrazione a livello nazionale, ora sta cominciando a farsi conoscere anche all’estero. D’altro canto l’azienda emiliana risulta in questo periodo particolarmente attiva e le novità si stanno susseguendo con una frequenza non indifferente. Proprio qualche giorno fa ad esempio è stata presentata Carteria n.1, birra pilota del nuovo progetto Carteria dedicato a “percorsi particolarmente preziosi e peculiari che nascono in bottaia, attraverso l’assaggio dei tini”. La prima creazione è un blend di soli affinamenti in barrique, tre nella fattispecie: un primo lotto entrato in cantina nel 2016 (con ambiente fermentativo ad hoc), una Nessun Dorma maturata due anni con vinacce di Grechetto Gentile (azienda agricola Gradizzolo) e una Piè Veloce Brux con affinamento di un anno. La Carteria N.1 è disponibile solo in poco più di 1.000 esemplari, disponibili esclusivamente presso la cantina. A tal proposito vi segnalo che nello stesso luogo domenica 9 giugno si terrà l’evento ufficiale di presentazione.
Con il caldo finalmente arrivato in tutta Italia nei prossimi giorni si moltiplicheranno le Session IPA disponibili alle spine dei pub. Luciano Landolfi di Eastside (sito web) ha voluto spingere il concetto all’estremo annunciando la sua nuovissima Stay Fit (3%), che definisce una Micro IPA. L’aggettivo si riferisce ovviamente al “piccolissimo” contenuto alcolico, che ha rappresentato una vera sfida per il birraio: riuscire cioè a mantenere un corpo sufficiente robusto per sostenere la luppolatura aggressiva (varietà Denali, Mosaic e Citra), pur con una gradazione assolutamente ridotta. L’obiettivo della Stay Fit è di proporsi come birra per gli sportivi ed è per questo che sarà accompagnata da tutti i rispettivi valori nutrizionali. Interessante il target di riferimento, perché rappresenta una nicchia in forte ascesa a cui si stanno rivolgendo con decisione molti birrifici americani. Per fortuna comincia a muoversi qualcosa anche in Italia.
E appartiene alla tipologia delle Session IPA anche l’ultima creazione del birrificio Menaresta (sito web), annunciata proprio negli scorsi giorni. Anche la Mi fai Session (4,4%) è in realtà un’interpretazione sui generis del sottostile di riferimento, perché brassata con l’impiego di lievito California Lager: tecnicamente è un lievito a bassa fermentazione, ma solitamente viene usato a temperature più alte del normale (come accade per le California Common). Possiamo quindi definirla una birra ibrida, con una bella secchezza finale e un profilo aromatico dominato dai caratteri fruttati (lime, pesca, albicocca, passio fruit) della luppolatura, ottenuta con varietà Ekuanot, Citra e Mosaic. È ufficialmente disponibile solo da qualche giorno.
Restiamo nel regno delle IPA con la Effecto Domino (5,7%), ultima new entry del Birrificio dei Castelli (sito web). Rispetto alle due birre precedenti, qui siamo al cospetto di una New England IPA piuttosto aderente allo stile di riferimento: è opalescente, moderatamente amara, caratterizzata da aromi di agrumi e frutta tropicale (mango, papaya, litchi) e – ovviamente – da un corpo pieno e morbido, praticamente felpato. Curiosamente il mix di luppoli presenta anche varietà inglesi accanto alle classiche americane, mentre la base fermentescibile sfrutta le proprietà dell’avena e del frumento in aggiunta all’immancabile malto d’orzo. La Effecto Domino dovrebbe essere disponibile proprio in questi giorni, esclusivamente in fusto.
Tra i tanti eventi previsti nel prossimo fine settimana ci sarà anche la festa per i dieci anni del birrificio Rurale, che si sta avvicinando a questo appuntamento con una serie di iniziative. Ad esempio negli scorsi giorni avrete sicuramente letto della reinterpretazione in chiave “moderna” di alcune birre storiche dell’azienda: dopo la DDH Pale Ale e la NEIPA è stata annunciata la terza e ultima creazione della linea Ten Years Old. La Session NEIPA (4,2%) è la rivisitazione della Hop Art in chiave “hazy”, dove la classica facilità di bavuta si accompagna a un’esplosione di frutta tropicale e a un corpo rotondo e pieno. Anche in questo caso nel grist troviamo avena e frumento.
E per concludere segnaliamo la Finesterrae del Birrificio Italiano, che in realtà non rappresenta una creazione inedita bensì la nuova veste della BI Weizen. La storica Weizen della casa sarà rimossa dalla gamma del produttore lombardo dopo una lunga e onorata carriera per lasciare posto alla nuova denominazione. La birra sarà la stessa di sempre, che tuttavia rappresenta un’evoluzione ben lontana dalla prima BI Weizen: nel tempo infatti Agostino Arioli ha modificato le caratteristiche della sua birra di frumento, che ha progressivamente abbandonato l’anima classica da Weizen per posizionarsi a metà strada tra “la Germania e il Belgio”. La Finesterrae non è una Weizen e sicuramente non è una Blanche, ma è una birra non facilmente inquadrabile in uno stile che però rappresenta la filosofia produttiva del Birrificio Italiano.