Oggi diamo un’occhiata alle ultime novità birrarie provenienti dalla nostra nazione. Partiamo allora da quello che può essere considerato il birrificio isolano più importante d’Italia, cioè il Barley di Maracalagonis (CA). Qui il talentuoso birraio Nicola Perra ha recentemente lanciato una nuova birra, chiamata Tùvi Tùvi. Il nome è tutto un programma e si ispira a una tipica espressione dialettale sarda che indica una caduta improvvisa e rovinosa, in avanti. Il collegamento è con l’estrema bevibilità della Tùvi Tùvi, che appunto scivola nell’ugola con grande facilità.
La nuova creatura di Nicola è una Blond Ale realizzata con il ricorso a due qualità di luppolo molto caratterizzanti, il britannico Challenger e il polacco Marynka, entrambi coltivati nella regione belga di Poperinge (famosa proprio per le estese coltivazioni di questa pianta). Ecco come Kuaska presenta la Tùvi Tùvi sul sito del Barley:
Già ammaliante alla vista, grazie ad una schiuma pannosa ed aderente alle pareti interne del bicchiere, la Tùvi Tùvi ci colpisce nell’olfatto con note incontrastate che vanno da uno spiccato aroma agrumato di cedro ad un ficcante aroma speziato che ricorda profumi orientali di cardamomo e sandalo, il tutto punteggiato da netti sentori terrosi di radici di liquirizia e tisanosi di fiori freschi di sambuco, camomilla ed asperula odorosa. Si è infine conquistati da sapori sensuali di miele di sambuco, albicocca matura e frutti tropicali prima dell’assalto definitivo nel retrogusto di imponenti note amare, erbacee, agrumate, resinose e balsamiche, che danno quel senso di arsura che porta a desiderare con bramosia ed urgenza un’ulteriore sorsata.
Altamente rinfrescante, sa farsi apprezzare, grazie ad una buona attenuazione e conseguente secchezza che pulisce la bocca, anche a tavola. Provatela con tranquillità con carni grasse come l’agnello e meno grasse come il capretto, rigorosamente sardi. Grazie invece ad un corpo più pronunciato per lo stile e ad un floreale fresco che stempera un amaro molto deciso, si può proporre, con un pizzico di audacia in più, con piatti agrodolci della cucina thai o con piatti insospettabilmente delicati della cucina indiana come il moghul di pollo e il chutney dolce.
Dalla provincia di Cagliari ci spostiamo a Milano, dove domenica 11 aprile il celebrato birrificio Lambrate presenterà la sua ultima creazione, la Beccamort. Com’è facile intuire, si tratta del termine dialettale meneghino per indicare il becchino… anche in questo caso un nome fuori di testa! La Beccamort è una Oatmeal Stout, stile che rappresenta un’antica variazione delle normali Stout e che prevede l’impiego di avena in percentuali significative. Curiosa la storia di queste birre, molto diffuse in passato e poi cadute in disgrazia fino alla loro totale scomparsa, almeno finché negli anni ’80 l’inglese Samuel Smith non ne rispolverò la ricetta. Oggi le Oatmeal Stout godono di buona salute e sono discretamente diffuse in tutto il mondo.
Se volete assaggiare la Oatmeal Stout del Lambrate, come detto l’appuntamento è per domenica prossima in via Adelchi 5, durante una serata in cui è previsto anche il concerto di un gruppo folk. Se ne volete sapere di più sulla birra e sull’evento, date un’occhiata al blog Hoppy-Hour dell’amico Leo.
Da Milano spostiamo a Torino, dove anche il birrificio La Piazza ha comunicato il lancio di una nuova birra. Si tratta di una Pils e il nome è… beh… Pils&Love. Gioco di parole divertente, ma non vi ricorda qualcosa? A molti non sarà sfuggita l’evidente similitudine con lo slogan del Pils Pride, l’evento dedicato a questo particolare stile birrario organizzato ogni anno dal Birrificio Italiano. A quanto pare l’azienda torinese non ne sapeva niente e lo staff si è subito messo in contatto con Agostino per uscire da questa situazione imbarazzante. Chissà che la nuova birra non cambierà nome a breve…
Per il resto non ci sono molte notizie al riguardo, eccetto il tenore alcolico (4,5% alc.) e il fatto che è la prima creazione di Enrico Ponza, che da qualche settimana è entrato nella squadra del birrificio La Piazza.
Chiudiamo con la Toscana, per riportare una novità firmata birrificio L’Olmaia. In questo caso non si tratta di una nuova birra, ma di un nuovo formato. Seguendo il recente esempio di altri colleghi, anche Moreno Ercolani ha infatti lanciato le bottiglie da 33cl, che per il momento saranno limitate alla sola La 5. Da fine marzo sono regolarmente in commercio, disponibili in una prima tranche da 2.000 esemplari. A quanto pare questa del formato ridotto è una delle tendenze che sta maggiormente caratterizzando il 2010 birrario in Italia.
ma samuel smith è americana? sui sottobicchieri dice cose tipo “the oldest brewery of Tadcaster – Yorkshire”
Imbroglioni!
@W W
Sì sì errore mio!
la tùvi tùvi mi sa che si chiama così anche per la fine che fa il bevitore; come si vede anche dall’etichetta. 😀
formato da 33 (o anche da 50): speriamoci ci arrivino tutti
Dalle nostre parti Tuvi Tuvi, ha un significato simile a barcollare.
però sono espressioni dialettali che possono variare da paese in paese.
Ad esempio il birrificio Sardo Horo produce una birra come un nome dal significato simile, la Tambula http://www.birrahoro.it/prodotti.php
Dimenticavo.
non ho mai sentito parlare di miele di Sambuco, forse kuaska ha preso un abbaglio e si riferiva allo sciroppo ?
@pistillone
In realtà Nicola mi ha detto che un’espressione tipica del dialetto campidanese, almeno in quell’accezione. Per il miele di sambuco, googlando qualche info si trova
La definizione di Tùvi Tùvi è stata riportata da Andea in modo più che corretto. Indica il modo di cadere (non barcollare!)…e cadere pure male!
L’etichetta, così come notato giustamente da Indastria, riporta nel nome e nell’immagine l’idea della caduta, magari di una scivolata bella tosta da farsi male…una sorta di metafora sulla facilità di beva della birra.
Ringrazio Andrea per la segnalazione puntuale…infatti la birra uscirà a metà della settimana prossima.
Ciao
Nicola
Formati: spero in un aumento del formato 0,50, come in UK, più che un formato 0,33. In tal caso, infatti, appena cominci a gustare la birra, è già finita…. a meno che non sia un barley wine o qualcosa da sorseggiare a piccole dosi. Ma in caso di birre beverine, penso che il formato giusto sia 0,5 L (sperando che anche il prezzo venga riproporzionato).
@Andrea
molto probabile, ma come ti ho detto da paese in paese le parole prendono sfumature diverse.
in quanto al miele di Sambuco ,la cosa mi lascia veramente incuriosito, perché Googlando ne in USA, ne in Italia vi è una classificazione di questo prodotto, mentre si possono trovare miscugli di vario genere con miele millefiori e sciroppi che magari portano impropriamente tale nome e possono indurre in errore.
Guarda caso tempo fa avevo all’ Ist. Nazionale Apicoltura chiesto della possibilità che dai fiori di sambuco si potesse ottenere miele e la risposta è stata negativa.
sai sono abbastanza “sensibile” all’argomento 🙂
Tùvi Tùvi: Etichetta divertentissima! Il bevitore scivola rovinosamente in avanti (“tùvi tùvi”, appunto) ma il suo primo pensiero è quello di salvare il bicchiere 😀
Solo la recensione di Kuaska asciuga il palato!
Formato: produrre in formati ridotti (33 o 37,5 cl) la trovo una gran cosa, ottima idea quella di Moreno e degli altri che già hanno adottato i formati ridotti, specie sulle birre meno facili e beverine.
hehe , quello che in tutto il mondo è la normalità, 33 o 50 cl da noi è la “rivoluzione del 2010” haha
Confermo che pure a me il miele di sambuco suona strano, e cercando tra le mie risorse non ne ho trovato traccia.
Googlando ho scoperto questo “il cosiddetto “miele di sambuco” è una marmellata che veniva preparata con l’uva matura di sambuco bollita a fuoco lento per tutta una notte finchè diventava densa e molto dolce”
Quindi non è miele, ma è chiamato così a livello popolare.
Ben venga il formato 0.33, o meglio il 0.50, sperando che il prezzo venga diviso e non moltiplicato in proporzione.
@ i am hoppy: i prezzi dalla Sardegna purtroppo sono alti e penso (vedendo già i primi “rivoluzionari da 25/33cl) che le bottiglie piccole costerann oanche di più, vedi Ducato e presto anche Baladin.
Il 33 in Italia costerà vedrai…0,50 un po di birrifici lo fanno ma costano sempre di più delle inglesi…coem formato intendo.
A presto e speriamo bene. Mi.
@ Mirko
Se 0,33 in Italia costerà, allora meglio 0,5. Ma qualcuno dovrà spiegargli prima o poi che ci saranno sempre più consumatori che saranno più attratti dalle 0,5 inglesi (te la immagini una magnifica Ridgeway IPA che costa quanto una 0,33 italiana?). Hai detto bene, speriamo bene.
Io, una volta tanto comunque, non ne facevo solo una questione di prezzi. Ribadisco: una birra molto beverina da 0,33 finisce che non te ne sei manco accorto. Discorso diverso per birre più complesse o strutturate.
Sul miele al sambuco… non credo importi molto se sia un miele o no, l’importante sono le caratteristiche organolettiche utilizzate come riferimento per la birra.
E’ come se si citasse il vin santo e si iniziasse a disquisire sulla mancata canonizzazione della bevanda.
….Già ammaliante alla vista, grazie ad una schiuma pannosa ed aderente alle pareti interne del bicchiere…
Aderire alle pareti esterne è più difficile in effetti.
Sto scherzano, ovvio.
Speriamo nel 33 cl. Certo che ha proprio ragione Bienk: procediamo spediti verso un luminoso futuro precorrendo i tempi.
Ma solo a me la parola “asperula odorosa” fa riderissimo?
Facciamo un bel decreto interpretativo e il miele di sambuco vedrai che esiste. Meno male sono sollevato, anche Kuaska puo’ sbagliare e scrivere una vaccata.
Confermo: la Pils&Love è il nome provvisorio dato alla prima birra prodotta da Enrico Ponza, con noi alla Piazza dei Mestieri dal mese di marzo. Abbiamo anche chiarito con Agostino che non eravamo al corrente dell’utilizzo del nome nel suo Pils Pride ed espresso la nostra volontà a non arrecargli danni. Se continueremo a produrla (e visto il successo penso proprio di sì) avrà come le nostre altre birre il nome di un pittore.
@Turco.
Non ho capito bene cosa intendi.
se “l’importante è dare un riferimento”, ma il riferimento di fatto è pura invenzione, non credi che si stia facendo un po troppo prosopopea ?
@pistillone
Guarda, ti basta googlare, come ha fatto zeta-g
“Googlando ho scoperto questo “il cosiddetto “miele di sambuco” è una marmellata che veniva preparata con l’uva matura di sambuco bollita a fuoco lento per tutta una notte finchè diventava densa e molto dolce”
Quindi non è miele, ma è chiamato così a livello popolare.”
Quindi cosa importa se il miele di sambuco è un miele o no?
@Turco
Non solo ho Gogolato, ma come ho scritto sopra mi sono informato presso gli organi di competenza.
Secondo il tuo ragionamento tutti quelli che leggeranno miele di sambuco hanno capito che invece si parlava di una marmellata?
Ti arrampichi negli specchi, contento te, il blog è tuo ciao ciao 🙂
@pistillone
Sì ok, mi arrampico negli specchi
Ciao
perché non cedi il blog per un giorno al pistillone così approfondisce l’avvincente questione del sambuco?
TROPPA PIGNOLERIA !!!!