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La moda delle collaborazioni contagia anche i trappisti

orvalLa realizzazione di birre nate dalla collaborazione di due o più birrifici è un leitmotiv che torna spesso su queste frequenze, tuttavia sono rimasto piuttosto meravigliato quando ho letto la notizia dell’ennesima partnership tra aziende brassicole. Nel progetto in questione, infatti, è coinvolto nientemeno che il monastero di Orval, uno dei sette birrifici trappisti esistenti al mondo. In barba alla generalizzata convinzione che queste comunità di frati vivano chiuse nelle loro realtà locali, Orval ha deciso di collaborare con l’americana Boulevard Brewing alla creazione di una nuova birra. E come se non bastasse, sarà un prodotto molto particolare: un’Imperial Pilsner, appartenente dunque a uno stile giovanissimo e piuttosto “estremo”.

L’idea di questa birra nasce dai due birrai, entrambi nativi del Belgio: Jean-Marie Rock (Orval) e Steven Pauwels (Boulevard). Rock lavora presso la Orval dal 1985 e vanta un’esperienza eccezionale, anche grazie ai suoi precedenti impieghi presso la Palm e la Lamot. Nella sua attività presso il monastero trappista è responsabile della salvaguardia delle tradizioni brassicole del posto, in un’epoca in cui le tecniche produttive e il gusto degli appassionati evolve continuamente.

Il concetto alla base della nuova birra rispecchia la filosofia che da sempre caratterizza il lavoro di Rock: tenere vive le tecniche e le usanze brassicole del passato, cercando nel contempo di inserire elementi innovativi per sostenere e innalzare il livello qualitativo finale. In questo senso va considerata questa Imperial Pilsner, che pur essendo una birra moderna, sarà un tributo all’antico stile delle Pils. A tal proposito saranno impiegati solo malto Pilsner e luppolo Saaz e si ricorrerà a vecchi metodi produttivi. Ecco cosa ne pensa lo stesso Rock:

La birra sarà realizzata in una maniera molto tradizionale. Le tecniche utilizzate per il brassaggio, la fermentazione e la lagerizzazione, nonostante siano ormai desuete, rendono questo prodotto unico e fantastico.

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I commenti di Pauwels si concentrano invece su questa particolare esperienza collaborativa:

In questo primo sforzo collaborativo della Boulevard, è stato per noi un onore e un piacere lavorare insieme a un birraio che ha avuto una così grande influenza su me e su altri produttori artigianali. Jean-Marie ricorreva da anni al dry hopping e all’uso di lieviti selvaggi quando queste tecniche qui negli USA erano ancora nella loro fase sperimentale.

La birra sarà imbottigliata nel formato da 75cl e farà parte della linea Smokestack del birrificio statunitense. Sarà disponibile dal prossimo gennaio nella normale rete di distribuzione della Boulevard, che, per inciso, è uno dei birrifici più importanti del Midwest americano.

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Dopo la Orval e la rarissima Petit Orval, il birrificio trappista a breve se ne uscirà quindi con una birra collaborativa. Credo che molti appassionati come il sottoscritto già stiano sognando di mettere le mani su questa nuova chicca, sperando che le aspettative non siano disattese.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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20 Commenti

  1. Ciao Davide, credo che in Italia si troverà difficilmente e bisognerà puntare sul viaggio in loco di qualche amico o conoscente molto disponibile 😉

  2. ma la domanda è: sulle bottiglie e sul progretto di collaborazione verrà speso il nome di Orval o del birraio di Orval?

    altrimenti nel secondo caso la collaborazione è fra Jean-Marie Rock, birraio di Orval, e Boulevard B.C. ci sta e c’è una certa differenza…

    ed è quello che mi auguro…

  3. Se usassero il marchio orval non andrebbero incontro al rischio di violare la licenza del marchio trappista?
    Io penso di sì. Probabilmente sarà solo una collaborazione non di natura commerciale

  4. il marchio trappista è l’esagono. il marchio Orval è l’etichetta che trovi in testa a questa pagina. sono due cose ben diverse. e la birra celebrativa per essere considerata trappista dovrebbe quantomeno essere prodotta all’interno del monastero, credo non sia nemmeno passato per la testa dei “collaborativi” di dichiarare l’Imperial Pilsner che ne verrà come trappista…

    ma se Orval come birrificio (e non come birraio) partecipa alla collaborazione o cmq concede l’uso del marchio, non vedo problemi legali…

  5. @ SR
    sono d’accordo con te, se il mastro che lavora ad Orval fa delle collaborazioni esterne non ci vedo nulla di male. Ma se questi monasteri con le loro rigidissime regole iniziano a intraprendere una certa rotta imprenditoriale, forse poi viene meno tutta quella poesia dell’attività caritatevole (finta o vera che sia)…

  6. Come disse un giorno qualcuno: “questi frati hanno uffici marketing da far impallidire le multinazionali della birra”.

    Comunque dopo 15 anni di carriera presso Orval, il fatto che il birraio decida di lanciarsi per la prima volta (non vorrei sbagliarmi) in un progetto del genere fa un certo scalpore…

  7. se il mastro birraio di orval avesse una percentuale sulle birre da me’ bevute sarebbe miliardario! ultimamente questa birra ha perso di qualita’..come le altre trappiste(escludendo la westveleteren) l trovi d’appertutto! purtroppo! supermercati

  8. Naturalmente neanche a me è mai passato in testa che volessero produrre una birra trappista 🙂
    Era più per sapere se un birrificio che si fregia di quel marchio, rispettandone le regole, può produrne anche di NON trappiste o semplicemente concederne la paternità. Evidentemente sì.

  9. @INDASTRIA

    non ci siamo capiti. il birraio non è IL birrificio. se tu lavori per il birrificio X e non hai l’esclusiva con esso, o comunque ti viene concessa la probabilità di fare una collaborazione, sei tu birraio che fai la collaborazione

    altra cosa è se è il birrificio X a decidere di fare la collaborazione, oppure se decide cmq di concedere il proprio marchio

    @andrea

    io che un birraio bravo che da 15 anni produce una delle birre migliori del mondo e che è di sicuro solidissimo sulle tecniche di produzione (e magari conosce pure qualche trucchetto) abbia voglia di un diversivo, vuoi per alimentare il proprio ego e la propria visibilità, vuoi per intascare qualche soldo, vuoi per variare un po’, magari sull’onda della moda, non ci trovo niente di male

    mischiare invece il sacro nome di Orval, che ho sempre venerato perché sono gli unici a produrre UN UNICO tipo di birra (la petit è a consumo interno e cmq è la versione depotenziata della base), in ingenti quantità, a standard qualitativi stellari e soprattutto NON REPLICABILI, con un packaging essenziale e immutato nel tempo ma riconosciibile e inimitabile (per me la bottiglia della Orval è la più bella del mondo, proprio perché è una bottiglia di birra di classe e non uno specchietto per le allodole), a me pare un SACRILEGIO… cmq non è detto che sia così, non si è capito

    in ogni caso non ce li vedo i monaci a sgomitare con questi trucchetti per aumentare la propria visibilità con un rating su ratebeer e una decina di articoli su siti web… almeno spero. capirei, al limite, una collaborazione con un altro monastero trappista o al limite (ma proprio al limite) con qualche birrificio di lunga e prestigiosa tradizione e su stili coerenti alla tradizione belga

    ragazzi, qua se ci giochiamo pure la tradizione trappista siamo fottuti… almeno quelloa un valore storico ce l’avrà…

    @lallo

    grazie al cielo che diffusissima anche nei supermercati a prezzo corretto!!! ce ne fossero altre! fanno volumi, qualità e prezzi corretti e ci si lamenta pure? lo so anche io che la ricetta pre-2003 era diversa, ma io quella che ho bevuto l’altra sera nel lavandino non la getto…

  10. difatti la mitica orval pre 2003…non la scordero’ mai era buonissima! non dico che la attuale si da lavandino..ma la sua qualita’ e’ peggiorata! sono del idea che certe birre quando compaiono sugli scaffali di un super mercato perdano di prestigio! e’ una mia idea! tranq.. che poi mi e’ sempre stato detto che la chimay era la piu’ commerciale delle birre belghe e invece no’….la piu’ commerciale e’ la westmalle! la duble lo trovata in giamaica! vero!

  11. @lallo

    beh, in effetti la westmalle dubbel non è che sia proprio la testata d’angolo… ma la orval salviamola, dai, avrai beccato una cotta sfortunata!

  12. ti diro’ che nella primavera 2003 al MITICO PEPPO BAR di colle brianza (uno dei locali pionieri della birra belga in italia) arrivo’ una partita di orval imbevibile! chissa’ perche’?? comunque la westmalle duble e’ una ottima birra e ls preferisco alla triple! il problema che sono diventste troppo commerciali! troppo! ciao lallo

  13. L’unico “casino” vero, ma comunque non tale da rendere la birra imbevibile, che io sappia ad Orval l’hanno avuto in UN SOLO lotto del 2006.
    Tutto il resto dei problemi o è dovuto a cattiva conservazione, trasporto o altro, ma non alla produzione.

  14. Mi sembra una non notizia…
    Jean-Marie Rock può fare benissimo una birra con un suo vecchio amico, cosa c’entra Orval?
    Sarebbe come se l’ingegnere della Ferrari mettesse a posto il go-kart del vicino di casa e questo diventasse oggetto di culto per i ferraristi.

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