Il ciclo di stagionalità della birra prevede solitamente un brusco rallentamento dopo le feste natalizie, che prosegue fino al periodo tra la metà di febbraio e l’inizio di marzo. Possiamo dunque considerare superato il momento più duro dell’anno, come confermano le tante novità provenienti dai birrifici italiani. Gli eventi del periodo (tra cui il recente Beer Attraction) favoriscono tale risveglio e quest’anno per la prima volta avremo un appuntamento in più che contribuirà in questo senso: mi riferisco al Ballo delle Debuttanti, il Pre-opening Party della Settimana della Birra Artigianale che domenica 6 marzo ospiterà una decina di produzioni inedite da altrettanti produttori nazionali. Comunque torneremo sull’argomento nei prossimi giorni.
Ora invece concentriamoci sulle altre novità partendo da Hammer, giovane birrificio che ha fatto degli stili americani il suo carattere distintivo. Da qualche giorno nella gamma del produttore lombardo è disponibile l’American Wheat (5,2%), appartenente all’omonima tipologia che in Italia è stata reinterpretata in poche occasioni, almeno in confronto agli altri modelli provenienti dagli Stati Uniti. La ricetta prevede quindi una percentuale di frumento oltre al malto d’orzo, mentre per la luppolatura il birraio Marco Valeriani ha fatto ricorso a varietà Equinox, Sterling e Cascade. Il profilo aromatico si presenta con note agrumate e di frutta esotica, mentre il finale è amaro ma non troppo. Direi già ideale per la prematura primavera che stiamo vivendo in questi giorni.
Restiamo nell’ambito delle luppolature intense con l’ultima nata dal Birrificio Pontino, battezzata Hopmachine. Anche in questo caso l’ispirazione è l’America, ma in un suo preciso momento storico: quello precedente al famigerato Proibizionismo. Ecco allora che come le birre dell’epoca, la ricetta della Hopmachine prevede una percentuale di mais in aggiunta al malto Maris Otter, impiegato per facilitare la bevuta nonostante il tenore alcolico tutt’altro che contenuto (7%). I luppoli sono tre, tutti australiani (Topaz, Ella, Galaxy) e utilizzati facendo ricorso a quattro diverse tecniche di luppolatura: wort hop, continuous hop, late hop e dry hopping. La birra è stata presentata ufficialmente venerdì scorso in 4 locali sparsi per l’Italia.
Sono ben due le novità provenienti da Extraomnes, che non manca mai di proporre sperimentazioni o produzioni particolari. La Z rientra sicuramente in questa tipologia, essendo una birra “gentilmente” acida realizzata con l’aggiunta di albicocche. Se vi aspettate una produzione leggera “da aperitivo”, dovrete però fare i conti con l’elevatissimo tenore alcolico (12,3%), che però – conoscendo le produzioni di Schigi – immagino sia celato meravigliosamente. Il profilo aromatico è chiaramente dominato dalla frutta, con nette sfumature di albicocca e alchechengi, mentre il finale, secondo la descrizione ufficiale, è “da settima tromba”. Amen.
L’altra neonata si chiama Defunkt!!! e può essere considerata una “Imperial” Milk Stout, grazie alla gradazione alcolica che sfiora la doppia cifra intera (9,9%). È una birra “da colazione”, con le note di cacao e vaniglia che ci fanno pensare a un cappuccino e “un tocco di agrume a ricordare un cornetto con la marmellata di arancia messo lì di fianco”. In poche parole, la perfetta colazione dei campioni.
È invece un’Italian Grape Ale l’ultima novità del birrificio italiano che ormai diversi anni fa diede il là a questo giovane pseudo-stile. Sto chiaramente parlando di Barley, che recentemente ha annunciato la sua nuova BB7 realizzata (se non vado errato) con uve moscato. Il numero 7 del nome coincide con la gradazione alcolica, mentre la doppia “B” ne attesta l’appartenenza alla famiglia delle birre al mosto d’uva del produttore sardo. Rispetto a tutte le sue sorelle maggiori, però, la BB7 non impiega sapa (mosto cotto), bensì mosto fresco da uve aromatiche. Dovrebbe essere quindi la prima di altre Italian Grape Ale di Barley prodotte in questo modo.
E concludiamo la panoramica di oggi con un gradito ritorno, quello del birrificio Bi-Du, che come ha recentemente ufficializzato una birra inedita che come da tradizione ha un nome improbabile. Ecco allora che la Feega è una Double Ipa piuttosto alcolica (7,5%), realizzata non con luppoli irruenti come si potrebbe pensare, ma con due varietà decisamente più eleganti: East Kent Goldings e Willamette. Sono curioso di assaggiarla, così come credo lo siano stati i presenti all’uscita ufficiale dello scorso 11 febbraio al Lambiczoon di Milano.
Cosa ne pensate della Feega? E delle altre birre presenti in questa carrellata?
davvero hai chiesto cosa ne pensiamo della feega? Io personalmente sono molto favorevole!
Ma perché l’hai assaggiata? 😀
Feega. Nome sciatto e stile originalissimoooooooooooooo
Ho saputo che purtroppo è molto secca.