Si è parlato così tanto di lattine in questo periodo, che ci siamo dimenticati di come sotto Natale le sorprese nel mondo craft siano sempre numerose e articolate. A partire proprio dal birrificio creatore della Pop, cioè Baladin, che nella prima parte dello stesso evento di presentazione ha svelato un prodotto fortemente innovativo. All’interno della splendida location delle Grotte di Bossea, che hanno reso famosa questa parte di Provenza piemontese, lo scorso 23 novembre è stata svelata alla stampa la Metodo Classico, un prodotto che porta alla luce, come altre ma più di altre della produzione del birrificio di Piozzo (CN), le radici vinicole di Teo Musso.
D’altra parte il paese in provincia di Cuneo in cui nel ’96 Baladin ha aperto i battenti come birrificio, fa parte della Langa “vinatera”, vinaia, traducendo un po’ a fatica dal piemontese; il legame con una serie di prodotti della propria terra, dunque, non può che rimanere sempre vivo, sia che venga rinnegato, come Teo Musso ha detto più volte di aver fatto, oppure accolto, come nell’ultima creazione presentata nel terreno carsico delle Grotte di Bossea.
La Metodo Classico è una birra che già dal nome vuole rappresentare una rottura con il mondo birrario e una congiunzione con quello dell’enologia. Per conferire caratteristiche uniche a questa creazione, due accorgimenti sono sembrati fondamentali. Il primo riguarda la pressione alla quale è stata sottoposta la birra in fermentazione (7,3 bar, spesso non raggiunta neanche dagli spumanti) al fine di conferire una frizzantezza accentuata: questa peculiarità rende la Metodo Classico una birra che esplode in bocca, al fine di attenuare e nascondere inizialmente le note dolci dei malti. Il secondo aspetto, è anche quello più evidente: trattasi della bottiglia, luogo della rifermentazione, necessariamente rinforzata rispetto alla norma per poter sostenere le notevoli pressioni dell’ultima creazione di Teo Musso.
La visita all’interno delle grotte ha creato l’ambiente ideale per degustare la Metodo. Al naso, immediata è stata la sensazione di trovarsi di fronte ad un vino spumante; in bocca, dopo la prima deflagrazione di frizzantezza, malti e lieviti prendono il sopravvento, creando un ingresso molto “pastoso”, che non fa presagire l’evidente ma non invadente speziatura (radice di genziana e sandalo, tra le altre). Una caratterizzazione, quella ottenuta tramite queste spezie, che “complica” se possibile, la natura già eterogenea della Metodo. Tra i due lieviti utilizzati, sicuramente quello che rende più orgoglioso il deus ex machina di Baladin, è quello “trafugato” da Laphroaig in una visita del 1997, ricaratterizzato per la fermentazione della birra.
L’eterogeneità della birra è risultata evidente anche al secondo assaggio, arrivato dopo cena e per questo apparso estremo, eccessivo. La beva si è fatta più difficile, i sentori del pomeriggio hanno lasciato spazio a un corpo duro, inaspettato. “Una birra dalle mille sfumature, da perdersi dentro” l’avviso di Teo Musso nella sua presentazione. In effetti, queste parole si sono confermate tali. La frizzantezza lascia spazio alla dolcezza, i malti prevalgono, il corpo si appesantisce. Personalmente non il tipo di birra che prediligo. Il cambio radicale di paradigma, tuttavia, mi ha stupito molto. La cifra giusta della Metodo probabilmente è quella di un “aperitivo-strong” piuttosto che quella di una birra da fine pasto, come vorrebbe uno spumante pensato per essere bevuto in diverse occasioni e contesti.
Cambiando radicalmente genere, passiamo ad alcune delle birre che assaggeremo in questo tra fine 2015 e inizio 2016. Escludendo la Fruit Ale di Black Barrels, di cui parleremo ampiamente tra qualche giorno in un’intervista a Renzo Losi, mi sembra opportuno concentrarsi sull’Amnesia di Hop Warriors. Una Double IPA, da 8,5% gradi, che sabato 19 dicembre verrà presentata in anteprima in più di 20 locali di Roma. Considerando l’altissimo livello delle precedenti creazioni di quei guerrieri del luppolo che sono Federico, Gabriele e Andrea, l’Amnesia promette di stupire. L’utilizzo di Simcoe sia in aroma che in dry hopping – un luppolo particolarmente amato da chi scrive – rende questa birra molto intrigante, grazie anche a un corpo medio ottenuto tramite l’assenza di malti caramellati (saranno presenti solo varietà Pale, Pils e Munich), che garantisce bevibilità rispetto ad altre interpretazioni del genere. Citra, Columbus e Mosaic e il dry-hopping massivo fanno il resto.
Dopo tutti i regali che ci ha elargito quest’anno, non poteva mancare quello natalizio da parte del Birrificio di Cagliari. La Santu Miali è una Belgian Strong Ale (6,5%) che prende il suo nome da uno dei quartieri di Cagliari, quello di San Michele. Birra molto strutturata, “tosta” – come tosta è la zona del capoluogo sardo cui si ispira – che per certe scelte ricorda la Sant’Elia, la Dubbel di BdC. Se si eccettua la luppolatura, a base di Northern Brewer e Simcoe, la birra riproduce piuttosto fedelmente lo stile di riferimento. Quale migliore occasione, dunque, se non assaggiarla a Birre sotto l’albero, che si terrà il 18, 19 e 20 dicembre al “Ma che siete venuti a fà” (birre straniere) al Bir & Fud (italiane) e all’Open Baladin (selezione mista)?
Continuano le collaborazioni per Angelo Scacco de La Fucina. Dopo aver co-prodotto la Bloody Xmas, (Belgian Strong Dark Ale, 7%), la Natale di Merda con Jungle Juice e in attesa della nuova Mild prodotta con David Twigg, Angelo ha ospitato nell’impianto di Pescolanciano il birrificio molisano Fardone.
Utilizzando come base la Dark Ale che Dario di Fardone stava producendo, la scelta è stata quella di realizzare una Black Ipa (5,4%) con Simcoe e Mandarina. Si tratta della Big Hunt, che vanta una splendida etichetta in cui gli effetti classici usati nelle etichette de La Fucina inseguono dei rinoceronti, simbolo della beerfirm Fardone.
Last but not least, le ultime due novità sono rappresentate dalle creazioni di Hammer, che sono state presentate in anteprima birrificio lombardo sabato scorso. La prima è una one shot: l’Imperial Ipa (8,5%) è a base di Mosaic e Citra, piuttosto amara (120 IBU), che ben si sposa con un clima rigido come quello invernale, in cui tutto ciò che supera una certa gradazione è ben accetto. La seconda, invece, segna l’esordio nella bassa fermentazione per il birrificio di Villa d’Adda. Non abbiamo grandi notizie su questa birra, se non che il nome, Keller Pils, ne rivela la diretta appartenenza alle Pilsner non filtrate. Prodotta con malto Premium Pils e lieviti lager avrà una luppolatura a base di Tettnang Tettnanger, Saaz e Tradition. Considerando il consueto livello delle birre di Hammer, non ci sono molti dubbi sulla riuscita di questi due prodotti. Salute!
Utilizzare “gli spumanti” a fine pasto, specialmente quelli secchi da abbinare al dolce, è una tradione errata che ancora oggi ci portiamo dietro.
Quante bombe($) questa nuova invenzione di Teo?
CN non CU. Scusa ma noi Cuneesi ci teniamo 😉
E’ praticamente la Cassissona del Teo?