Eccoci qui a parlare ancora di nuove birre italiane, che come sempre continuano a comparire come funghi. Partiamo allora da Maltus Faber, un birrificio che, se non ci atteniamo solo alla carta d’identità, possiamo considerare storico. Massimo Versaci è infatti uno dei pionieri del movimento italiano e la sua azienda è sempre rimasta lontana dalle ribalte mediatiche, complice anche una gamma rimasta pressoché invariata negli anni. È quindi una notizia importante l’entrata in produzione di una nuova etichetta, battezzata semplicemente Sweet Stout (4% alc.) e della cui realizzazione si è occupato come sempre il birraio Fausto Marenco. Come lo stile insegna, è dunque una versione più morbida delle classiche Stout anglosassoni, che però rispetto alla ricetta tradizionale non prevede impiego di lattosio.
Restiamo in tema di Stout per presentare ‘A Livella, ultima nata dal birrificio Maneba. La ricetta di partenza è quella di una Dry Stout (quindi l’interpretazione più irlandese dello stile), ma che rivela presto un’anima “americana” grazie all’uso di luppoli originari degli USA. Inoltre è una versione muscolare di una normale Stout anglosassone, con un taglio amaro più deciso, un corpo meno esile e una gradazione più sostenuta (6%). Anche il lievito proviene dagli Stati Uniti. ‘A Livella è stata presentata ufficialmente al recente Birre in Villa, mentre è disponibile con costanza allo spazio Maneba di Eccellenze Campane a Napoli.
Procediamo con una delle beer firm più promettenti nate negli ultimi mesi, anzi più precisamente nell’ultimo anno. A fine maggio, infatti, Birra Bellazzi ha festeggiato il suo primo anniversario e, se tutto va per il meglio, al massimo entro l’inizio del 2015 potrà celebrare un altro fondamentale traguardo: la trasformazione a birrificio vero e proprio. Per l’occasione il produttore bolognese ha realizzato la Pimped Poppi Puppamela, una versione più “ruffiana” e aromatica della Jake, dove a farla da padrone sono i luppoli Galaxy e Nelson Sauvin. Il nome che è tutto un programma è un omaggio a Roberto Poppi del birrificio Vecchia Orsa, il cui volto a forma di luppolo campeggia sul bollino presente su spine e bottiglie. La festa per il compleanno di Birra Bellazzi si è tenuta alla versione estive del Lortica di Bologna.
La Pimped Poppi Puppamela sarà una semplice one shot, mentre entrerà costantemente in produzione l’altra novità a firma Birra Bellazzi. Si tratta della Saison, brassata con scorze di pompìa in bollitura. La pompìa è un agrume molto particolare tipico della Sardegna, che tra l’altro è presidio Slow Food. Come frutto può essere considerato a metà strada tra un mandarino e un pompelmo, con note dolci che ricordano il primo e una componente aspra più vicina al secondo. La Saison probabilmente sarà presentata per la futura festa dei 10 anni della Tana del Luppolo.
Uno dei temi in ascesa nel mondo della birra è quello dei prodotti gluten free, tema che abbiamo trattato anche su queste pagine. È probabilmente sull’onda di questa tendenza che l’agribirrificio Gjulia ha recentemente lanciato la sua birra per celiaci, battezzata Koilìa (4,7% alc.). La particolarità è che rispetto ad alcuni prodotti del genere, l’ultima creazione del birrificio impiegherà malto d’orzo e non suoi succedanei, trattato però con una tecnologia proprietaria per la rimozione del glutine. Non ho maggiori informazioni circa il sistema utilizzato nel processo, ma questo aspetto è molto interessante perché – se non vado errato – soluzioni del genere quasi mai sono percorse da birrifici artigianali.
Concludiamo questa rassegna con una novità che sancisce ancora una volta l’affinità tra birra e rugby. Si chiama infatti La Mischia l’ultima produzione del birrificio laziale Alta Quota, nata per omaggiare i 50 anni del Rieti Rugby. Lo stile di ispirazione dovrebbe essere quello delle Golden Ale e come da copione è facile da bere, dissetante e dal tenore alcolico abbastanza contenuto (4,7%). L’etichetta è opera dell’artista reatino Francesco Sacco, grande appassionato di rugby.
Mi sta venendo sete! Corro in un Pub (con P maiuscola)!
Ahah
Sono proprio io quello della “jake” di Bellazzi…a forza di critiche e sbuffate perchè la prima versione della jake non mi piaceva, questa versione ruffiana non potevano che dedicarla a me e infatti questa mi piace molto…
Una precisazione, il birraio di “Vecchia Orsa” è Enrico Govoni, io sono socio della cooperativa e gestisco la distribuzione su Bologna (a breve faremo una presentazione a riguardo), di fatto io sono un publican con Gianfranco Sansolino del “Green River” e “Harvest pub”, motivo per cui ci tocca degustare, con piacere, le creazione dei beerfirm e homebrewer!
Bravo Poppi, non le bere le birre dei birrificio, bevi solo quelle dei beer firm e degli homebrewer!! B-)
Concordo con Andrea sul progetto Bellazzi, tra l’altro ospiti al Malto Gradimento un paio di sere fa. Promettenti davvero.
Ricordavo e sono andato a spulciare: qualche mese fa Maltus Faber ha prodotto anche questa Birra di Marzo…
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=814814695213392&set=pb.100000546088786.-2207520000.1401952189.&type=3&theater
Ad ogni modo, appezzo le loro birre ed il basso profilo mediatico.
Sull’apprezzare le birre ok… ma il basso profilo mediatico (che non è poi così evidente) perché sarebbe un pregio?? Se uno vuole tenere nascosta la sua birra la fa per se, credo che nel caso specifico ci sia un idea commerciale, o sbaglio?
Poi tu hai un blog no?! Dovresti apprezzare la divulgazione e i media.
Per quello che mi riguarda, può (non lo è in automatico) essere un pregio perchè a me arriva il concetto che si impiega più tempo per altri aspetti, produttivi magari, e questo è facile si ripercuota a cascata sulla qualità. Non è un teorema, è una mia sensazione.
Poi, come si vede, basta mettere una foto al posto di insistere tanto su etichette ed amenità varie e la divulgazione la si fa ugualmente. Dal mio personale punto di vista la divulgazione non è (solo) i media, la divulgazione è poco o nulla senza consumi e volumi di produzione alti, ottenuti magari con poche birre e per lo più fissee: one shot e simili sono efficacissimi e stimolanti ma il mese dopo ne esce un’altra e te ne dimentichi. IMHO.
Estremizzando il tutto, ho la sensazione che il far parlare di sè stia passando da essere mezzo ad essere fine.
Personalmente non condivido tutto di questo pensiero. L’equazione meno tempo dedicato alla promozione = più tempo dedicato ad altri aspetti è del tutto arbitraria e per esperienza mi sembra che spesso quando si trascura l’una, si trascurano anche altri aspetti. Chiaro che non stiamo parlando di Maltus Faber, né di operazioni prettamente commerciali.
Rimanere fuori dalla ribalta mediatica non significa non fare comunicazione. Anche a me può piacere chi è più discreto, ma per motivi – diciamo così – caratteriali. E tra il rimanere discreto (o per meglio dire evitare di far parlare per forza di sé) e non comunicare c’è una grande differenza. Per dirti, nella foto della birra in questione mi sono imbattuto per sbaglio e pubblicarla non significa fare comunicazione, non è abbastanza. Tanto che ho “bucato” la precedente novità Maltus Faber che hai citato semplicemente perché non ne ho avuto notizia.
Ma tu dici bene…ci sono le vie di mezzo, parlavo col cuore in mano e richiamavo anch’io una mia affinità “caratteriale”.
Però chiediamoci: che bisogno ha con un nanobirrificio di Domodossola di comunicare direttamente ad un lettore (non beer geek come noi) di Canicattì che ha prodotto una birra one shot che lui molto difficilmente potrà reperire?
Sono provocazioni, eh…
Angelo Jarrett
E se lo fa, quello di Canicattì che danno ne ha? …e se poi quello di Canicattì si trova per motivi imperscrutabili difronte a questa birra? O se ne vede un altra dello stesso produttore e ne è incuriosito? A chi fa mele tutto ciò? Non certo alla birra di qualità ne fa bene a quella scarsa… anzi delle due informa stimola e spinge a provare quindi aiuta ciò che vale.
Pareri comunque.
Ci sono “birre timide” e “birre estroverse”, birre fatte bene e birre fatte male ma non vedo collegamenti tra le due cose.
Quando bevo “birre estroverse” che fanno cagare, mi sfiora il sospetto che nelle parole di Jarrett qualcosa di vero ci sia.
Annarella, non ho detto niente di tutto ciò…ma quale male!?! Erano riflessioni buttate lì, condivisibili o meno. 🙂
Il carattere era riferito ad altro.