La birra artigianale è un settore ancora in crescita che non solo promuove la diversità e la qualità delle produzioni brassicole, ma rappresenta anche un importante motore economico per molte realtà locali. Negli ultimi anni a questo sviluppo ha contribuito anche il lavoro di sensibilizzazione delle associazioni di settore nei confronti del mondo della politica e delle istituzioni, con il fiorire di un’importante attività legislativa. L’esempio più eclatante è la legge sulla birra artigianale del 2016, ma non bisogna dimenticare le tante disposizioni regionali che si sono avvicendate in questi anni. Spesso l’introduzione di tali norme è avvenuta con un consenso trasversale tra diverse forze politiche, ma chiaramente i motivi di attrito sono sempre dietro l’angolo. Negli ultimi giorni ad esempio è scoppiata una polemica tra Unionbirrai e Confesercenti in merito all’approvazione della legge dell’Emilia-Romagna per la promozione e la valorizzazione della birra artigianale locale.
Per contestualizzare la vicenda è necessario fare un passo indietro di un paio di mesi, quando a metà aprile Unionbirrai espresse la sua soddisfazione per l’approvazione della suddetta legge. Come accaduto in altre regioni, tra gli interventi previsti ci furono l’istituzione di un un elenco dei microbirrifici artigianali e agricoli, la creazione di un portale online dedicato, la possibilità di utilizzo di un logo per i birrifici emiliano-romagnoli e la promozione del turismo brassicolo per la valorizzazione delle eccellenze del comparto. L’ultimo aspetto è molto interessante, perché Unionbirrai lo considera cruciale per lo sviluppo del settore nei prossimi anni. A tal proposito la legge prevede una serie di semplificazioni per consentire a un birrificio di vendere birra in loco.
Nell’economia della vicenda è opportuno sottolineare che la legge fu approvata all’unanimità dal Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna. Il disegno legislativo era stato promosso da Matteo Rancan (Lega), ma praticamente sottoscritto dai rappresentanti di tutte le forze politiche (PD, Lega, ER Coraggiosa, Italia Viva, FDI, Rete Civica, Forza Italia, MoVimento 5 Stelle, Europa Verde, Lista Bonaccini e gruppo Misto). La genesi della norma era quindi filata via in maniera apparentemente liscia, lasciando tutti soddisfatti per il traguardo ottenuto. Chiunque avrebbe pensato che la vicenda si sarebbe chiusa così, con un bel “vissero felici e contenti”. E invece…
A distanza di due mesi dall’approvazione della legge, l’episodio è tornato d’attualità negli scorsi giorni. In modo inaspettato, infatti, a inizio giugno sono comparse sui principali organi di stampa regionali le dichiarazioni di Confesercenti, che ha rivendicato la propria posizione nei confronti della norma. Con un tempismo che solleva più di qualche perplessità – ricordiamo che eravamo a qualche giorno dalle elezioni – il presidente di Fiepet Cristian Lertora e il direttore di Confesercenti Fabrizio Samuelli hanno dichiarato quanto segue:
Nella Deliberazione legislativa 83 del 16 aprile 2024, l’articolo 8 è stato modificato. I microbirrifici non possono somministrare, ma hanno la possibilità di svolgere la vendita diretta dei prodotti di loro produzione con anche il consumo immediato sul posto nei locali di produzione o in quelli ad essi contigui. Vendita e consumo sul posto sono considerate come attività strumentale e accessoria e devono essere svolte nell’osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza.
In altre parole Confesercenti ha pubblicamente esultato – dopo circa due mesi dall’approvazione della legge, ribadiamolo – per aver ridotto gli strumenti di semplificazione a favore dei microbirrifici. L’associazione infatti si era opposta alla possibilità che i produttori di birra potessero somministrare i loro prodotti in azienda direttamente ai consumatori finali. Negli articoli usciti in quei giorni Confesercenti sottolineava comunque gli strumenti a favore dei birrifici artigianali emiliano-romagnoli, con un approccio dal gusto vagamente cerchiobottista.
L’uscita pubblica di Confesercenti non è andata giù a Unionbirrai, che ha voluto precisare alcuni passaggi e togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Andrea Soncini, vicedirettore di Unionbirrai, ci è andato giù in maniera decisa, ma ampiamente comprensibile:
La reazione di Confesercenti, riportata dalla stampa, è curiosa e tardiva. Francamente pare il tentativo, maldestro e fuori tempo massimo, di far passare per propria una vittoria altrui. Una vittoria, però, che non è mica di Unionbirrai in quanto promotori della norma ma che è soprattutto delle diverse componenti della filiera brassicola del territorio emiliano-romagnolo: dagli agricoltori in campo, ai microbirrifici sino alle attività che vendono e promuovono le produzioni locali. Il riconoscimento della possibilità dei birrifici di far consumare direttamente sul posto i propri prodotti è un aspetto su cui Confesercenti per prima dovrebbe congratularsi, eppure si assiste a polemiche che lasciano basiti.
Parliamo, però, di un aspetto cruciale per lo sviluppo del turismo brassicolo a beneficio di tutte le realtà commerciali locali, ivi incluse quelle rappresentate da Confesercenti. Nulla di più di ciò che accade già con il vino nelle cantine e che è stato recentemente concesso a livello nazionale anche ai frantoi oleari. Situazioni in cui non si è di certo assistito a diatribe di questo tipo. Ma alle polemiche, da cultori della convivialità rispondiamo con l’invito ad unirsi a noi per valorizzare i territori e le produzioni locali, uscendo da logiche miopi e che appaiono contrarie allo sviluppo e alla crescita economica della nostra Regione. Prodotti di qualità che portano lavoro e ricchezza localmente e che andrebbero sostenuti dinanzi alla concorrenza dei grandi gruppi, affinché si possano ritagliare la propria fetta di mercato con acquirenti consapevoli e coscienziosi.
Che sia l’ultimo atto della vicenda? Probabilmente sì, salvo ulteriori sorprese.