Berlino, l’affascinante capitale della Germania, è una città molto viva, alternativa, multietnica e cosmopolita. Per gli amanti della birra artigianale la città offre moltissimo: dal revival di stili classici quali le Berliner Weisse fino alle ultime novità della scena craft, passando per le tradizionali Lager tedesche. In un weekend è possibile conciliare la visita alle principali attrazioni urbane e la scoperta dei luoghi birrari più interessanti. Già nel 2018 ebbi modo di scrivere un report su Berlino e la sua offerta birraria, limitandomi per ragioni di tempo a tre indirizzi selezionati tra produttori locali e craft beer bar dall’impostazione moderna. In questa occasione ho voluto invece indagare la reinterpretazione delle antiche tradizioni brassicole della città e i luoghi che offrono qualcosa di speciale agli appassionati più smaliziati.
Ho cominciato il mio tour con un tributo alla cultura birraria locale, muovendomi alla scoperta delle Berliner Weisse. Le Berliner Weisse sono birre di frumento dal basso tenore alcolico, fermentate con il contributo di flora batterica, solitamente di colore chiaro, con una spiccata acidità e un aroma dominato da note lattiche e toni agrumati. Spesso venivano (e vengono ancora) servite con l’aggiunta di sciroppi dolci e fruttati. Questo stile è stato soprannominato anche “lo champagne del Nord” per la sua spiccata carbonazione e il carattere elegante.
All’inizio del diciannovesimo secolo lo stile Berliner Weisse andava per la maggiore nella capitale, essendo prodotto da decine di birrifici di ogni tipo di dimensione. Nel corso del ventesimo secolo l’avvento e la diffusione delle Lager, unito alle note vicende storiche delle due guerre mondiali, portarono alla graduale scomparsa dello stile. La sua rinascita è andata di pari passo con quella dell’avvento delle birre artigianali, che a Berlino è stata prorompente a partire dagli anni 2000. Oggi in città sono diversi i birrifici che riproducono lo storico stile: tra i principali si segnalano Schneeeule e Lemke, che ricorrono a metodi tradizionali, e BRLO e Berliner Berg, che invece adottano la “scorciatoia” del kettle souring.
Il prodotto senza ombra di dubbio più valido è quello di Schneeeule (sito web) ed è molto interessante visitare in loco lo Schneeeule Salon fur Berliner Bierkultur. Nato nel 2016 per iniziativa dell’attuale birraia, Ulrike Genz, in pochi anni è diventato il moderno punto di riferimento dello stile. Il nome tradotto in italiano significa “Civetta delle nevi”, animale riprodotto dal logo aziendale. Il locale, piccolo ma molto accogliente, è situato nel multietnico quartiere di Wedding, nella zona Nord Ovest di Berlino. Visitandolo si comprende come mai, nel mondo della birra, è universalmente riconosciuto come il maggior interprete nella produzione di Berliner Weisse. Schneeeule incarna nella propria filosofia produttiva storia e cultura delle Berliner Weisse: ad esempio la coltura dei lieviti utilizzata è stata isolata da birre vecchie di decenni e ogni bottiglia è un’opera a sé, venendo etichettata e imbottigliata ancora a mano. Le birre prodotte sono essenzialmente Berliner Weisse tradizionali e altre rivisitate utilizzando grist di malti differenti o con l’aggiunta di luppoli, frutti o fiori della zona di Berlino.
I miei assaggi in loco sono stati una Marlene alla spina, la classica Berliner Weisse della casa, e una Flora Vintage (2018), impreziosita da fiori ogni anno diversi (per l’edizione 2018 sambuco, gelsomino e robinia). Oltre a chiacchierare con la simpatica e preparatissima Ulrike, è possibile anche acquistare qualche autentica “chicca” dalla sua incredibile cantina. Nel mio caso sono riuscito ad accaparrarmi una Weisse Geuze, collaborazione fra Schneeeule e H.ertie (sito web), un blender tedesco che utilizza Lambic di Girardin. Purtroppo, il difficile contesto economico in cui operano gli operatori del settore sta rendendo la sopravvivenza di questo birrificio d’altri tempi a rischio. Lo stile va di moda solo fra un numero ristretto di appassionati e i conti traballano. Ulrike ha lanciato un crowfunding che speriamo riesca a preservare questo piccolo angolo di cultura birraria berlinese.
Di tutt’altro stampo è invece la Brauerei Lemke (sito web), birrificio situato in pieno centro, a pochi minuti a piedi dalla famosa Alexander Platz. L’avventura di questo produttore inizia nel 1998 per opera del suo fondatore, Oli Lemke, birraio giramondo che decide di aprire un proprio birrificio presso un arco in disuso della S-Bahn, nei pressi di Hackescher Markt. L’ascesa è repentina e oggi il birrificio conta ben tre sedi in città che attraggono una variegata clientela di locali e di turisti. La gamma prodotta è amplia e variegata con stili classici berlinesi, birre tradizionali e birre della new wave artigianale.
Durante la mia visita ho tralasciato le birre più scontate e ho assaggiato due delle quattro Berliner Weisse prodotte: la Budike (3,5%), molto ben fatta, agrumata al naso, piacevolmente acidula e con un finale speziato all’anice, e la Eiche (3,5%) una versione della stessa Budike affinata in botti di quercia, passaggio che arricchisce il profilo della birra di note di vaniglia.
Oltre a scoprire le Berliner Weisse prodotte in città, beer hunter, beer neer e beer geek possono trovare a Berlino due fra i migliori locali in Europa dove reperire birre di nicchia o rare produzioni americane: il Muted Horn e il Biererei Bar.
Il Muted Horn (sito web), situato nel quartiere di Neukölln e non lontano dal vecchio aeroporto di Tempelhof (ora trasformato in parco cittadino), è stato fondato nel 2016 da una coppia di canadesi, Corbin e Jenia Crnkovin, con l’idea di creare un luogo dove far assaggiare birre da tutto il mondo. Arredato in maniera spartana è un craft beer bar con 22 spine ed un centinaio di birre in bottiglia (moltissime acide, tante birre americane e canadesi e diverse rarità). Avevo grandi aspettative e in effetti la scelta si è rivelata ottima. Qui gli assaggi si sono concentrati sulla Monchsambacher Export (5,2%) di Zehender, sulla Patronus (3,8%), una Svetly Lezak di Sibeeria, e sulla buonissima Coconut Bulletproof Porter degli americani di Cellarmaker Brewing Company, in cui il cocco accompagna, e non offusca, le note di caffè.
Ancora più interessante, a mio avviso, è il Biererei Bar (pagina Facebook). Situato nell’affascinante distretto di Kreuzberg, un quartiere a maggioranza turco che pullula di bar, negozi vintage e vita notturna. Fondato nel 2018 da Cihan Çağlar, un berlinese appassionato di birra artigianale, è diventato in breve tempo una tappa cult nella capitale tedesca. Il locale, con 20 spine, offre un’eccellente panoramica sulla scena birraria continentale e americana. Si presenta con un bancone a doppio angolo, panche in legno e una stanza per l’invecchiamento della birra e i fusti a temperatura controllata a vista. Qui ho assaggiato la Brain Dance (6,8%), una deliziosa NEIPA del rampante birrificio berlinese Fuerst Wiacek (che purtroppo non ha una tap room), prodotta appositamente per il locale, e mi sono tolto lo sfizio di ordinare un assaggio della incredibile Black Tuesday (19,4%) di The Bruery, un’Imperial Stout prorompente e gustosa quanto il suo grado alcoolico.
Infine ho voluto concedermi un’ultima tappa, ben sapendo che avrei avuto l’imbarazzo della scelta. Alla fine ho optato per un locale fuori dai radar della maggior parte dei beer lover, scovato su un gruppo di appassionati di birre ceche: il Prager Fruhling 1968. Arrivarci è un viaggio nel tempo e nella storia incredibile di questa città: è situato infatti a Pankov, il quartiere di Berlino Est che, ai tempi del muro e della Guerra Fredda, ospitava i dirigenti della DDR. Il suo fondatore, Luděk Pachl, è un cittadino ceco che, trasferitosi a Berlino, si trovò senza le birre di casa che tanto amava. Decise quindi di aprire una hospoda (locanda) ceca tradizionale.
Il tema del locale, come si evince dal nome, è la Primavera di Praga del 1968 e il locale è tappezzato da cimeli storici e memorabilia dell’epoca. La birra è incredibilmente economica – bicchiere da mezzo litro alla spina a 2,9 euro! – e freschissima. Il servizio è un po’ rude come nella madrepatria. Ci sono solo quattro spine, di cui tre fisse: due del birrificio Svijany e una dedicata all’immancabile Pilsner Urquell, mentre la quarta ospita a rotazione birre di altri birrifici cechi. È anche possibile ordinare piccoli snack a base di formaggio. Ho assaggiato una squisita Svijansky Maz (4,8%, Pilsner) e una piacevole Svijansky Kvasnicak (6%). Il Prager Fruhling 1968 è un posto incredibile, in cui farò sicuramente ritorno in un futuro viaggio nella magica Berlino.