Consulta il report su Whatabeer
Quali sono le tendenze della birra artigianale in Italia? A meno di non voler confidare esclusivamente nella propria esperienza, arrivando perciò a conclusioni parziali e fallaci, l’unica soluzione è affidarsi ai numeri. E da qualche anno ciò è possibile grazie a Italian Craft Beer Trends, il report che pubblichiamo basandoci sulle informazioni provenienti dalla nostra piattaforma Whatabeer. Ogni giorno su Whatabeer (ex Beer Zone) teniamo traccia di tutte (o quasi) le birre inedite che vengono lanciate dai birrifici, ottenendo a fine anno una base di dati molto ampia e interessante. È proprio analizzando le caratteristiche delle novità brassicole dei nostri produttori che possiamo comprendere quali trend stanno emergendo o si stanno consolidando nell’ambiente della birra artigianale. L’analisi è piuttosto approfondita, perché la forza di Whatabeer risiede nella complessità delle informazioni: non solo grado alcolico e stile di appartenenza, ma anche luppoli citati nella ricetta, eventuali ingredienti speciali, anno di lancio, ecc. I risultati potete leggerli in questo articolo, ma verificarli direttamente anche su Whatabeer.
Prima di commentare i dati, sono opportune alcune premesse. Innanzitutto su Whatabeer non sono riportate tutte le nuove birre prodotte nel corso dell’anno: tenere traccia di ogni creazione inedita è praticamente impossibile, perché non tutti i birrifici italiani comunicano le loro novità. Da qualche mese abbiamo aggiunto per i produttori la possibilità di gestire autonomamente i dettagli sulle proprie birre, sperando così di favorire la diffusione delle informazioni. Bisogna poi considerare che l’analisi esclude tutte le variazioni di birre già esistenti sul mercato, come ad esempio le annate di birre affinate in legno o le versioni di Fresh e Wet Hop.
Numeri generali
Nel corso del 2023 abbiamo censito su Whatabeer 582 birre inedite da 159 diversi birrifici. L’incremento rispetto al 2022 è nettissimo: l’anno precedente ci fermammo a 409 produzioni, per una crescita di circa il 42%. La differenza si spiega solo in minima parte con il numero maggiore di birrifici coinvolti nel censimento del 2023 (l’anno precedente furono 130), mentre è da ricercare probabilmente nella sempre maggiore sete di novità del mercato. Ci sono altri elementi che possono aver determinato la crescita: un lavoro di data-entry sempre più attento a ogni nuova creazione e il progressivo interesse dei birrifici nel comunicare le proprie novità. Ma anche tenendo in considerazione questi fattori, è indubbio che la tendenza è in ascesa per motivi intrinseci. Basti pensare che nel 2021, con la pandemia quasi superata, le nuove birre censite su Whatabeer furono “appena” 322, cioè poco più della metà del 2023. Molto evidente è anche l’incremento delle birre collaborative – cioè prodotte da due o più birrifici – che lo scorso anno hanno rappresentato oltre il 21% di tutte le birre inedite (nel 2022 si fermarono poco sopra il 16%). Ciò significa che una birra nuova su cinque è nata da una partnership tra diversi produttori. Un trend che presumibilmente continuerà anche nel 2024.
Birrifici più attivi
Per il terzo anno consecutivo Alder è stato il birrificio più attivo in termini di novità assolute (25 birre), confermando quindi che quella di Marco Valeriani è – per nostra fortuna – una strategia ben precisa. La stessa che ha adottato da subito il giovane Nama Brewing: le tante produzioni inedite lanciate nel 2022 potevano essere spiegate con la sua apertura, avvenuta lo stesso anno; invece anche nel 2023 ha continuato sullo stesso ritmo (18 birre), raggiungendo una solida seconda posizione. Il gradino più basso del podio è occupato a pari merito da Eastside e MC-77, seguiti da Birra dell’Eremo e Birrone. A parte qualche nome ricorrente da un anno all’altro, questa speciale graduatoria mostra una certa variabilità dettata dalla mancanza di precise scelte commerciali e produttive, nonché da situazioni estemporanee – ad esempio il lancio di una linea parallela può incrementare notevolmente il numero di produzioni inedite di un birrificio nel corso dei dodici mesi.
Gradazione alcolica
La gradazione alcolica media delle nuove birre italiane continua a calare: nel 2023 si è fermata al 5,9% dopo il 6,2% del 2022 e il 6,4% del 2021. Il dato non rappresenta una casualità, bensì la dimostrazione di una tendenza in corso nel nostro paese come nel resto del mondo: c’è sempre una maggiore richieste per birre dalla gradazione alcolica contenuta, favorita tra l’altro dal rinnovato interesse per gli stili brassicoli “da bancone”. Inoltre il 2023 ha segnato per molti birrifici italiani l’ingresso nel segmento delle analcoliche: su Whatabeer ne abbiamo censite 7 (quelle di Baladin, Edit, Via Priula, La Casa di Cura, Crak, Jester e Birranova), ma è molto probabile che il totale sia ben maggiore. Tutte queste si posizionano dunque sull’estremo più basso della forbice, mentre il “premio” di nuova birra più alcolica del 2023 è stato conquistato dalla Big Joe di Eastside, un American Barleywine affinato in botte.
Tipologie brassicole
Uno dei grafici più interessanti del report è quello relativo alle principali tipologie brassicole, cioè macro-famiglie produttive in cui sono divisi i vari stili birrari. Rispetto all’anno precedente, il 2023 ha mostrato variazioni piuttosto limitate, ma che confermano alcuni trend degli ultimi anni. Le tipologie della tradizione tedesca e britannica hanno mantenuto percentuali praticamente identiche a quelle del 2022, certificando l’ormai consolidata riscoperta di certe birre. Nel 2023 queste due famiglie stilistiche hanno rappresentato insieme quasi il 33% delle nuove creazioni italiane, quando nel 2021 superavano appena il 26%. Come preventivabile le tipologie britanniche hanno persino guadagnato qualcosa rispetto all’anno precedente, mentre quelle tradizionali belghe hanno subito una discreta contrazione dopo la ripresa registrata nel 2022. Non meraviglia che gli stili luppolati siano ancora i più diffusi, sebbene anche in questo caso la percentuale sia leggermente calata in confronto all’anno precedente. Infine è interessante rilevare un deciso incremento degli altri stili della tradizione europea, nella quale rientrano tipologie rare o poco diffuse come Grodziskie, Bière de Garde e Baltic Porter.
Stili birrari
Scendendo nel dettaglio dei singoli stili birrari, il podio di quelli più prodotti non mostra novità rispetto al 2022: nell’ordine troviamo American IPA – nella quale facciamo rientrare varie declinazioni come West Coast IPA, Pacific IPA, Modern IPA, ecc. – Fruit Beer e Spiced Beer. Ricordiamo sempre che Whatabeer registra le birre con un metodo multi-stile, seguendo questa idea di catalogazione. Superato il podio arrivano i dati interessanti, perché ad esempio rispetto al 2022 troviamo uno scambio di posizioni tra Session IPA (passate dal settimo al quarto posto) e Double IPA (passate dal quarto all’ottavo posto). Poiché parliamo di due stili luppolati di origine comune, è chiaro come su questo avvicendamento abbiano pesato le considerazioni sulla gradazione alcolica espresse in precedenza. Piuttosto clamorosa è la quinta posizione delle New England IPA, che dopo il vistoso calo del 2022 molti consideravano destinate all’oblio; invece sono sempre lì, guadagnando persino una posizione. Interessante il boom delle American Lager, che, nonostante comprenda produzioni abbastanza diverse tra loro (American Lager vere e proprie, India Pale Lager, Cold IPA), certifica un crescente interesse per l’uso di lievito a bassa fermentazione anche per birre luppolate.
Luppoli
La classifica dei luppoli più citati – e non più utilizzati, per ovvi motivi – non presenta grandi novità nelle prime posizioni. Come accade a livello mondiale, anche in Italia c’è un netto predominio del Citra e del Mosaic, di gran lunga le cultivar preferite dai nostri produttori. Nel 2023 il Simcoe ha mantenuto la terza posizione, che tuttavia ha dovuto condividere con il redivivo Nelson Sauvin. La varietà neozelandese era calata sensibilmente nel 2022, ma sembra essere tornata protagonista anche grazie al crescente interesse per le birre di stampo “pacifico”. Piuttosto impressionante il salto in avanti del Motueka, che per la prima volta entra in questa speciale classifica fermandosi in settima posizione. Da notare la crescita di molti luppoli della tradizione europea, determinata chiaramente dall’interesse per i relativi stili birrari: rispetto al 2022 hanno guadagnato posizioni il Saaz, il Perle, l’Hallertau Mittelfrüh e il Fuggle, ma curiosamente sono scomparsi l’East Kent Golding e il Tettnanger.
Ingredienti speciali
Grazie anche all’ascesa degli Specialty Coffee e a una certa affinità elettiva col mondo della birra, anche nel 2023 il caffè è stato l’ingrediente speciale più usato nelle nuove birre italiane. Subito dietro le scorze di agrumi e il cacao hanno invertito le loro posizioni, mentre il cocco è tornato fortemente in auge fermandosi a un passo dal podio (nel 2022 non era neanche in classifica). Dopo la vaniglia, che ha guadagnato diverse posizioni rispetto all’anno precedente, troviamo un trionfo di frutta tropicale: nell’ordine mango, frutto della passione e ananas, con la guava un po’ più staccata (sei posizioni in meno rispetto al 2022). Per il resto non si notano tendenze particolari, se non l’ingresso in classifica della canapa (diciottesima posizione) che rappresenta una piccola traccia di un fenomeno a livello mondiale.
Conclusioni
I dati provenienti dalle nuove birre italiane del 2023 non certificano rivoluzioni in atto nell’ambiente, benché confermino alcuni trend che presumibilmente caratterizzeranno il mercato italiano (e internazionale) negli anni a venire. In questo senso le considerazione sulla gradazione alcolica media delle birre è molto importante, perché denota una tendenza che, pur a piccoli passi, probabilmente continuerà anche nel 2024. Ciò si concretizzerà sia nel lancio di nuove artigianali analcoliche, sia nella continua ascesa di stili “sessionabili”, sia nell’esplorazione della nicchia low-alcohol che forse i birrifici italiani non hanno ancora affrontato come meriterebbe. Nel 2024 continueremo a registrare così tante birre inedite? E una su cinque sarà ancora frutto di una collaborazione tra due o più birrifici? Lo scopriremo nei prossimi mesi.