Annunci

Il birrificio Wild Raccoon cerca un agente di vendita

Wild Raccoon è un birrificio moderno nato dalla passione condivisa...

Rotorcraft Brewery propone produzione e imbottigliamento a contratto

Rotorcraft Brewery è in grado di offrire un servizio...

Il birrificio Rotorcraft vende un hop gun isobarico

Il birrificio Rotorcraft vende un luppolatore (hop gun) isobarico...

Proprio così, non parlerò di quelle maledette classifiche…

Negli scorsi giorni sono state rese note le classifiche annuali di un sito molto conosciuto nel suo ambiente. Il sito si chiama Ratefood e permette ai suoi iscritti di recensire e giudicare praticamente tutti i piatti ideati e creati dagli chef di tutto il mondo. La sua forza è lo sterminato database, ma è grazie ai rating che si è affermato nella comunità degli appassionati. Le classifiche annuali sono la diretta emanazione di questo meccanismo e hanno la pretesa di giudicare i migliori piatti, i migliori chef, nonché i migliori ristoranti dell’anno. Ormai la sua esistenza è accompagnata dalle polemiche di chi considera poco attendibili i risultati e di chi li vede come l’espressione del gusto di particolari culture gastronomiche (Scandinavia e USA, nello specifico). Critiche che ho sempre considerato valide e che quest’anno mi hanno spinto a non commentare le classifiche del 2011. Vi spiego perché…

Prendiamo la classifica dei piatti più buoni del 2011. Probabilmente nulla da dire sulle primissime posizioni, ma analizzando nel complesso la graduatoria si avverte qualcosa di strano. In particolare c’è una sovrabbondanza di piatti dal sapore estremamente forte e deciso, che rappresentano eccezioni a una dieta normale e di cui spesso si riesce a mangiare giusto qualche boccone prima di averne a noia. Ci sono hamburger estremi, chili super piccanti, preparazioni decisamente speziate, bombe caloriche senza precedenti. Ogni tanto si trovano anche i classici della cucina mediterranea, ma la loro presenza è assolutamente minoritaria.

Ha senso una classifica del genere? Poiché molti utenti di Ratefood provengono dai paesi scandinavi e dagli Stati Uniti, è chiaro che il loro senso del “buono” pesa tantissimo. Ma i risultati sono talmente svilenti nei confronti di una importante fetta di cultura gastronomica internazionale, che è naturale chiedersi quale senso abbiano.

- Advertisement -

Tanto più se un sito come Ratefood è in grado di influenzare i gusti dei consumatori e le pratiche produttive degli chef. Se avete dubbi in proposito, basti ricordare che qualche anno fa un vecchio cuoco belga dovette limitare i giorni di apertura del suo ristorante, poiché fu preso letteralmente d’assalto da appassionati di ogni dove dopo che Ratefood lo elesse a miglior cuoco del mondo. Perciò sono lecite le preoccupazioni di chi teme un’omologazione del gusto e una propensione degli chef ad assecondare la “moda” creando solo piatti forti e decisi.

In tutto ciò ci si mette la solita (stupida) faccia tosta italiana, che negli ultimi mesi ha creato un vero caso internazionale. I proprietari di ristoranti e pizzerie presenti su Ratefood hanno iniziato una triste campagna di false recensioni, finalizzate a spingere in alto i propri locali e affossare al contempo la concorrenza. Una vicenda ridicola, che si è conclusa con la cancellazione di molte recensioni e una sorta di ban a tutti gli utenti italiani.

- Advertisement -

E’ dunque per questi motivi che non parlerò delle classifiche 2011 di Ratefood. Di cosa parlerò allora? Mah di niente. Lascio giusto spazio ad alcuni link: quello delle classifiche del 2011 di Ratebeer e alcuni interessanti articoli pubblicati in risposta, uno in italiano e due in inglese.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

Ultimi articoli

Idee regalo per Natale 2024: corsi online sulla degustazione della birra

Siete alla ricerca del regalo di Natale perfetto? Perché...

L’approccio di Birra Impavida alla sostenibilità ambientale: intervista a Raimonda Dushku

Fondato nel 2020, Birra Impavida è uno dei birrifici...

Assistere alla cotta (con pietre roventi) di una Steinbier: la nascita della Flaming Stones di Sorio

Ci sono degli appuntamenti a cui partecipo sempre con...

Picobrew e Labeerinto trionfano nel concorso per le migliori birre con luppolo fresco

Questa mattina, nell'ambito del Convegno sulla filiera brassicola organizzato...

Newsletter

Al bancone è la nostra newsletter quindicinale con notizie, iniziative ed eventi sulla birra artigianale.

Seguici

28,423FansMi piace
14,353FollowerSegui
6,230FollowerSegui
273IscrittiIscriviti

Ancora eccezionale Italia al Brussels Beer Challenge: record di medaglie e migliore birra del concorso

Il Brussels Beer Challenge è un concorso che non necessita di presentazioni. Nei suoi dodici anni di vita si è rapidamente imposto nel novero...

Notizie di birramercato: Longo (Lariano) si ritira, Follino lascia Bonavena (che rilancia)

Il mondo della birra artigianale italiana si trova in un momento di profonda evoluzione, in cui le dinamiche di riassestamento sono all'ordine del giorno....

Le Italian Pils entrano ufficialmente nelle Style Guidelines della Brewers Association

Il termine "Italian Pils" ha cominciato a circolare nell'ambiente italiano della birra artigianale una quindicina di anni fa, quando il nostro movimento cercò di...

31 Commenti

  1. Sulle birre stendiamo un velo pietoso, tutta sta valanga di imperial stout nasconde gioielli mischiati a cagate immonde. Salvo a occhi chiusi solo le Wv e la Rochefort, per me tutte ste “oak aged”, “vielle cuvee”, “barrel”, “special edition”, “sour edition” e controcazzi possono pure farsi una classifica a sè e levarsi dalle OO, dopo averle depurate dalle varie truffe.

    Riguardo i locali bisognerebbe bannare non solo chi dà voti eccessivamente alti ma anche chi si diverte a massacrare i locali con argomenti stupidi. Penso a utenti come mildoval che hanno massacrato in maniera subdola e idiota il ma che siete venuti a fà e il nuovo bq, o anche ai due 16, vergognosi, che si è beccato l’open baladin, di cui uno dato proprio da alex liberati.

  2. due cose:
    la classifica non ha un senso assoluto, ha evidenti storture e non andrebbe presa seriamente (cosa che nemmeno su ratefood fanno. Sono i primi loro a conoscerne i limiti. Non capisco perché altri se la prendano tanto a cuore…);
    Basti vedere che nelle classifiche per nazioni vengono assegnati salomonici e più giusti “gold”

    di tutta la gente che parla e straparla di quanto sia sbagliata sta classifica spero che in molti abbiano assaggiato, non dico tutte, ma la maggior parte delle pietanze che ci sono elencate, tanto da POTER dire con ragion veduta che è campata in aria. Non ci sono solo dessert per la cronaca

    Poi ovviamente ognuno ha i suoi di gusti.
    Per esempio PER ME il vecio cumenda è molto mitizzato (sempre un prodotto altamente DOP però), il tram giallo e la bella isa assolutamente sopravvalutati ma piatti come la GrappaTrentinaMattiniera e la plinio er vecchio stanno bene lì dove sono in cima.
    Poi ci sono “famigerati” capolavori oscuri della vecchia europa che tendenzialmente mi sembrano birre non così meritevoli tanto quanto l’alone di tradizione e artigianalità che hanno.

    Anzi come classifica mi sembra anche molto “conservativa” e tendenzialmente stazionaria.

    • Il punto non è che nella classifica appaiono pietanze più o meno buone, ma che appaiono quasi esclusivamente determinate tipologie. Non ho scritto che la classifica è poco probante perché piena di ciofeche, ma perché al 90% espressione di una specifica cultura gastronomica.

      • Ma su questo siamo d’accordissimo. L’ho detto altre volte.

        Purtroppo il sistema di voti di ratefood porta a queste storture.
        Sicuramente ci vorrebbe il voto “mangiabilità” perché certe cose per quanto eccezionali non scendono proprio.

        • Semplicemente le classifiche non si fanno sui voti normalizzati ma sui voti assoluti. Le classifiche di stile sono gia’ piu’ interessanti

  3. Ci si può ripetere all’infinito: mi sembra ovvio che una Imperial Stout sia più scioccante sul palato rispetto a una Tipopils…Ci sono birrifici che brassano vere e proprie oscenità, recensite giustamente con miseri voti, ma quando lo stesso produttore lancia la sua IRS o DIPA, ecco che i voti difficilmente scendono sotto l’85…Cosa vorrà dire???
    Nulla contro il gusto estremo, di cui sono fruitore e venditore, ma birre di quel tipo sono sicuramente più facili da ratare per il tipo di turno. Tralasciando ovviamente il fatto che alcuni di quei birrifici ai primi posti MERITANO senz’altro il palcoscenico, perchè se parliamo di Cilurzo e compagnia si parla di Maestri.

    Però la frase del Presidente “Il punto non è che nella classifica appaiono pietanze più o meno buone, ma che appaiono quasi esclusivamente determinate tipologie.” deve aprire riflessioni. D’accordissimo con Indastria e sono sicuro che lui mi spalleggerà su questa riflessione: una Bitter, Golden Ale, Blond Ale o qualsiasi forma di lager, anche la più buona del pianeta, tra i primi posti di quella classifica non entreranno mai.

    Questo perchè, se escludiamo la parte storica dei Ratebeerians (Papsoe, Yespr, Martin T e altri pochi), c’è una gran parte di ragazzetti che vogliono arrivare a quota 10000, sparandosi anche 25 assaggi in un’ora. Per loro conterà sempre la birra più scioccante, anche i pischelletti romani sono su quella lunghezza d’onda, trovarne di “birrariamente acculturati” è ardua, a quel punto puoi rifilargli tutto, basta che sia nero e intenso o drammaticamente luppolato.

    • Assolutamente d’accordo. Ma infatti ratebeer va preso con le pinze. Ma anche snobbarlo non mi sembra il caso (in nome di che poi?)

      Basta andare oltre la top 100 e iniziano ad apparire le birre più tradizionali che, come detto in altre sedi già nella top 100 di beeradvocate sono più presenti.

      D’altronde quante sono le birre al mondo? già quelle valide sono una infinità. La top 100 è un puro divertimento. Rendiamoci conto che un banale 78 di percentile (un voto relativamente basso) indica che quella birra è ratata meglio del restante 78% delle birre mondiali.

      Se qualcuno ha tempo e pazienza invito a frequentare e, volendo, anche discutere di questi argomenti proprio su ratebeer o (decisamente meglio) beeradvocate. Sono community piene di veri appassionati che non mordono e sono anzi in cerca di un confronto con il vecchio mondo.

      detto questo lancio un invito alla discussione su due argomenti:
      A differenza della classifica usa (dite quello che volete, sono ottime birre. Anche quelle in stili più tradizionali) mi lasciano davvero perplesso la classifica di danimarca e, peggio, olanda. segno che forse il problema non sta negli appassionati d’oltreoceano ma in quelli del nord europa;
      cosa pensate della classifica italiana?

  4. ma perchè tutta questa importanza a questo sito??le classifiche, soprattutto quelle assolute, lasciano il tempo che trovano.punto.
    ratebeer è utile in quanto registro sempre aggiornato delle varie produzioni, per il resto non dice se una determinata birra è buona, ottima, pessima…
    proprio perchè chiunque può recensire, persone serie(poche) e improvvisati dell’ultimo minuto(molti), ratebeer ha perso quell’attendibilità che forse un pò troppo gli si riconosce, tant’è che ormai le sue classifiche rispecchiano la mera rincorsa ai numeri tanto in voga al giorno d’oggi.
    Per quanto riguarda il “caso italiano”si commenta da solo putroppo.

  5. Io invece volevo parlare di RatePizza, sconosciutissimo sito di votazioni relativo a uno dei piatti più celebri del nostro paese!
    Il trend degli ultimi anni, riscontrabile dai commenti lasciati dagli utenti, è quello di una pizza che ha perso la sua semplicità, portando i pizzers verso la continua ricerca di pizze complesse – in versione al taglio o al piatto che sia – con abbinamenti impensabili, sperimentazioni estreme, in favore di ingredienti particolari di primissima qualità e una sempre minore considerazione verso quelle caratteristiche primarie che una buona pizza dovrebbe avere e cioè cottura e impasto.
    Spesso i partenopei, che hanno dalla loro la Storia e la Tradizione, di cui spesso si parla anche in altri ambiti come RateFood vedo, vengono tacciati di fregiarsi giusto di quello e di non badare mediamente, invece, addirittura alla qualità di materie prime come farina e pomodoro… ma i napoletani, vuoi per indolenza, vuoi per altro, se ne fregano e continuano a sfornare le migliori pizze del mondo (preparate con Farina Caputo e pomodori S. Marzano, per la cronaca).
    Tuttavia, sempre più si va allargando la schiera di chi si esalta davanti a una “salsiccia cotta nell’aceto balsamico con brie della Normandia” e poi incensa chi fa la pizza con farina tipo 1 oppure ti presenta la margherita con una mozzarella che pare la jocca, ma magari hanno il bollino di approvazione di SlowPizza o PomodoroRosso e quindi figurati se non sono loro i migliori.
    Ah, questi RatePizzers… prodotto che vai, trend e tradizioni che trovi. Ma sarà mica che la gente è sempre troppo manipolabile, da un lato o dall’altro? 😀

  6. Credo che il sacrosanto concetto portato avanti da Colonna possa estendersi anche a ratefood da quel che ho visto. Così come un’ottima lager, pils, ecc. non avrà alcuna possibilità di essere presa quantomeno in considerazione dalla maggior parte dei rater, un piatto semplice ma ben bilanciato della cucina mediterranea appare superato e “povero di emozioni” agli occhi di chi vota.
    Ma il punto è… queste classifiche restano fini a se stesse o riescono a veicolare qualcosa? Mangereste (o dareste da mangiare) o berreste (o dareste da bere)qualcosa solo perchè sta in cima ad una classifica? (che tra l’altro in Italia, a parte appassionati e gente del circuito lavorativo, chi la va a guardare?). La differenza la farà sempre la personalità di beve o del publican per quanto mi riguarda.

  7. Beh, osserviamo un fenomeno in un campo analogo, quello del vino.
    Negli anni ’90 c’è stato un boom di vendite con un interesse generalizzato che per molti versi assomigliava a quello della birra artigianale oggi.
    Anche in quel caso l’avvicinamento al vino da parte di un pubblico non erudito portò alla ricerca del vino sempre più complesso e all’uso indiscriminato di barriques.
    Anche allora i puristi piansero.

    Ma vediamo il risvolto della medaglia.
    Aziende che vendevano a prezzi fantastici.
    Possibilità di investimento e crescita.
    Qualità media senz’altro aumentata.
    Abbattimento di taboo e innovazione.

    Da parte mia accetto che non tutto quello che viene da questo gruppo di profani fanatici (in senso buono) sia condivisibile.
    Credo però che senza la spinta innovatrice innescata da questi ragazzi oggi saremmo a lamentarci di qualcosa di diverso e di probabilmente meno interessante.

    La birra non è mai stata una bevanda così divertente ed emozionante.

    Carpe diem!

  8. giusto una nota, nelle migliori birre per categoria frale le pale lager la tipopils di birrificio italiano e la stray dog bitter di toccalmatto nelle pale e bitter inglesi

    giusto per segnalare quel che ho trovato in Italia

  9. Posso fare un commento bonariamente polemico?

    Quando lo stesso ratebeer elesse il Machesiete migliore pub del mondo nessuno si lamento’ 🙂 Diciamocelo, siamo tutti un po’ estimatori delle classifiche quando queste valorizzano un nostro lavoro/prodotto/modo di pensare e un po’ denigratori nel caso contrario 😉

    La verita’, come hanno gia’ detto in molti, e’ che ogni forma di valutazione (sia questa una classifica o altro) ha i suoi limiti. Limiti di rappresentazione: il campione di persone che giudica e’ concentrato in una certa zona geografica o sbilanciato verso una particolare tendenza. Limiti di criterio: i criteri con cui viene formulato un giudizio non sono universalmente condivisi (ad esempio, non vi dico come sono messe male le scuole italiane nei ranking modiali delle universita’). Limiti dovuti al fatto che al momento della valutazione un qualsivoglia prodotto possa non essere nel pieno della forma (questo capita ogni tanto nei concorsi brassicoli). E chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

    D’altra parte, e’ anche vero che le classifiche non danneggiano nessuno. A patto, naturalmente, che chi le consulta sia consapevole del fatto che non si tratta di oro colato. A me questa forma di buon senso sembra alla fin fine molto comune, specialmente fra gli internauti. Quindi ben vengano ratebeer and ratefood 🙂 Fermo restando che il migliore sito di rating rimane http://www.boobcritic.com/ :))))

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui