Nel programma di seminari e laboratori previsti durante Fermentazioni, quest’anno abbiamo proposto un incontro con Unionbirrai per discutere delle novità dell’associazione e soprattutto per capire quali azioni saranno messe in campo contro le manovre dell’industria. Quella dell’invasione delle multinazionali nel comparto artigianale è un tema molto sentito al momento, che sta crescendo parallelamente alle azioni messe in atto da questi colossi: parliamo di acquisizioni, creazioni di birre crafty e ostruzionismo a livello distributivo, fino addirittura al controllo di realtà non direttamente collegate alla produzione o alla vendita di birra (pensiamo alla recente vicenda legata a Ratebeer o al tentativo di brevettare il malto d’orzo). Alla tavola rotonda ha partecipato Vittorio “Vichy” Ferraris di BSA, attuale consigliere Unionbirrai, che ringrazio per essere venuto a Fermentazioni appositamente per questo incontro.
L’esposizione si è aperta inevitabilmente con l’excursus storico che ha portato alla recente rivoluzione di Unionbirrai, ben raccontata dal direttore Alessio Selvaggio (Croce di Malto) in un’intervista risalente a un paio di mesi fa. La riassumo velocemente, perché propedeutica a ciò che si sta decidendo oggi. Nel 2015, di fronte ad alcune difficoltà dell’associazione nel muoversi in modo efficace, fu organizzata una riunione tra diversi birrifici italiani per capire come superare quell’impasse e la scelta fu quella di modellare Unionbirrai sulla forma di un ente “ideale” fondato su criteri ben precisi. In pratica ci si chiese che tipo di azienda doveva tutelare una realtà come Unionbirrai e furono stabiliti alcuni criteri riconoscibili sulla base dei quali fondare tutto il susseguente lavoro.
I criteri individuati all’epoca furono quelli che in parte hanno ispirato la legge italiana sulla birra artigianale: indipendenza, produzione limitata e assenza di pastorizzazione e microfiltrazione. Partiamo dall’ultimo: per associarsi a Unionbirrai un birrificio non può ricorrere a determinate soluzioni tecnologiche tipiche dell’industria, aspetto condivisibile. Occorre però specificare bene cosa si intende per pastorizzazione e microfiltrazione, con dettagli tecnici. Obiettivo al quale l’associazione sta lavorando. Per quanto riguarda il limite produttivo, invece, il tetto attualmente imposto da Unionbirrai è pari a 40.000 hl: ben inferiore a quello della legge nazionale (200.000 hl), ma che può essere eventualmente innalzato modificando semplicemente lo statuto.
A detta di Vittorio il criterio più importante in assoluto è quello dell’indipendenza, che significa autonomia totale a livello aziendale da qualsiasi società che non rientri in tali criteri. Non c’è alcun limite ammissibile in termini di quote: se una multinazionale possiede anche l’1% di un birrificio, quel birrificio non può associarsi a Unionbirrai. È il punto chiave dell’attuale visione dell’associazione, tanto che è considerato in maniera molto restrittiva: per sposare gli obiettivi del movimento devi essere prima di tutto indipendente. E qui si inserisce un dettaglio che può sembrare solo apparentemente secondario, ma che ha un valore simbolico fondamentale: i birrifici già soci di Assobirra non potranno aderire a Unionbirrai. Soprattutto in passato, infatti, era accaduto che alcune aziende fossero iscritte a entrambe le associazioni, alimentando qualche perplessità – ricordo che Assobirra è l’ente che raggruppa gli industriali della birra.
Tutte le mosse della nuova Unionbirrai sono dunque indirizzate alla tutela di siffatti birrifici, in primis indipendenti. Il cambio di rotta in questo senso appare evidente: oltre ai criteri citati sopra, bisogna menzionare una serie di comunicati pubblici con cui l’associazione ha risposto recentemente ad alcune vicende. Il primo caso fu la dichiarazione uscita in concomitanza con il Birra del Borgo Day, successivamente quella contro la fiction della Rai accusata di screditare tutto il comparto. Possono sembrare vicende di secondo piano sulle quali esprimersi, ma proprio per questo dimostrano come Unionbirrai abbia cambiato diametralmente approccio e ora appaia vigile e pronta a farsi sentire senza mezze parole.
Le manovre dell’industria sono destinate ad aumentare nei prossimi mesi, quindi quali strategie conta di mettere in atto Unionbirrai? Per Vittorio Ferraris la soluzione è quella della guerrilla, o meglio della resistenza: dimostrarsi uniti per rispondere a ogni attacco con le risorse a propria disposizione. Un approccio diverso è stato quello proposto da Angelo Scacco de La Fucina, che ha partecipato tra i relatori come “consulente”: negli ultimi tempi ha infatti lavorato gratuitamente a un piano industriale che ora Unionbirrai sta valutando. Secondo la sua visione piuttosto che un atteggiamento difensivo occorre passare direttamente all’offensiva, facendo fronte comune e insistendo a livello comunicativo sui fattori che rappresentano il punto debole delle multinazionali. Un punto d’incontro tra le due tesi sembra ancora lontano, segno che c’è ancora tanto lavoro da fare per trovare un indirizzo comune.
La tavola rotonda di sabato scorso si è arricchita di tanti contributi da parte dei presenti, che hanno avanzato domande e suggerimenti. I temi trattati sono stati moltissimi ed è impossibile riassumerli in questa sede, ma ciò che si chiede all’associazione è in primis un lavoro sul territorio basato sulla comunicazione e sulla divulgazione birraria, unica arma a disposizione dei microbirrifici per contrastare i tentativi dell’industria di confondere il consumatore. La speranza è che azioni concrete siano realizzate in tempi brevi, ma è chiaro che l’associazione al momento sta vivendo un periodo di transizione che durerà ancora qualche mese.
Il seminario ha dunque risposto a molte domande che frullavano nella testa di appassionati e operatori del settore da mesi. L’impressione è che la nuova veste di Unionbirrai sia figlia di una genesi partita in maniera corretta, grazie alla quale sono stati forniti strumenti preziosi per il suo futuro sviluppo. Si percepisce grande entusiasmo, tanta voglia di fare e le prime avvisaglie lasciano ben sperare. Seguiremo l’evoluzione di questa importante realtà e ve ne daremo conto, come abbiamo sempre fatto.
Ho appena dato una sbirciata all’elenco degli associati ad AssoBirra e con grande stupore ho rilevato tra questi la presenza di Croce di Malto. E’ uno scherzo?
Non so quanto sia aggiornata quella pagina
E della partecipazione de La Fucina al Birra del Borgo Day sai dirmi qualcosa?
Abbiamo toccato al volo anche questo tasto durante la tavola rotonda, ma preferisco lasciare la parola ad Angelo se vorrà intervenire.
Sembra una barzelletta…
“un lavoro sul territorio basato sulla comunicazione e sulla divulgazione birraria”
Questo è sacrosanto…….non dimentichiamoci, però, che la bilancia ha due piatti……anche l’attenzione dei consumatori deve crescere.
Lo dico da “neofita” birrario, quando ci si rende conto che esistono birre anche al di fuori del supermercato, l’informazione deve essere il passo successivo, diversamente si finisce per continuare prendere gli X cartoni di Carlsberg per avere lo zainetto griffato.