Sebbene l’idea di aprire il blog Brewing Bad sia stata del mio primo compagno di produzione casalinga, oltre 7 anni fa, i post e tutti i contenuti sono ben presto passati nelle mie mani. Ho sempre amato la scrittura, la creazione di contenuti a tema birra è stata per me una naturale evoluzione della mia passione per la produzione casalinga. All’inizio il blog era solo un racconto delle mie esperienze, come lo erano molti altri. All’epoca in Italia non si trovavano blog ben strutturati di approfondimento e divulgazione, si imparava a fare la birra sui forum o su qualche sito vecchio stampo (quelli con le iconcine che girano, per intenderci). In alcuni casi i contenuti erano decisamente validi, ma l’approccio al racconto non mi entusiasmava e la presentazione mi faceva passare la voglia di leggere. È stato un passo naturale, per me, andare a cercare contenuti all’estero, in particolare tra i blogger americani, dove ho trovato passione, competenza e notevoli capacità divulgative.
Ovviamente avevo i miei riferimenti cartacei, le pietre miliari dell’homebrewing come i libri di John Palmer, Randy Mosher, Charlie Papazian e altri, ma il mio quotidiano era online, dove seguivo con interesse, curiosità e attenzione i contenuti proposti da alcuni personaggi che hanno, in un modo o nell’altro, influenzato il mio modo di raccontare e di fare la birra. Non amo l’etichetta di influencer né quella di blogger perché accorpano in un’unica definizione da un lato personaggi che si limitano a condividere foto a raffica (spesso di altri) con due righe di accompagnamento, e dall’altro produttori di contenuti seri, approfonditi e unici che richiedono una enorme dose di impegno e passione per poter essere pubblicati con regolarità. I personaggi di cui racconto nel seguito incarnano a mio avviso la seconda di queste definizioni, grazie agli articoli e alle informazioni che da anni propongono sui loro blog e podcast.
Michael Tonsmerie
Noto in rete come The Mad Fermentationist (sito web), Mike Tonsmeire è nato come semplice produttore casalingo. Per molti anni nella vita ha fatto tutt’altro, dedicandosi alla produzione casalinga solamente nel tempo libero. Sul suo blog, dal look un po’ retrò e non particolarmente curato dal punto di vista grafico, ha raccontato con passione e competenza le sue esperienze brassicole con un linguaggio chiaro e piuttosto rigoroso sia dal punto di vista scientifico che da quello della degustazione. Il focus principale dei suoi esperimenti casalinghi sono sempre state le birre acide e wild fermentate con batteri e lieviti selvaggi, ma sul blog non mancano riflessioni, ricette e assaggi di produzioni luppolate, spesso e volentieri nella declinazione hazy/juicy o simili. Il suo blog è stato (ed è ancora) per me un punto di riferimento e di ispirazione importantissimo, sia per le nozioni tecniche, scientifiche e pratiche sia per l’approccio strutturato alla divulgazione.
Non a caso l’esperienza di Mike si è concretizzata in un libro pubblicato dalla Brewers Association, focalizzato sulla produzione di birre wild e acide: American Sour Beers. Una pubblicazione che, seppure in un contesto di nicchia, ha rappresentato un caso di grande successo. Negli anni Mike ha maturato esperienza come giudice (se non erro ha la certificazione BJCP) ed è stato consulente per diversi birrifici – ha partecipato attivamente, con ricette e consulenze, alla nascita di Modern Times, birrificio californiano abbastanza quotato. Infine, a coronazione di un percorso pluriennale, è riuscito ad aprire il suo birrificio insieme a Scott Janish: nel 2018 ha aperto i battenti Sapwood Cellars (sito web), marchio specializzato nella produzione di birre luppolate (il “sap” del nome, che significa linfa) e passate in botte (il lato “wood”). Purtroppo, ma comprensibilmente, la costanza di aggiornamento del su blog è crollata da quando il birrificio è stato aperto, ma questo è più che comprensibile. Ultimo ma non meno importante, Mike ha creato (e a oggi ancora aggiorna) un’interessantissima infografica dove vengono esplicitati i collegamenti tra l’industria birraria e i più o meno piccoli birrifici artigianali (link).
Scott Janish
Il blog di Scott Janish (www.scottjanish.com) è stata una scoperta più recente. Dai primi post, che risalgono al 2014, si nota subito l’approccio analitico: statistiche, numeri e grafici rappresentano la maggior parte dei contenuti. Il taglio è quello dell’analisi scientifica e proprio il mondo delle pubblicazioni a tema costituisce l’essenza stessa della narrazione. Con il tempo i post si sono specializzati sul luppolo e tutto ciò che vi ruota attorno. Partendo dalla lettura attenta e rigorosa di pubblicazioni scientifiche, Janish cerca di comprendere (e raccontare) i principi e le dinamiche che entrano in gioco quando si utilizza il luppolo nella produzione di birra. I post sono spesso piuttosto lunghi e pregni di citazioni da papers e documenti accademici, ma le informazioni sono davvero molte e soprattutto sono spiegate in modo ineccepibile e ben strutturato.
Man mano che le nuove hazy/juicy IPA si sono diffuse, catalizzando sempre più l’interesse di birrai e homebrewer, Scott si è lanciato in esperimenti casalinghi, variando tipologie e quantità di luppolo utilizzate. In alcuni casi ha inviato le birre prodotte a laboratori di analisi, rivelando dati innovativi e molto interessanti sulla natura degli IBU (le unità internazionali per misurare l’amaro) e sui composti aromatici che entrano in gioco in generale sulle dinamiche della luppolatura. Il suo è un approccio che apprezzo molto: parte da letture scientifiche, ne coglie gli aspetti essenziali, li racconta in modo comprensibile, li sperimenta, e infine presenta i risultati. Anche da lui ho imparato molto, sia come homebrewer che come blogger. Recentemente anche Scott ha pubblicato un libro, focalizzato proprio sul luppolo: The New IPA. L’opera riprende l’approccio scientifico del blog, quindi non è per tutti, ma rappresenta un vero pozzo di informazioni da digerire piano piano. A differenza di Mike Tonsmeire, Scott Janish sembra non aver trovato un editore (cosa che mi ha stupito particolarmente) e ha deciso quindi di auto-pubblicarsi il libro. Insieme a Tonsmeire ha fondato Sapwood Cellars, di cui ora è l’anima luppolata. Anche in questo caso la frequenza di aggiornamento del blog ne ha risentito, con mia grande tristezza.
Marshall Schott
Marshall Schott (si legge “sciott”) gestisce il blog più contestato ma anche più seguito dagli homebrewer di tutto il mondo. Si chiama Brülosophy (sito web)e la maggior parte dei contenuti si basa su un’idea semplice ma intelligente: fare esperimenti comparativi. Lui li chiama ExBEERiments e consistono nel condurre due cotte in parallelo identiche in tutto tranne che per una specifica variabile. A volte viene fermentata la stessa birra con due lieviti diversi, altre volte il lievito è lo stesso ma la fermentazione viene condotta a temperature diverse, altre ancora cambia un singolo ingrediente oppure varia la temperatura di ammostamento. Le variabili da testare sono potenzialmente infinite, così come gli esperimenti, per condurre i quali Marshall si è avvalso nel tempo di diversi collaboratori.
L’aspetto interessante del metodo è la parte relativa all’assaggio delle due birre prodotte con un singolo esperimento. Viene riunito un gruppo di esperti e non esperti tra cui giudici BJCP, semplici homebrewer o appassionati. Si fanno assaggiare le due birre alla cieca, servendole in tre tazze di cui due contengono la stessa birra. È il classico test a triangolo in cui l’assaggiatore deve indovinare quali sono i due bicchieri che contengono la stessa birra. Se non riesce, significa che le differenze tra le due birre proposte non sono significative. Alla fine degli assaggi i risultati vengono raccolti e valutati secondo una semplice formula statistica che, in base al numero dei partecipanti agli assaggi, determina il numero minimo di successi (ovvero l’individuazione dei due bicchieri che contengono la stessa birra) necessario per considerare l’esito del test valido rispetto a una scelta casuale.
L’aspetto curioso di questi ExBEERiments è che spesso mettono alla prova convinzioni comuni e consolidate tra gli homebrewer producendo risultati inaspettati. Ad esempio è capitato che una birra fermentata con lievito a bassa fermentazione a 10 o 21 gradi non abbia passato il test del riconoscimento, ovvero le due birre prodotte sarebbero risultate indistinguibili tra loro (link). Facile immaginare come questo approccio dia spesso adito a polemiche, indignazione e contestazioni varie. Se il metodo sia davvero valido statisticamente è discutibile: probabilmente lo è, ma è il panel di assaggio, che cambia di volta in volta, a influenzare pesantemente l’esito di ciascun ExBEERiment. A ogni modo non c’è dubbio che il blog di Marshall abbia segnato la strada di molti, soprattutto come aggregatore di conoscenza. Diversi gli spin-off che sono partiti dal blog, tra cui un podcast veramente ben fatto a cui partecipano, oltre a Marshall, diversi personaggi di ottimo spessore.
Drew Beechum e Denny Conn
Tra tutti i personaggi americani del mondo della birra, Drew e Denny sono senza dubbio quelli a cui sono più affezionato e con cui mi farei volentieri un giro di birra al pub. Mi è sempre piaciuto il loro approccio scanzonato ma competente alla produzione di birra in casa, molto vicino al mio. Non si prendono mai troppo sul serio ma allo stesso tempo scavano a fondo negli argomenti cercando di raccogliere più opinioni e pareri possibili. Spesso in contrasto tra loro, un po’ come i nostri Totò e Peppino per fare un paragone azzardato ma calzante, raccontano tecniche e ingredienti proponendo sempre spunti interessanti.
Qualche anno fa hanno pubblicato un libro molto divertente, Experimental Brewing, che poi è diventato un blog e un podcast aggiornati sempre con costanza e regolarità. Mi è piaciuto moltissimo anche il loro secondo libro, Homebrew All-stars, dove intervistano i più famosi homebrewer americani. Da poco è uscito il loro ultimo libro, Simple Homebrewing, orientato proprio a semplificare il più possibile il processo produttivo per lasciare spazio al divertimento. Devo dire che mi trovo molto in linea con il loro approccio, anche se il target è meno avanzato rispetto ad altri blog che scendono in maggiori tecnicismi. C’è sempre da imparare e lo si può fare su livelli diversi. Denny e Drew sono più leggeri e divertenti rispetto ad altri, e li amo soprattutto per questo.
Dr. Lambic
Matt Miller, meglio noto come Dr. Lambic, è uno dei principali autori del Sour Beer Blog (sito web). Sebbene non sia stato tra i primi blogger che ho seguito, i suoi post mi hanno aiutato molto a capire le dinamiche che entrano in gioco nelle fermentazioni con lieviti cosiddetti “selvaggi” (soprattutto Brettanomyces) e batteri di varia natura (Pediococchi ma anche batteri lattici). Qualcuno mi ha recentemente fatto notare come tecnicamente i suoi post non siano ineccepibili dal punto di vista della nomenclatura chimica, ma i concetti sono corretti, arrivano al punto e soprattutto sono facilmente comprensibili anche per chi non mastica la chimica organica. Purtroppo per me, ma per sua fortuna, anche Matt ha recentemente aperto un birrificio incentrato sulla produzione di birre wild, acide e passate in botte: Mellow Mink (sito web). Il blog non viene più aggiornato e i suoi post già mi mancano. Peccato.
Fantastico gli home brewers si comportano come se la birrificiazione fosse una scienza nuova e invece ha più di 6000 anni. Come se fosse una cosa ancora da scoprire, come se non fossero processi scientifici , ma alchemici.
Non ho mica capito cosa vuoi dire. A parte il tono “denigratorio” verso gli homebrewer che mi pare non c’entri nulla con le figure citate nel post (ma magari ho capito male io), la ricerca sui fenomeni chimico-fisici alla base della produzione della birra è tutt’altro che ferma e consolidata. Basta pensare a tutti gli studi in corso sui meccanismi dell’ossidazione o sulla luppolatura delle juicy/hazy IPAs, giusto per citare un paio di temi. La birra si faceva anche 9000 anni fa, ovviamente, ciò non toglie che nessuno avesse idea di come la cosa avvenisse. Un saluto.
Ho letto una paio di libri di Denny e Drew, sono molto coinvolgenti, e loro anche gentili nel risponderti quando gli fai qualche domanda.