Se oltre al blog seguite anche la pagina Facebook di Cronache di Birra, tra le tante segnalazioni che riporto giornalmente forse non vi sarĂ sfuggito un recente articolo che paragonava la situazione birraria italiana a quella statunitense. Mentre qui da noi impazzano ancora le polemiche sull’aumento dell’accisa, con il governo sotto accusa per voler spremere uno dei pochi settori produttivi in crescita, nello stato americano del Michigan è in corso un’importante battaglia in difesa dei consumatori. Al centro della contesa c’è la quantitĂ di birra che finisce nelle pinte dei bevitori, che non sempre corrisponde alla misura che ci si aspetterebbe.
Come si puĂ² leggere in un articolo apparso sull’Huffington Post, lo stato federale del Michigan ha da poco approvato una legge che specifica che ogni pinta di birra venduta deve contenere almeno 16 once di liquido. Chiaramente qui per pinta si intende il tipo di bicchiere, che porta il nome dell’unitĂ di misura dei liquidi e che in america corrisponde proprio a 16 once. Il “Michigan Pint Bill”, promosso dal democratico David Knezek e da altri suoi cinque compagni di partito, recita quanto segue:
In questo stato qualsiasi locale non potrĂ pubblicizzare o vendere alcun bicchiere di birra identificato come pinta a meno che non contenga almeno 16 once di birra.
L’intervento legislativo puĂ² sembrare bizzarro e inutile, ma interviene per regolare una situazione che a quanto pare si sta diffondendo tra i pub dell’area dei Grandi Laghi: qui, infatti, sono sempre di piĂ¹ i gestori che utilizzano bicchieri a forma di pinta, ma il cui contenuto non supera le 14 once, senza tuttavia specificarne la differenza. Da un punto di vista comunicativo è una situazione chiaramente poco trasparente per il cliente.
Una simile questione, che alle nostra latitudini è difficile pensare che possa raggiungere il parlamento, è invece molto sentita in diverse realtĂ . Nel Regno Unito, ad esempio, una delle piĂ¹ accese campagne di sensibilizzazione promosse dal Camra riguardĂ² proprio un discorso analogo: al grido di “Take it to the top” e “Demand for a full pint” l’associazione inglese si mosse a favore dei consumatori, esortandoli a chiedere il rispetto della misura imposta dalla pinta. Sul sito del Camra è spiegato nel dettaglio il problema:
La quantitĂ ridotta (di birra servita nella pinta ndR) costa ai consumatori piĂ¹ di 500 sterline ogni anno. L’81% dei consumatori è favorevole a una nuova legge che assicuri la giusta quantitĂ di liquido nel bicchiere.
Il governo si prende 1 sterlina in tasse per ogni pinta venduta nei pub. Ăˆ arrivato il momento che il governo dia qualcosa indietro assicurando che ai consumatori siano servite vere pinte e non il 90% o il 95% di esse.
Incredibilmente alcuni pub educano il proprio staff affinché serva sempre pinte ridotte. Questa cinica pratica sta rovinando la reputazione dei pub nel Regno Unito.
E per quanto riguarda l’Italia? Da noi non esiste alcuna consuetudine sulle quantitĂ di birra servita, figuriamoci una legge apposita. Nel campo vige completa anarchia: ogni locale utilizza i bicchieri che preferisce, che spesso vengono venduti come “medi” o “piccoli” senza ulteriori dettagli sulle capacitĂ degli stessi. Anche quando si ricorre alla pinta, il termine si riferisce alla forma del bicchiere e quasi mai alla quantitĂ di liquido contenuto – che infatti raramente corrisponde a una pinta, americana (16 once, 47 cl) o inglese (19 once, 56 cl) che sia.
Per amor di veritĂ , occorre sottolineare che nel nostro paese l’uguaglianza semantica tra forma del bicchiere e quantitĂ di liquido è praticamente assente. Da noi una “pinta” è un bicchiere fatto in un certo modo, difficilmente uno pensa all’unitĂ di misura corrispondente. Discorso tutto diverso per gli USA o il Regno Unito, dove se viene venduta una pinta di birra (il bicchiere) contenente meno di una pinta di birra (la quantitĂ ) l’incongruenza appare piĂ¹ evidente e piĂ¹ grave.
Questa considerazione non confuta perĂ² quanto affermato poco sopra, che cioè in Italia vige una situazione a dir poco confusionaria, dove come al solito è il consumatore a pagarne le conseguenze. Pretendere che ogni pub indichi la quantitĂ di birra servita in ogni bicchiere è sacrosanto – e in effetti non sono pochi quello che lo fanno – perĂ² questo da solo non risolve il problema: come posso essere sicuro che ciĂ² che ho nel bicchiere è quanto viene dichiarato se lo stesso non offre punti di riferimento?
Il punto infatti è che molti locali utilizzano bicchieri privi di tacche, impedendo ai clienti di verificare quanta birra andranno effettivamente a bere. Diffondere l’abitudine a usare bicchieri graduati sarebbe giĂ un bel passo avanti e soprattutto un bel gesto di rispetto nei confronti di tutti i consumatori.
W il Michingan!
La pinta farlocca è un bellissimo bicchiere per l’ acqua, punto.
In Giappone fanno le 0.47 senza cappello riempite al bordo…
ultimamente nella bergamasca specialmente dove vendono birre artigianali va di moda il bicchiere da 37,5 spacciandolo per pinta meritano la forca
vorrei aggiungere un altra considerazione: questo sistema puĂ² essere anche utilizzato per aumentare il prezzo senza dirlo per non far arrabbiare la gente: se voglio aumentare da 4 a 5 €, per 2 anni lascio il prezzo a 4 ma verso meno birra (0.4 anzichè 0.5) poi quando tutti gli altri hanno messo giĂ il prezzo a 5 ritorno alla dimensione originaria facendo anche la figura che sono stato l’ultimo ad aumentare.
sottoscrivo quanto detto da Ajeje…meno birra per gli stessi 5 euro.
Forse erroneamene, un pĂ² di tempo fĂ consideravo la pinta il bicchiere da mezzo litro. Iniziamo con l’indicare la quantitĂ per bicchiere, il passaggio al bicchiere con le tacche è ancora troppo lontano e difficile da raggiungere
vi faccio l’esempio di un noto locale di Milano che serve birre artigianali vicino alla rotonda della besana …5€ per birre del lambrate servite in pinta inglese … 5,5€ per altre birre artigianali servite nella pinta da 0,4 lt… un sorso assai caro …