Sebbene l’emergenza sanitaria abbia bloccato quasi completamente il settore italiano della birra artigianale, l’attività delle associazioni di categoria è rimasta tutt’altro ch ferma. Lo dimostra Unionbirrai, che in questi mesi ha giocato su più tavoli cercando da una parte di far sentire la voce dei tanti microbirrifici in difficoltà, dall’altro di superare i problemi atavici del nostro settore in termini di burocrazia e normative. La scorsa settimana, a distanza di poche ore, sono arrivate due importanti novità da entrambi i fronti. Giovedì è stata annunciata la revisione del DPR 1498 del 1970, che di fatto permette il riconoscimento delle birre acide; il giorno prima invece era stato riportato lo stralcio dell’unico emendamento brassicolo al Decreto Sostegni, che era stato giudicato iniquo da parte di Unionbirrai. Due motivi di soddisfazione per l’associazione, che sebbene possano apparire trascurabili, hanno invece ripercussioni potenzialmente molto importanti per il futuro del settore.
Revisione del DPR 1498/70
Dietro questo Decreto del presidente della Repubblica risalente al 1970 si nasconde una delle tante storture burocratiche che la birra artigianale è costretta ad affrontare quotidianamente. Il testo, che si ricollega alla “legge madre” della birra in Italia (n. 1354/62), prevede infatti limiti precisi a diversi aspetti della birra, compresa la sua acidità. In particolare:
- la birra normale non deve superare i ml 35 NaOH N/10 per ml 100;
- la birra speciale non deve superare i ml 40 NaOH N/10 per ml 100;
- la birra doppio malto non deve superare i ml 45 NaOH N/10 per ml 100.
Si tratta di una norma vecchia di oltre 50 anni e, come al solito, plasmata sul concetto di birra che vigeva all’epoca. Sappiamo però che negli ultimissimi decenni le cose sono cambiate radicalmente e, soprattutto, che le cosiddette birre acide sono diventate sempre più diffuse. Ebbene, secondo il decreto in oggetto la stragrande maggioranza di queste birre sarebbe fuori legge, perché caratterizzata da un’acidità fuori dai limiti imposti. Si tratta di un vincolo molto stringente, che può portare gravi conseguenze all’attività di un birrificio. In passato ad esempio ha arrecato problemi a produttori come Ca’ del Brado e Birrificio Italiano. Oltre che l’acidità (totale e volatile), l’atto disciplina la limpidezza della birra e il contenuto di alcol, anidride carbonica e ceneri
Circa due anni fa Unionbirrai ha cominciato a confrontarsi con gli uffici ministeriali per cercare di superare i limiti imposti nel 1970 e finalmente il traguardo sembra a un passo. “Sembra” perché, dopo i primi annunci entusiastici, l’associazione ha dovuto fare parzialmente dietro-front rivelando che si è verificato uno stop temporaneo alla revisione formale del decreto. Niente di drammatico a quanto pare: servirà attendere all’incirca un mese per l’ufficializzazione, considerando che la proposta di Unionbirrai ha già incamerato il parere positivo del Ministero della Salute, del Ministero dello Sviluppo Economico e della Commissione Agricoltura al Senato. Intanto però la vicenda è esemplare per spiegare in quale condizioni sono spesso costretti a operare i nostri microbirrifici.
Stralcio dell’emendamento al Decreto Sostegni
Come forse ricorderete, qualche giorno fa Unionbirrai se ne uscì con una comunicazione piuttosto netta, in cui definiva “una beffa” l’unico emendamento brassicolo al Decreto Sostegni. Il motivo andava ricercato nel contenuto della proposta, che prevedeva di estendere lo sconto del 40% sulle accise ai birrifici indipendenti con produzione fino a 50.000 hl annui. Quella novità, infatti, avrebbe apportato vantaggi solo a 8 birrifici italiani, peraltro non tutti artigianali secondo la legge vigente in Italia. In altre parole, il milione di euro stanziato dall’emendamento non avrebbe avuto effetti sul 99% dei birrifici italiani: una situazione difficilmente accettabile, soprattutto in un periodo di gravi difficoltà per tutto l’ambiente.
Tuttavia, come spiegato, la scorsa settimana l’emendamento è stato stralciato con grande soddisfazione di Unionbirrai. Se era condivisibile considerare una beffa quell’eventuale aggiunta al Decreto Sostegni, rimane più difficile accogliere questa notizia con compiacimento. Non si può non rilevare, infatti, l’assoluta assenza di qualsiasi intervento di supporto economico al mondo della birra (artigianale) italiana. Insomma, a nostro avviso c’è poco da festeggiare: la beffa è stata evitata, ma ciò che rimane è il nulla assoluto e la netta sensazione di noncuranza da parte del mondo della politica. Senza considerare che comunque tra quegli 8 birrifici ce n’erano alcuni artigianali e piuttosto importanti per il movimento (Baladin e Mastri Birrai Umbri, per citarne un paio). Insomma, a nostro avviso dalla vicenda la birra artigianale esce comunque perdente, con l’ulteriore dubbio che le recenti trasformazioni politiche abbiano indebolito la posizione del settore nei confronti del governo centrale, almeno in termini di politiche economiche di sostegno.