Quando si dicono le coincidenze della vita. Nella lezione sulle birre acide che ho tenuto ieri sera per ADB Lazio abbiamo avuto il piacere di assaggiare due birre di Oud Beersel, la Oude Kriek e la Oude Gueuze. Il giorno prima le stesse birre erano state premiate rispettivamente con un oro e un argento al Brussels Beer Challenge. Non ho potuto quindi fare a meno di sottolineare la fortunata combinazione, che per me è stata doppia: in qualità di giudice avevo infatti valutato la Gueuze di Oud Beersel – e le altre in concorso – il primo giorno di assaggi. Quella del giudice birrario è un’esperienza che attira sempre molta curiosità : vuoi perché i meccanismi dei concorsi a tema rimangono piuttosto oscuri ai neofiti, vuoi perché si crede (erroneamente) che assaggiare decine di birre al giorno sia l’esperienza più piacevole del mondo. La verità è leggermente diversa e col post di oggi voglio raccontarvi com’è andata a Lovanio per spiegarvi cosa succede dietro le quinte di un contest del genere.
Se come accennato la premiazione è avvenuta domenica, le sessioni di assaggi si sono tenute nei giorni di venerdì e sabato. L’ottima organizzazione del Brussels Beer Challenge ha pensato di dividere le nostre giornate in due parti: la mattina dedicata alle valutazioni delle birre, il pomeriggio alle visite presso i birrifici della zona (su cui tornerò più avanti). Un approccio quindi abbastanza soft, possibile anche grazie al folto numero di giudici internazionali chiamati a partecipare: alla fine eravamo circa una sessantina.
Analogamente a quanto accade in eventi come questo (come ad esempio Birra dell’Anno), i giudici sono divisi in tavoli in gruppi di 5 o 6 ciascuno. Le birre in concorso erano più di 700, ma ovviamente ogni giudice non deve provarle tutte, altrimenti l’impresa diventerebbe impossibile. Piuttosto ogni tavolo è chiamato a esprimersi solo su alcune categorie: in altre parole le birre iscritte sono divise in categorie e le categorie distribuite tra i tavoli. A differenza di quanto avviene nel concorso di Unionbirrai, per le categorie più numerose non c’è stata una fase “preliminare” ad appannaggio di un tavolo e una “finale” svolta da un altro: a Lovanio ogni categoria passava al vaglio dei giudici solo una volta, indipendentemente dal numero di birre che la componevano. È una scelta che alleggerisce il compito dei giudicanti, ma personalmente preferisco il doppio turno di altri concorsi.
Ritengo essere invece una scelta molto intelligente la compilazione dell’unica scheda da consegnare ai birrifici come feedback degli assaggi. La soluzione richiede chiaramente un lavoro aggiuntivo per il capo tavolo, ma permette ai partecipanti di ottenere un giudizio coerente e in linea con quanto emerso complessivamente dalle valutazioni del tavolo. Buono l’equilibrio tra le fasi di valutazione “a testa bassa” e quelle di confronto tra i giudici, con queste ultime che rappresentano chiaramente i momenti più formativi e – perché no – divertenti di tutto il concorso.
Venendo alla mia personale esperienza, ho avuto il piacere di condividere il mio tavolo con grandissime persone e bravissimi giudici: Philippe Wouters (Belgio, capo tavolo), Virginie Di Grégorio Lanvin (Francia), Jan-Machiel Van Bragt (Olanda) e Pierre Zuber (Svizzera). Il primo giorno abbiamo valutato le categorie Weizen, Lambic & Gueuze e American Stout, il secondo Gose, English IPA e Extra Strong Bitter. Quando ho letto che ci erano capitate le Gueuze sono stato assalito da sentimenti opposti: da un lato la felicità e la curiosità di valutare uno stile così importante, dall’altra una sorta di timore reverenziale nel doverle giudicare da straniero nella loro madre patria. Senza considerare che se fosse stato premiato qualche prodotto non ortodosso, Kuaska – anche lui tra i giudici del BBC – mi avrebbe tolto per sempre il saluto! Per fortuna i risultati mi hanno confortato e mi sono ritrovato con valutazioni totalmente in linea con quelle del mio tavolo. Per la cronaca l’oro è andato alla Oude Gueuze Tilquin à l’ancienne, mentre per il resto del podio abbiamo deciso di assegnare due argenti e nessun bronzo, andati alla già citata Oude Geuze di Oud Beersel e alla BIIR 4B Oude Gueuze.
Per quanto riguarda la seconda parte delle nostre giornate, il venerdì è stato dedicato alla visita di due birrifici di grandi dimensioni: il colosso Stella Artois (vera istituzione a Lovanio) e il birrificio Haacht. Se sul primo c’è poco da dire, anche perché ve ne parlai espressamente due anni fa, qualche parola vale la pena spenderla per Haacht. Situato in un complesso di grande impatto visivo, questo produttore è ben lontano da una concezione “artigianale” di produzione birraria. La visita allo stabilimento mi ha ricordato in più occasioni quella a Stella Artois, ovviamente con le debite proporzioni. Insomma, anche in questo caso eravamo al cospetto di un’azienda tutto sommato industriale, sebbene lontana anni luce da una multinazionale del settore come AB-Inbev – proprietaria del marchio Stella Artois.
Ben più interessanti quindi le visite del sabato, che ci hanno riportato in una dimensione molto più “craft”. A pranzo siamo stati al birrificio De Kroon di Neerijse, un piccolo produttore le cui birre sono assorbite quasi completamente dal proprio locale. Trovarle in giro è quindi praticamente impossibile e in parte è un peccato, perché il livello generale è discreto, con l’eccellenza rappresentata dalla Job, una Blond Ale profumata e facile da bere. Il co-creatore di questa birra è Freddy Delvaux, professore all’Università di Lovanio, che tra una consulenza e l’altra si dedica anche alla produzione brassicola. Il pomeriggio è stato invece dedicato a Hof Ten Dormaal, azienda che qualcuno di voi probabilmente conoscerà per aver partecipato ad alcune edizioni del Villaggio della Birra. In quelle occasioni non mi aveva particolarmente impressionato, ma questa volta mi sono dovuto ricredere: tutti gli assaggi sono stati ottimi, sia che si trattasse di birre standard, sia che ne bicchiere ci fossero prodotti acidi o affinati in legno. Tra l’altro Hof Ten Dormaal è un birrificio particolare, costruito all’interno di una fattoria, dove tra l’altro sono coltivati l’orzo e il luppolo usati per le birre.
In definitiva questa al Brussels Beer Challenge è stata per me un’esperienza incredibile, e non solo perché ero al mio primo concorso birrario fuori dall’Italia. È stato un piacere rivedere tanti giudici stranieri amici e conoscerne di altri, così come passare ore a fianco di scrittori di birra che sono una costante fonte di ispirazione per Cronache di Birra (Pete Brown, Jay Brooks, Adrian Tierney-Jones). Un ringraziamento a chi mi ha voluto in giuria, a Karen per essere stata il punto di riferimento per la spedizione italiana a Lovanio e a tutti coloro che hanno reso possibile l’ottima riuscita del Brussels Beer Challenge.
Andrea, chi ti ha voluto in giuria 😀 ?
Cosa intendi?
Mi è venuto in mente di chiedertelo solo dopo aver letto le ultime righe del tuo post. Mera curiosità … sei liberissimo di non rispondere 😉
No figurati ti rispondo, però sii più esplicito 😉
La domanda la ponevo in assoluta buona fede. Non conteneva allusioni o insinuazioni di alcun genere 🙂
Non ne dubito, ma non ho capito cosa vuoi sapere. Comunque sono stato contattato dall’organizzazione tramite una mail di Julie.
Il limite, secondo me, è che un giudice che conosce molto bene uno stile o una tradizione birraria, per timore che riconosca qualche birra, viene designato in tavoli in cui si hanno stili con cui si ha meno confidenza.
Capisco sia necessario, in un certo senso, ma in qualche caso ho il dubbio che questa distribuzione non ottimale possa inficiare sul risultato finale. Poi, chiaramente, un concorso è una prova secca è va presa per quella che è.
Che ne pensi, Andrea?
Scusa Angelo però non ho capito qual è l’aspetto di partenza che stai analizzando
Il post festival è stato tranquillo oppure bellicoso come le tappe di Brassare romano?
Tranquillo, non c’era Barone a fomentare le folle 😉