La panoramica di oggi sulle nuove birre italiane si apre con ben tre novità provenienti dal Birrificio Lambrate (sito web). Le prime due, più recenti, appartengono alla linea Lambrate Seven Deadly Sins dedicata agli affinamenti in legno. La Lust (12,8%) è un’Imperial Stout invecchiata in botti di rovere americano ex bourbon per 8 mesi e poi maturata ancora in acciaio per 4 mesi con aggiunta di grue di cacao del Ghana e vaniglia Bourbon del Madagascar. Anche la Greed (12,8%) parte della stessa base (Imperial Stout) e da un affinamento analogo (8 mesi in botti ex bourbon), ma prevede un’aromatizzazione con lampone disidratato in polvere e vaniglia Bourbon del Madagascar. Sono ovviamente due prodotti estremamente complessi e particolari, da stappare per i momenti speciali. A loro si aggiunge la LBR Keller Pils (5%), disponibile da una ventina di giorni: una Pils di stampo francone, luppolata con diversi formati di Spalt Spalter, croccante e rustica, ma anche pulita ed elegante.
L’attuale predisposizione old-fashioned di molti produttori italiani ha contagiato anche il birrificio Liquida (sito web), che nelle scorse ore ha annunciato una novità dal nome inequivocabile: Time is the Enemy (6,3%). Si tratta di un’American Porter “che sfida il tempo, e lo fa con una luppolatura old school di Columbus e Chinook”, ricercando quindi suggestioni appartenenti a un’altra epoca brassicola. Per ovvie ragioni i luppoli sono protagonisti a livello aromatico, ma il loro apporto si fonde con quello dei malti speciali, riconducibile a note di caffè e cacao amaro. In bocca è piena e chiude con un amaro deciso, ma non invadente. Non è una birra che punta a ricreare qualche antichissimo stile europeo – o quantomeno a reinterpretarlo in chiave moderna – ma la sua impostazione retrò è decisamente evidente.
Su sensazioni molto simili, almeno a livello comunicativo, si posiziona la novità del toscano Chianti Brew Fighters (sito web), chiamata O’Neany (5%). Il nome richiama l’Irlanda poiché lo stile di ispirazione è quello old-fashioned delle Irish Red Ale, tuttavia “O’ nini!” è anche il modo in cui i ragazzi del birrificio venivano chiamati da piccoli dagli anziani del posto. È proprio il birrificio a spiegare meglio il gioco di parole:
“O’ nini!” – Così gli anziani ci chiamavano alla casa del popolo, da ragazzetti. Così noi adesso vogliamo rendere omaggio a quei ricordi giocando con il nome e creando una birra che dia il senso e la misura di quei giorni. Una Red Ale dal carattere maltato con delicate note di mou, nocciola e biscotto che richiama la semplicità, la spensieratezza, il bancone del pub (public house: casa del popolo, infatti) e la compagnia degli amici.
Si chiama invece Doublegod (7,5%) l’ultima nata in casa 50&50 (sito web), una DDH Double IPA che il birrificio varesino ha realizzato in collaborazione con il locale romano Yeastcoastbar e il distributore Organic Lab. È una birra robusta e muscolare, con un grist relativamente leggero che risulta funzionale a valorizzare al massimo la luppolatura, ottenuta con varietà Citra, Mosaic e Waimea. Proprio i luppoli, impiegati anche a freddo in diverse fasi della fermentazione, conferiscono decisi sentori di frutta tropicale e agrumi, supportati da sfumature di frutta a pasta gialla. Conoscendo l’ottima attitudine di 50&50 per le IPA di stampo moderno, è facile immaginare l’elevato livello di questa Doublegod.
Appartiene allo stile delle Double IPA anche la birra inedita annunciata di recente dal Birrificio LZO (sito web). Si chiama Eye of the IPA (7,8%) e rientra nella serie Drop Out del produttore veneto, composta da sole one-shot (cioè birre realizzata una tantum). La ricetta utilizza un blend di luppoli battezzato Pink Boots, perché creato dall’azienda Yakima Chief in collaborazione con l’associazione Pink Boots Society, che riunisce le donne del settore brassicolo. L’obiettivo è dunque promuovere la diversità tanto nell’industria del luppolo quanto in quella della birra, sensibilizzando l’opinione pubblica nei confronti del tema della parità di genere. In particolare il blend è composto dalle varietà Loral, Ekuanot e HBC586, che forniscono toni fruttati (agrumi e frutta tropicale) e leggermente resinosi. Il corpo è tendenzialmente morbido e il finale lungo e amaro, senza risultare spigoloso.
Concludiamo con una collaborazione che vede protagonisti i birrifici Renton (sito web) di Fano (PU) e Bondai (sito web) di Sutrio (UD). Dal loro incontro è nata la Puppets (6,8%), una one shot che può essere definita New Zealand Hazy IPA. È dunque una birra velata alla vista e succosa al gusto, con un profilo aromatico fortemente caratterizzato dai luppoli neozelandesi Motueka e Superdelic e non particolarmente amara nel finale. Molto bello lo studio grafico dell’etichetta, colorato e giocoso, che restituisce l’idea del divertimento tra amici. Proprio come dovrebbero essere le collaborazioni tra birrifici.