Si può lanciare a inizio dicembre una birra chiamata Beachfront e promuoverla con riferimenti alla spiaggia e al mare? Sì se ti chiami Andrea Dell’Olmo e la tua ossessione, oltre alla produzione brassicola, sono le onde e le tavole che le sferzano. Così l’ultima novità in casa Vento Forte – e la prima della panoramica di oggi sulle nuove creazioni dei nostri birrifici – non appartiene a stili invernali, ma si ispira piuttosto alle Gose, le leggendarie birre salate di Lipsia. La Beachfront è disponibile proprio in questi giorni ma in quantità limitatissime, anche perché una parte della cotta è destinata a una versione speciale, realizzata con aggiunta di melograni e affinata in botti di amarone (primo passaggio di birra). Se volete rivivere scampoli della passata estate sapete dunque cosa bere nei prossimi giorni.
Restiamo nel Lazio per parlare della Let Me Cryo (6,5%), produzione inedita del birrificio romano Ritual Lab realizzata in collaborazione con il Winchester Pub di Legnago. Si tratta di una IPA di stampo americano che nasconde nel nome la sua particolarità, quella cioè di aver impiegato la tanto dibattuta luppolina in polvere Cryo Hops. Sappiamo che Giovanni Faenza non lascia niente di scontato e per la presentazione ufficiale della Let Me Cryo, avvenuta venerdì scorso, ha organizzato presso il Ritual Pab di Roma un incontro informale per spiegare le sue prime considerazioni su questo innovativo ingrediente: impressioni, dosaggi, pro e contro. Tornando alla birra, è descritta come inaspettatamente elegante, con un amaro contenuto e uno spiccato carattere tropicale. La base dei malti è studiata per regalare un corpo medio e una bevuta cremosa, mentre a livello di luppolatura sono state impiegate le varietà Mosaic ed Ekuanot in polvere, in quantità non indifferente (7,5 kg per 10 hl).
Spostiamoci sulle rive del Lago di Garda per segnalare due interessanti novità provenienti dal Birrificio Manerba. La prima si chiama Monk’s Soul (7,8%) e appartiene allo stile trappista delle Quadrupel, con cui si sono confrontati non molti birrifici italiani. Protagonisti sono ovviamente il lievito e il malto: il primo si esprime con aromi di frutta matura, frutta secca e spezie; il secondo con una dolcezza avvolgente esaltata da sfumature di caramello. È chiaramente una birra dall’alto tenore alcolico, ma che nasconde molto bene la sua forza risultando pericolosamente facile da bere.
La seconda novità di Manerba si chiama invece The Belgian Queen (7,5%) e rientra nella splendida tipologia delle Tripel belghe. La ricetta segue il modello di riferimento, lasciando il palcoscenico al lievito che caratterizza il ventaglio aromatico coi i suoi esteri di frutta gialla e toni delicatamente speziati, oltre a una secchezza finale che ben si sposa con la leggera luppolatura. Qui troviamo l’unica “licenza poetica” che il birraio Alfredo Riva si è voluto concedere, poiché oltre a varietà continentali sono presenti anche luppoli americani. Insomma, se siete amanti dei grandi classici del Belgio, le novità di Manerba vi renderanno sicuramente felici.
Vi ricordate quando le birre di Natale erano delle Strong Ale aromatizzate sulla falsariga delle classiche Kerstbier, o al massimo delle Winter Warmer di stampo anglosassone? Beh, da alcuni anni il dominio del luppolo ha invaso anche questo campo e ora non è raro incrociare produzioni natalizie che appartengono a stili tradizionalmente poco affini alle festività. È il caso della Stranded Hops (8,5%), novità assoluta che il Birrificio Rurale ha realizzato per il Natale 2017. È una Double IPA che vuole essere un manifesto dell’amore per il luppolo, utilizzato in quantità generose e in varietà molto diverse tra loro. La struttura dei malti è snella e asciutta, aspetto che ne favorisce la bevibilità, ed è ovviamente dedicata a chi non vuole rinunciare all’amaro neanche sotto le feste.
Spostiamoci in Puglia per presentare due novità provenienti da Birra Salento, progetto monstre – per gli standard italiani – di cui vi parlai lo scorso aprile. La prima new entry si chiama Nuda e Cruda, entrerà nella linea Tradizione del birrificio ed è una Pils realizzata con malto 100% italiano. In realtà l’orzo è coltivato proprio in loco, poiché in parte proviene da campi di proprietà, in parte da agricoltori associati. È il frutto di una sperimentazione portata avanti fino a oggi grazie alla collaborazione con l’Università del Salento e gli esperti del Dis.Te.Ba. Il birraio che il ceco Martin Vbra.
La seconda novità si chiama ’63 Barrique (7,2%) ed è un’edizione limitata affinata per tre mesi in barriques usate in precedenza per vini di gran pregio. Prevede l’aggiunta di miele di castagno che ne arricchisce il ventaglio aromatico, dove compaiono anche note di frutta rossa, legno e caramello. A occuparsi della realizzazione di questa birra è stato invece Moreno Ercolani de L’Olmaia.
E concludiamo con la 220°, creazione del Birrificio Pavese che impiega caffè dell’azienda Mokasirs. I chicchi sono aggiunti in bollitura sulla base di un’alta fermentazione chiara: non siamo quindi al cospetto di una Coffee Stout come accade spesso in questi casi, ma di fronte a un’incarnazione di tipologie “dissonanti” come quelle già affrontate in passato. Il nome deriva dalla temperatura indicativa di tostatura del caffè, che chiaramente ne caratterizza il ventaglio aromatico, permettendo però alla birra di rimanere snella e facile da bere. A livello di sapori fondamentali il caffè contribuisce a una leggera acidità e a un piacevole amaro in chiusura.