Dopo due anni di assenza a causa di problematiche pandemiche, dal 28 al 30 maggio si è tenuta presso l’azienda Agricola Villa Canali di Reggio Emilia la sesta edizione edizione dell’Arrogant Sour Festival. Per chi non lo sapesse è un festival internazionale incentrato su birrifici operativi nel mondo “sour” e dei lieviti selvaggi, con l’ovvia presenza di produttori e blender di Lambic, inclusi i più famosi e ricercati. La formula prevede una selezione imperniata preminentemente su produzioni europee ed italiane, senza dimenticare qualche presenza di stampo statunitense e oceanica, con alcuni nomi ben conosciuti e altri meno noti anche agli appassionati e pro più attenti alle segmento delle birre acide. Gli assaggi quindi permettono di soddisfare sia chi cerca realtà consolidate e in hype del mondo sour, sia chi è interessato a scoprire produttori poco conosciuti, che potrebbero presto assurgere agli onori delle cronache e diventare in seguito molto ricercati.
Quest’anno le novità sono state diverse, a partire dalla location: l’Agricola Villa Canali, splendida azienda agricola immersa nella campagna reggiana proprio alle porte della città. Dopo una breve camminata per un viale non asfaltato circondato da campi coltivati, ho raggiunto la sede del festival. Mentre curiosavo per scegliere cosa prendere, ho subito notato il Lambic corner munito di punto spine e gli stand delle “Osterie Spontanee”, che rappresentavano l’offerta food del festival. Proseguendo, dentro quello che sembrava un ampio magazzino era allestito lo shop del festival, con merchandising e soprattutto l’offerta in bottiglia e al bicchiere, che mi è sembrata molto ampia e qualitativamente importante, con referenze, tra le altre, di Bokke, Cantillon e Antidoot. Il bancone spine invece era posizionato sotto una tettoia e presentava più di sessanta spine. C’erano inoltre alcuni stand con produttori di spezie, cioccolato, sidro, fermentati e altro ancora.
La location offriva spazi veramente ampi, totalmente immersi nella campagna, e il meteo ha contribuito in modo decisivo a creare un’atmosfera molto gradevole, rilassata e conviviale, che mi ha ricordato quella del Pajottenland. L’Arrogant Sour Festival, tuttavia non è solo mera offerta in bottiglia e alla spina: numerose infatti sono state le degustazioni guidate, i seminari e i workshop a tema, anche con la partecipazione dei birrai. Questi ultimi, anche grazie all’atmosfera appena descritta, si sono rivelati sempre molto disponibili a scambiare quattro chiacchiere e soddisfare le curiosità e le domande (talvolta anche piuttosto tecniche) degli appassionati presenti. Gli assaggi funzionavano a gettoni (1 gettone = 1 euro), mentre il costo delle singole birre partiva da tre gettoni per un bicchiere da 150ml munito di tacca.
Veniamo alle bevute, concentrandoci soprattutto sui birrifici stranieri. Conferme sono arrivate da Antidoot (sito web), che si è distinto con L’Ambigu Orange (8%), birra senza alcun sentore acetico né eccesso di acido citrico o di zuccheri della frutta, con una fruibilità da applausi nonostante l’alta gradazione alcolica. Molto bene anche Wild Creatures (sito web) e Het Boerenerf (sito web), rispettivamente con la Femme Fanale (7%), dove le ciliegie regalavano note avvolgenti e il profilo citrico risultava molto ben gestito con una gradevole nota di limone molto persistente, e con la Kriek (7%), dove il profilo fruttato mostrava una grande intensità e persistenza, senza sfociare in eccessi citrici, corredato da note di mandorla, marzapane e cuoio.
Deludente invece Ammonite (sito web), sia con la Arbre (6%) che con la Occursum #2 (6,5%), con il denominatore comune di un’impronta acetica sopra il livello di guardia, unita, in riferimento alla seconda birra, a delle note tanniche un po’ sgraziate. Male La Montagnarde (sito web) per quanto attiene la Triple Buse (6,5% abv), gravemente penalizzata da una pesante impronta acetica già al naso.
La mia predilezione come birra del festival è andata, tuttavia, ad una referenza italiana: la Secondo Noi di Sieman (5,9%), fermentazione spontanea in coolship invecchiata per 24 mesi in botte di rovere, nella quale ho trovato una carbonazione ben centrata e una grande pulizia nelle note di pesca, ananas e frutta tropicale rese dal Brettanomyces Claussenii, oltre a sentori di cuoio, note di tè e agrumate, il tutto condito da un corpo medio ed una persistenza ottimale. Birra elegante, di grande soddisfazione.
Un nota di merito va sicuramente all’offerta food della manifestazione. A memoria non ricordo un festival dove si è raggiunto un simile livello qualitativo, che definirei quasi eccellente. Personalmente ho provato i piatti del Ristorante Consorzio di Torino e della Trattoria Da Lucio di Rimini e sono rimasto impressionato molto favorevolmente. Non mancherò di prenotare un tavolo qualora mi capitasse l’occasione di essere nelle rispettive zone. Impossibile non citare infine il prezioso lavoro della stragrande maggioranza dei publican impegnati dietro le spine e presso lo shop, dove non sono mancati momenti di pressione dovuti al forte afflusso di persone. In una parola, impagabili.
In conclusione, quest’anno le bevute delle domenica mi hanno maggiormente soddisfatto rispetto a quelle del sabato. L’Arrogant è un evento che sicuramente consiglio a tutti coloro che ovviamente hanno una predilezione per il mondo sour, amano i festival con atmosfera serena, conviviale e rilassata, condita da qualche vena di goliardia. Certo, per quanto riguarda le prossime edizioni, nel caso venisse confermata la sede di quest’anno, sarebbe auspicabile un miglioramento del servizio navetta tra Piazza della Polveriera e la location del festival, prevedendo magari una navetta ad orari fissi anche da e per la stazione di Reggio Emila AV. Inoltre, si potrebbe immaginare di limitare alla sola mescita al bicchiere le referenze più gettonate, in modo che non vadano sold out nelle primissime ore del festival.