Quando tra appassionati si parla delle scene estere più importanti, uno dei primi argomenti che si affrontano è relativo ai birrifici ancora poco conosciuti in Italia, ma che stanno facendo parlare di sé nel proprio paese di origine e non solo. In altri termini, produttori stranieri che nel breve e medio termine potrebbero diventare molto ricercati e in grado di salire sulla “cresta dell’onda” della scena europea, in virtù di diverse ragioni e variabili. Tra queste ha acquistato crescente importanza la reperibilità on line presso beershop internazionali, stanti le attuali nonché ovvie difficoltà a recarsi all’estero e l’altrettanto ovvia assenza di eventi birrari. In tal senso attualmente ci appaiono degne di nota due realtà che per certi versi risultano quasi antitetiche, a cominciare dal punto di vista geografico; Pentrich Brewing, situato nell’omonima cittadina del Derbyshire, in Inghilterra, e Metaphore Artisanal Brewing, di base a Praga.
Pentrich Brewing
Fondato nel 2015 da Joe Noble e Ryan Cummings, che due anni prima avevano cominciato a cimentarsi a tempo perso con l’homebrewing, Pentrich Brewing si è fatto conoscere a livello locale soprattutto per le proprie birre prodotte in cask (Ipa, Pale Ale, Double Ipa, Bitter). La fama a livello nazionale è arrivata non solo con birre luppolate, ma anche con recenti produzioni rientranti nelle tipologie Porter, Stout e Scotch Ale. Il tutto sempre in chiave moderna e innovativa, a detta dei fondatori Joe e Ryan, i quali peraltro non fanno mistero di concentrare la produzione su creazioni che rientrano nei loro gusti e che essi stessi vorrebbero in primis bere. Inoltre, non si può far a meno di notare che, sebbene sia una realtà di modeste dimensioni, dotata di impianto Malrex da 15 barili senza taproom, Pentrich ha puntato fortemente sulle lattine, dotandosi di canning machine all’inizio di quest’anno e tralasciando, a nostra memoria, almeno per ora fusti e bottiglie e avvalendosi del proprio shop on line. Una scelta che comincia a essere abbastanza frequente fra i birrifici del Regno Unito, e a oggi molto comprensibile a mio modo di vedere, viste le attuali vicissitudini di pub e affini.
Virando sugli assaggi, la scelta è ricaduta sulla Dead Earth (8%), Double Ipa realizzata con luppoli Simcoe e Mosaic, oltre al blend di luppoli Falconer’s Flight. La Dead Earth si presenta torbida, hazy, con una frizzantezza contenuta (personalmente, per queste tipologie di birra prediligo la pinta facendo molta attenzione a preservare la carbonazione), sentori nasali di melone, mango, pesca e agrumi gialli (pompelmo). Il gusto ricalca l’olfatto, con la pesca e il mango in maggior evidenza; il corpo è importante, cremoso, con note di avena piuttosto evidenti, notevole l’intensità, buona persistenza, quasi masticabile, e presenza alcolica ben nascosta. Il finale rimane nel profilo amaricante di intensità media, con sentori di frutta tropicale e pesca e buona persistenza. Nessuna nota vegetale o di cipolla, tantomeno hop burning. Birra sicuramente soddisfacente, da non perdere per gli accoliti della “hazy wave”.
Metaphore
Metaphore è invece una beer firm e per essere più precisi, a detta del birraio Jiri Sladek, una “one man band project”. Il suo fondatore a partire dal 2019 ha cominciato a brassare le proprie birre presso il birrificio ove era impiegato e all’inizio del 2020 ha cominciato a dedicarsi a tempo pieno al progetto Metaphore, seguendo personalmente, e da solo, tutte le fasi del processo produttivo. La gamma si focalizza sulle fermentazioni spontanee e miste, anche con l’ausilio del coolship e dell’ invecchiamento in botti, per lo più di rovere. Sebbene le birre di Metaphore non siano blendate con Lambic, appare chiaro come siano ispirate allo stesso, ovviamente reinterpretate secondo il metodo del birraio (”methode Jiri”), mostrando al contempo un occhio di riguardo alle realtà statunitensi che incentrano la propria produzione sulle fermentazioni miste. In aggiunta, appare non trascurabile sottolineare il forte legame con il territorio e il ”terroir” di Metaphore, visto che la stragrande maggioranza degli ingredienti utilizzati, dai cereali alla frutta passando per i luppoli, proviene da produttori locali e segue fedelmente le disponibilità stagionali. La produzione di Metaphore è a oggi piuttosto esigua e di non facile reperimento; tuttavia, a breve termine sarà incrementato il numero di referenze disponibili e verrà creato un membership club, con conseguente allargamento della “squadra” di Metaphore, mentre a medio termine l’obiettivo è la costruzione di un proprio birrificio.
Per quanto concerne le bevute, la Here and Now Cherry (7,5%) è una birra fermentata spontaneamente con raffreddamento in coolship, non blendata e invecchiata in botti di rovere per circa 12 mesi con aggiunta di ciliegie. Si presenta con un colore rosso rubino e al naso pervengono immediatamente le note delle bucce di ciliegie mature e della relativa polpa, seguite da sentori di cuoio, fieno e di cantina, senza alcun accenno olfattivo richiamante la pelle di salame. L’ingresso in bocca si staglia con una carbonazione medio alta, una lievissima nota lattica, ancora ciliegia matura, marasca, chiodi di garofano, spezie dolci e un lieve sentore di vaniglia. Il corpo è medio e appropriato e risulta molto persistente e abbastanza rotonda, con un profilo tart scevro da eccessi di citricità, nonché da qualsiasi deriva riconducibile all’acido acetico. Il finale è lievemente aspro senza sfociare nell’astringenza, dominato dalla polpa della ciliegia matura, da fiori bianchi, con la vaniglia in maggior evidenza. Birra molto soddisfacente che mi ha ricordato per l’uso della frutta un produttore belga recentemente, e per quanto mi consta, meritatamente, assurto agli onori della cronaca – lascio a voi capire a chi mi riferisco, dopo aver assaggiato la Here and Now Cherry. Personalmente, non mancherò di bere altre referenze di Metaphore avendone la possibilità, fermo restando che sarei molto curioso di vedere all’opera il birraio sul suo impianto personale.
In conclusione, Pentrich e Metaphore sono due realtà sicuramente molto interessanti, che ritengo faranno parlare di sé e che a mio parere hanno tutte le carte in regola per entrare nell’orbita di un vivo interesse degli appassionati più attenti alla scena internazionale e, spero, anche dei “pro” del settore.