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Kvass: la birra di pane della Russia tra tradizione e moderna riscoperta

Lo ammetto: in questi mesi mi sono molto divertita a seguire le pubblicazioni social di quelli che chiamo “i panificatori da quarantena” e mi sono spesso chiesta cosa avrebbero fatto di tutte quelle produzioni casalinghe. Tra le soluzioni per il riciclo e contenimento degli sprechi, mi è tornata in mente una bevuta curiosa durante uno dei molti festival birrari a cui ho partecipato: una birra liberamente ispirata al Kvass (o Kvas) e prodotta con pane di segale. Complice il maggior tempo a mia disposizione in questi mesi di isolamento, mi sono divertita ad approfondire le caratteristiche di questa strana tipologia brassicola.

Secondo la definizione moderna, il Kvass è una bevanda tipica dell’Europa dell’Est, a basso profilo alcolico, prodotta con cereali misti fermentati o con pane, talvolta aromatizzata o contraddistinta dalla presenza di frutta o dolcificanti, lievemente carbonata, in alcuni casi piatta. Una definizione piuttosto vaga, sinceramente, che ha avuto l’effetto di scatenare ulteriormente il mio istinto investigativo, puntando alle fonti.

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Storicamente le prime citazioni del Kvass rimandano all’anno mille, all’interno della “Cronaca degli anni passati”, opera molto importante per la storia dell’Europa orientale in epoca medievale. Attribuita ad un monaco di nome Nestore – anche se pare opera di diversi autori – la cronaca riporta fatti risalenti alla Rus’ di Kiev, una sorta di monarchia instauratasi alla fine del IX secolo e conclusasi con l’avvento dei mongoli. Più volte troviamo questa bevanda tra le pagine del testo, con riferimento ad esempio alle celebrazioni associate al battesimo del Principe Vladimir nella città di Kiev, festeggiamenti che avevano visto la distribuzione di cibo, miele e Kvass a tutti i cittadini. Il Kvass diventa velocemente la bevanda sia della popolo che della nobiltà.

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Per trovare tracce di una ricetta bisognerà invece attendere ancora 500 anni e la pubblicazione del Domostroj, un compendio di regole per le casalinghe russe risalente al tempo di Ivan il Terribile. Nella parte dedicata alle ricette troviamo anche quella del Kvass; tra gli ingredienti compaiono il miele, oltre a una pagnotta, dell’acqua e quel componente misterioso che ancora non era conosciuto come lievito.

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In parallelo, un forte impulso allo sviluppo di questa bevanda arriva dal monastero di Savvino-Storozhevsky a Zvenigorod, dove nel XV secolo iniziò una produzione di Kvass tradizionale tra i migliori al mondo, tradizione che continua ancora oggi. Con il regno di Pietro il Grande la popolarità del Kvass è massima tanto da essere bevuta da tutta la popolazione, bambini compresi, in ogni ora della giornata. Alle proprietà dissetanti si affiancano qualità nutrienti e salutari grazie all’aggiunta di frutta, fonte di vitamine contro lo scorbuto e altre malattie. La tradizione trova diverse applicazioni a livello locale, sulla base degli ingredienti disponibili e delle ricette tramandate agli eredi. Addirittura troviamo il Kvass come ingrediente base di una zuppa contadina chiamata okroska.

Un detto russo recita: “Un cattivo Kvass è comunque meglio di una buona acqua”, ma la fine del comunismo segna un momento critico per la storia di questa bevanda. Senza il supporto economico dello stato, infatti, produrre Kvass nel modo tradizionale diventa estremamente costoso e molti produttori chiudono; altri invece per sfruttare un mercato comunque fiorente deviano verso prodotti di qualità più scadente e con utilizzo di conservanti e aromatizzanti. La crisi russa del 1993 segna un vero spartiacque tant’è che ancora oggi il Kvass tradizionale viene indicato facendo riferimento alle produzioni pre-1993.

Molte sono le ricette che si possono trovare online, se volete cimentarvi anche in produzioni casalinghe; grazie agli studi di Dan Woodske, proprietario della Beaver Brewing Company e grande appassionato di Kvass, questa bevanda si è fatta conoscere ed apprezzare anche al di fuori dei territori di origine. La versione americana del Kvass vede l’utilizzo di pane di segale, limoni, uvetta e ovviamente acqua, con una sorta di fermentazione spontanea ed un prodotto finale da consumarsi in pochi giorni.

Quindi, se vi avanza del pane, non buttatelo e buon Kvass!

Alessandra Agrestini
Alessandra Agrestini
Bellunese di nascita, bolognese o meglio sanlazzarona d’adozione. Dicono di lei: "Una mente in continuo fermento che si entusiasma quando si parla di birra artigianale. E soprattutto porta sempre da bere ottime birre!". Consulente e divulgatrice birraria freelance, collabora con diverse associazioni per docenze e corsi a tema birrario. È anche giudice internazionale.

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1 commento

  1. Data la mia passione per la lingua russa e cose correlate (oltre che per la birra) ho provato qualche volta a fare il kvas.
    Partire dal pane non è facile e a me viene una notevole poltiglia che non ho voglia di filtrare, ma per questo vengono in aiuto dei prodotti appositi che risolvono il problema. Nelle città un po’ grandi dove ci siano negozi alimentari russi o comunque dell’Europa dell’est si trovano facilmente questi prodotti, che sono sostanzialmente bustine di estratto (un po’ come i “kit” per la birra casalinga) con in allegato la bustina di lievito. Io poi a questi aggiungo cose come una mela o qualche foglia di menta, faccio bollire brevemente e faccio fermentare. La sanitizzazione dell’attrezzatura e delle bottiglie è fondamentale come sempre.
    Si può fermentare con estrema facilità sia perchè bastano 24 ore o giù di lì, sia perchè a differenza della birra il kvas non soffre l’ossigenazione, quindi si può usare un semplice boccione da 5 l tipo quelli dell’acqua distillata per il ferro da stiro e imbottigliare con un semplice imbuto splashando senza pensieri. Naturalmente, come per la birra, si aggiunge in bottiglia la necessaria dose di zucchero per la carbonazione. Pronto in pochi giorni, da bere d’estate fresco di frigo come la coca cola. Arriva sì e no a 1 grado alcolico. Provoca dipendenza.

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