Nel viaggio intrapreso intorno alle tradizioni culinarie regionali, non poteva mancare Napoli, tra le capitali della cultura gastronomica del Belpaese. Oltre alla sua bellezza di città a tratti estasiante, all’irresistibile vivacità, al grande fascino dei musei e dei centri d’arte, alle qualificanti cornici del mare e del parco del Vesuvio, oltre alla storia stratificata degli importanti regni che vi si sono succeduti, il capoluogo campano è stato fonte d’ispirazione per numerosi cuochi e artigiani e punto di smercio di cibi che, grazie al grande mercato cittadino, si sono affermati e poi diffusi ovunque: pensiamo, tra gli altri, al sorbetto, al gelato, alla pizza, alla pasta secca, alla mozzarella di bufala, oggi comunemente presenti sulle nostre tavole e che vengono considerati simboli alimentari dell’Italia nel mondo.
Se la cucina di tradizione è una certezza assoluta, uno dei sorprendenti motivi che per il bevitore di artigianale può rappresentare motivo di una visita, è una realtà brassicola tutta da scoprire, ricca di qualità e d’entusiasmo. Oggi, infatti, la città e la regione (dove peraltro, nel 1985, nacque il primo microbirrificio artigianale italiano, a Sorrento) vivono un momento di crescita, sia a livello produttivo, con tanti birrai che godono di meritata considerazione a livello nazionale, sia in termini di locali di somministrazione. Per motivi di spazio, la selezione dei piatti ci ha costretto a scelte dolorose, ma non impedito di rendere il giusto onore ad una cucina tanto ampia da vantare eccellenti ricette sia di mare e che di terra.
Antipasti: moscardini in cassuola e pizza di scarola
Si può principiare con dei semplici e gustosi moscardini in cassuola, serviti su crostoni di pane abbrustoliti: la Granum dell’irpino Serrocroce è una birra straordinariamente interessante, con le doti odorose e tattili (citrica e speziata, acidula e secca) che ben si integrano con i piccoli cefalopodi. Se con questo piatto non gradite integrazioni aromatiche, potete stappare una classica hellerbock che vi accompagnerà con le sue cadenze maltate.
Incipit alternativo, da contesto più conviviale, è la pizza di scarola, che racchiude tutta la saggezza delle torte rustiche, scrigno di squisiti sapori: ottime compagne possono essere la Clelia, blanche di del napoletanissimo Maneba, premiato birrificio fondato da Nello Marciano, o la raffinata Syrenthum di Birrificio Sorrento, che aggiungeranno piacevoli note di agrumi dolci, ben assecondando l’irresistibile morso e ripulendo efficacemente la bocca.
Primi: pasta alla genovese e sartù di riso
Proseguiamo con un irrinunciabile classico, che già dal nome suggerisce gli inestricabili (finora) intrecci storici che l’hanno creato: la pasta alla genovese, con le sue dolcezze proteiche e il suo accomodante gusto umami. Possiamo accoppiarci la Carpe diem del cilentano Rudeboy, che accompagna con i malti e serra delicatamente la bevuta grazie alla rotondità del luppolo; oppure la particolarissima Zimmaro, di Bella ‘Mbriana, una complessa creatura a fermentazione spontanea caratterizzata da mosto d’uva (di caprettone pompeiano) e maturazione in legno: con essa andremo a giocare sull’incontro tra complessità aromatiche e sulla proficua relazione tra la tendenza dolce delle carni e della pasta con l’elegante acidulo.
Altra possibilità di primo è il sartù, uno dei piatti più rappresentativi della genialità culinaria partenopea. Tra gli ingredienti figurano mozzarella, strutto, sugo di funghi e piselli, salsiccia, polpettine fritte, fegatini soffritti, pecorino, uova intere, cipolle e numerose erbe aromatiche: ne risulta una sorta di ciambellone fatto col riso, nella cui versione moderna c’è anche il sugo, che fra preparazioni e attese richiede circa un giorno e mezzo di lavoro. Qui necessitiamo di una birra con corpo, carattere e alcol apprezzabili e una capacità di relazionarsi al piatto in più fasi: interessanti scelte d’ispirazione belga e complessità aromatica possono essere la Rescignana di Birrificio Borrillo, che mostra pienezza di sorso, luminose note di frutta secca e disidratata e giusta asciuttezza, o la Belgian Trip di Lievito e Nuvole, speziata, dalla piacevole persistenza gusto-olfattiva e dalla buona chiusura secca.
Secondi: coniglio all’ischitana e polpetti alla luciana
Tra i secondi abbiamo scelto il coniglio all’ischitana e i polpetti alla luciana. Nel primo caso è essenziale la qualità dell’allevamento del coniglio (“di fossa”, rigorosamente) e consigliato l’abbinamento con una APA “vecchio stile”, caratterizzata da una morbida componente maltata e da un buon equilibrio generale tra luppoli e malti. La Carminia di Karma (Alvignano, CE) e la Ghibli di Sud (di Castellabate, SA) rispondono a questi requisiti, esortando con gli intriganti profumi fruttati, facendo da sponda “dolce” in bocca e chiudendo con il gradevole amaro.
All’opzione marina, dalla ricetta semplicissima e originaria del quartiere di Santa Lucia, con prezzemolo, aglio, pepe e succo di limone, abbiniamo invece una IGA con mosto bianco come la Ligia di Sorrento, vera sposa elettiva, oppure una saison profumata e secca, come la splendida Belle Saison dell’imperdibile Birrificio dell’Aspide. Le due “signore liquide”, pur esibendo sentori molto diversi, lasceranno una bellissima pulizia di bocca e contribuiranno all’incontro con l’apprezzabile speziatura e una lunga, splendida sapidità.
Dolci: pastiera
Affidiamo la conclusione all’indispensabile pastiera napoletana, che non ha bisogno di presentazioni e che storicamente era riservata alle festività pasquali: l’incontro tra le dolcezze e le note di tostatura e torrefazione di due corpose e validissime imperial stout come la Zarina di Aspide e Na’ tazzulella ‘e cafè di Karma, sarà chiosa di puro piacere.