Le risate, il barbecue, la brezza dell’oceano, il sole che tramonta. Si tratta di uno scenario australiano nella sua migliore interpretazione. Condizioni perfette per uno schooner di birra, o forse due. L’unica sfida è decidere quale birra bere. Eh già, grande dilemma.
Durante la mia permanenza a Melbourne ho avuto modo di scoprire e apprezzare un movimento più che mai attivo sulla scena birraria australiana. Un movimento fatto di storie, persone, ingredienti locali e cultura del bere. Slogan come “drink local beer” rivelano, infatti, l’esistenza di una folta cerchia di appassionati: un fenomeno costituito non solo da beer geeks, ma alla portata di tutti. È stato un viaggio fatto di ricordi, incontri, partecipazioni a festival e cotte pubbliche. Ma andiamo per gradi.
Il difficile cammino dei birrifici craft
Secondo quanto riportato qualche tempo fa da Charlie Papazian, a breve in Australia l’85% del mercato della birra artigianale potrebbe finire nelle mani di colossi industriali. Attualmente più della metà dei birrifici artigianali sono legati alla grande industria. Una situazione accentuata recentemente dalle manovre di due giganti del settore: Lion e Sab Miller. Grazie all’acquisizione della maggior parte delle quote societarie dei birrifici considerati craft, queste multinazionali hanno sottratto una fetta considerevole di valore di mercato ai produttori indipendenti.
D’altro canto, però, è impossibile non percepire una decisa inversione di tendenza. Nell’ultimo decennio, infatti, il colosso dell’industria Victoria Bitter ha perso il 20% del suo mercato di riferimento. L’impressione avuta è che le caratteristiche sociali del movimento sono equiparabili alla rivoluzione birraria che sta prendendo sempre più piede in Italia, grazie soprattutto al grande interesse per la birra di qualità. La maggiore consapevolezza nelle persone ha aumentato anche la conoscenza del prodotto stesso, facendo apprezzare quelle che sono le caratteristiche di una birra di qualità in termini di profumo, freschezza e gusto.
I birrifici artigianali australiani sono distribuiti in po’ in tutto il Paese, attestandosi sulle 150 diverse realtà (fonte The Crafty Pint). Sono per lo più piccole imprese inserite su scala ridotta. Questo aspetto comporta non pochi problemi, in primis la necessità di differenziarsi: fornire un’immagine più credibile a discapito delle grandi industrie è imprescindibile.
Support your local beer
Ciò che mi ha più positivamente colpito del movimento australiano è la consapevolezza del bere “craft”. L’impressione avuta in questo viaggio è che la fruizione propria della birra artigianale sia alla portata di tutti: prezzi onesti, vetrine frigo dedicate e bottle shop sparsi un po’ dovunque. Non è strano, invece, trovare accostata alla birra di qualità i marchi industriali.
Quest’ultimo aspetto è una delle cose che ho trovato meno apprezzabili. Ad esempio, White Rabbit Brewery è una azienda controllata dal colosso Lion. Ho avuto modo di assaggiare tutte le loro creazioni direttamente presso il brewpub, situato a 20 km a sud di Melbourne, e di artigianale, credetemi, hanno ben poco. Ho avuto quindi la conferma che l’interesse delle grandi industrie è evidentemente di escludere dai giochi i piccoli produttori, finendo però col disorientare il consumatore finale.
Se infatti è vero che il mercato artigianale è in rapida espansione e con esso anche il livello di conoscenza intrinseca del prodotto birra, simili strategie rischiano di portare il fruitore abituale verso una standardizzazione gustativa nelle abitudini del bere. Un po’ come sta accadendo in Italia con Poretti e ultimamente con birra Moretti. Ma questa è un’altra storia.
Australian Pale Ale: orgoglio nazionale
Dando uno sguardo all’interpretazione stilistica propriamente australiana, non esistono dei canoni ben precisi per inserire le loro birre in determinate categorie. Gli stili più apprezzati dagli amanti di birra artigianale in Australia sono senza dubbio le Ales di ispirazione anglo-americana. Si possono trovare facilmente ottime IPA, American Pale Ale e Amber Ale prodotte da birrifici locali. Diciamo anche che l’orgoglio nazionale ha dato vita a precisi sottostili che si fanno apprezzare dagli appassionati come me: mi riferisco in particolare alle tante Australian Pale Ale e Austalian IPA che ho avuto occasione di bere. Per render l’idea di quanto popolare sia questa sottocategoria stilistica, circa il 30% delle birre presenti al Ballarat Beer Festival faceva riferimento a queste tipologie.
Il tocco “Aussie” delle luppolature, però, ha stuzzicato il mio interesse e ciò mi ha permesso di apprezzare la bravura dei birrai locali nel sapiente utilizzo delle materie prime. Ricordo con piacere un’ottima Australian IPA allo stand della Hawthorn brewery, premiata con la medaglia d’oro all’International Beer Challenge di Londra. Il birraio, appena ha appreso della mia nazionalità, è riuscito a farmi sentire ancora più orgoglioso di essere italiano esclamando con convinzione: “I love Italian craft beer!”. E non è un caso che conoscesse anche Leonardo Di Vincenzo: è proprio in Australia che il fondatore di Birra del Borgo ha recentemente aperto il suo nuovo birrificio Nomad. Coincidenze vere o presunte tali, è stata comunque per me un’esperienza piacevole e inaspettata.
Nel complesso non è difficile comprendere come la scena birraria australiana stia vivendo un momento di transizione, caratterizzato da entusiasmo, ma anche da profonde contraddizioni. La percezione che, nonostante tutte le difficoltà, il movimento craft stia crescendo con passione è evidente. Nella seconda parte del mio resoconto approfondiremo ulteriormente il discorso, analizzando l’organizzazione e la diffusione della birra artigianale in Australia.
Buongiorno. Questo articolo mi e` stato segnalato da un carissimo amico (aggiungerei mooolto esperto di birra), e sono davvero curioso di leggere la seconda parte. Abito da quasi 3 anni a Perth e devo dire che qui ci sono un paio di birrifici niente male, il migliore dei quali e` decisamente Feral Brewing (consiglio la Hop Hog). Poi c’e` Little Creatures che ha uno stampo piu` “industriale”, ma la sua pale ale e` molto ben fatta. Nail Brewing e` un altro produttore da tenere in considerazione.
Nota di folklore: qui la peroni/nastro azzurro e` ritenuta una buona birra, principalmente per tutta la promozione che il gruppo di riferimento (CUB se non ricordo male) fa in giro per l’Australia.
Ciao Fred! Spero ti sia piaciuta la mia prima parte sull’analisi del movimento australiano. Bene, allora ti invito a leggere la seconda parte dove ne descriverò la diffusione e l’organizzazione. In parte conosco i birrifici cui fai riferimento. Nella terza ed ultima parte, infatti, racconterò le birre ed i birrifici che ho avuto modo di conoscere. Un saluto.
G’day Antonio. La prima parte e` interessante e interessante sara` leggere il resto. Io ho provato qualche birra della East Coast australiana, e devo dire che sono molto buone… ma a mio parere la migliore, come gia` accennato, rimane la Hop Hog di Feral. Ovviamente questo e` un parere personale (tra l’altro da non espertissimo), ma leggendo varie recensioni pare sia una delle migliori in Australia. Comunque anche la zona di Perth e` ricca di birrifici, piu` o meno buoni. Oltre ai 3 gia` citati ce ne sono alcuni nella zona di Margaret River (300km a sud di Perth).
Grazie per i consigli. Spero di poter ritornare presto in Australia e visitare anche la west coast così da avere una panoramica generale del movimento brassicolo locale. Chissà, magari ci incontreremo e condivideremo un paio di schooner! See ya!
no worries mate!