Se non ne potete più di ascoltare tutta la saga halloweeniana di “dolcetto o scherzetto”, ma adorate (gastronomicamente) la zucca, allora siete in buona compagnia. Ortaggio bello da vedere, con tante varietà di forme e di colori, conservabile a lungo e dalle mille declinazioni culinarie, la zucca trova in questo periodo dell’anno il suo momento migliore. Grazie a secoli di esperienza in campo, la stagione di raccolta è stata allungata e diversificata, ma essendo una pianta esigente in tema di apporto nutrizionale e che soffre il freddo, si preferisce piantarla in primavera e raccoglierla in autunno. La zucca americana, quella più diffusa, appartiene alla famiglia delle cucurbitacee ed è da considerare come una tra le principali piante dei c.d. “scambi colombiani”, visto che in Europa e Africa esisteva solo la meno versatile Lagenaria siceraria (zucca “a fiasco” o “cocozza”), il cui uso testimoniato già ai tempi degli antichi Egizi.
Abbiamo così deciso di giubilarla a modo nostro, creando un menu che la rendesse meritata protagonista: la “solita scusa” per mettere qualche birra alla prova dell’abbinamento col cibo.
Antipasto: zucca e cavolfiore arrosto con crescenza e tartufo
Un antipasto composto da zucca e cavolfiore arrosto con crescenza e tartufo nero, ci fornisce l’abbrivio. Una ricetta molto interessante, presa dalle pagine della storica rivista La cucina italiana, perché riesce a mescolare i toni morbidi della zucca e della crescenza (che si porta in dote anche una lieve vena acidula) con quelli intensi e “verticali” del tartufo e con quelli aromaticamente precipui e spigolosi del cavolfiore (sulfurei). Un’equilibrata asimmetria, una partenza garbata e stuzzicante.
Per quanto riguarda l’abbinamento andiamo sulla Special 13°, Polotmavé dell’importante produttore ceco Unětický: una tipologia (letteralmente mezza scura, cioè ambrata) tra le meno frequentate anche in patria. In Italia ancora non facile da reperire, ma per fortuna, visto l’interesse che hanno risvegliato le basse fermentazioni negli ultimi anni, alcuni distributori hanno deciso di importare stabilmente le birre ceche della tradizione. Manifesta una certa morbidezza maltata, nessuna particolare scodata amara da luppolo – usato come equilibratore – e gradazione alcolica pari al 5%. A livello aromatico, oltre l’identitaria (ma sottile) spennellata diacetilica, si offre con riconoscimenti tostati (nocciola), di panificato (biscotto mediamente cotto), caramellati e vagamente terrosi, mentre in bocca la capace asciuttezza finale diventa essenziale elemento per detergere le tracce gustative del piatto. Rimane un lontano ricordo del tartufo, che si mescola con quello lattico e caramellato, lasciando una bocca “nuova” e soddisfatta.
Primo: gnocchi di zucca con amaretti al burro
Come primo, gnocchi di zucca con amaretti al burro, una delle migliori espressioni gastronomiche dell’arte culinaria mantovana: l’aromaticità tipica della zucca e degli amaretti, la lubrica mollezza del burro fuso e dell’impasto degli gnocchi, l’intima e coccolante tendenza dolce che si manifesta in bocca.
L’abbinamento scelto è con l’ottima Rulles Brune (sito web), Belgian Amber Ale da 6.5%: gasatura ed esteri interagiscono con il burro, mentre le componenti aromatiche – caramello, tostati e frutta rossa matura con zucca e polvere di biscotti – si integrano reciprocamente, per un matrimonio all’insegna della morbidezza.
Secondo: tacchina ripiena di castagne, zucca e pancetta
Proseguiamo con il piatto forte: tacchina ripiena con castagne, zucca e piccoli dadini di pancetta tesa. Una portata che richiede tempo e dedizione, ma che dona davvero grande soddisfazione. Secondo “classico” della cucina americana, viene attualmente riadattato e cucinato un po’ ovunque: il risultato scenografico è garantito e anche la bellezza dell’animale intero da condividere a tavola.
Come compagna birraria abbiamo scelto la Palanfrina di Troll, Dark Strong Ale belga con castagne e miele di castagno e 9% in abv: tanta consistenza, la forza dei malti e dell’alcol, una ricchissima aromaticità “scura”, una lunga persistenza boccale e i consueti, fini ed eleganti, intrecci gusto-olfattivi in cui il birrificio piemontese è maestro. L’interazione col piatto è splendida, lasciando in retrolfattiva una sensazione balsamica e di caldarroste. Per chi è particolarmente amante, può usare una riduzione della birra stessa per la farcitura o per la bagna della tacchina.
Dessert: Smegiassa
Per la chiosa, optiamo per la Smegiassa. Con una base di zucca, farina di mais, uova e mele, è un dolce tipico dell’area del veneziano/chioggiotto, molto diffuso anche nel Polesine. L’essere una “ricetta familiare” ne ha moltiplicato varianti e formule, soprattutto sulle configurazioni percentuali della base amidacea. Nel nostro caso, abbiamo aggiunto all’impasto uvetta e pinoli. La consistenza è simile al migliaccio napoletano o alla crema cotta – morbida, ma facilmente porzionabile – mentre all’esterno fa bella mostra di sé un’invitante crosticina.
Per l’abbinamento a un dolce del genere abbiamo scelto la Baltic Porter di The Kernel, con 6.8% in abv e una grande personalità. Ispirata all’Export India Porter della casa, viene però lavorata con lievito Lager: il risultato finale è di una maggiore cremosità e malleabilità e di una bella evidenza delle note cioccolatose. La dolcezza maltata e le note tostate sono in grado di assecondare la pastosità del dolce e di aggregarsi alle tante suggestioni del dessert, mentre l’interazione tra le note di frutta secca e quelle tostate-caffettose compiace. Il ritorno di liquirizia mescolato agli effluvi aromatici dell’uva passita è veramente affascinante. È la chiusura degna di un pasto dedicato alla zucca, apprezzata signora della cucina italiana.