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Care donne, berreste una birra solo perché rosa?

Quando a fine luglio vi ho parlato dei dati emersi dall’immancabile Annual Report di Assobirra, ho citato la crescita del segmento femminile tra i consumatori di birra. Esse rappresentano addirittura il 44% dei bevitori italiani, per un totale di 16 milioni di individui. In poche parole il gentil sesso copre quasi la metà dei consumi, ma se pensiamo alle pubblicità di birra, notiamo che sono quasi sempre destinate a un pubblico maschile. Dalla famosa “bionda” della Peroni fino ai tanti spot italiani e stranieri di oggi, il modo di comunicare la birra è stato sempre fallocentrico. Un fenomeno curioso, di cui gli esperti di marketing sembrano essersi accorti solo recentemente e che adesso stanno cercando di correggere. Ma nel modo peggiore…

A quanto pare l’unico modo di coinvolgere le donne nel concetto di birra è di realizzare prodotti pensati appositamente per loro. L’ultimo caso è quello della Chick Beer, che si autodefinisce “l’unica birra americana creata espressamente per le donne”. Ma in cosa consiste esattamente? Semplice: in una bottiglia con una brutta etichetta rosa e nera, contenente una “premium light beer” da 97 calorie e 3,5 carboidrati. Perciò se fossi una donna “indipendente, intelligente, dinamica e sicura” dovrei scegliere questa birra solo perché leggera e dietetica. Indipendentemente dal suo gusto. Ah giusto, e anche perché è rosa, colore che domina anche nel pacchiano sito web di Chick Beer.

A metà estate la multinazionale Molson Coors intraprese una strada simile, annunciando le sua nuova birra Animée. Vennero così illustrate da Kristy McCready:

Le donne rappresentano una fetta importante della futura crescita dell’industria birraria e non possono più essere ignorate. Abbiamo la necessità di correggere la reputazione del prodotto birra tra le donne con il lancio di prodotti che incontrino i loro bisogni.

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E secondo l’azienda i bisogni delle donne sarebbero soddisfatti con una lager da 4% alc. “leggermente frizzante e finemente filtrata con un delizioso e fresco aroma”. L’Animée è disponibile in tre varianti: chiara filtrata (clear filtered), rosa frizzante (crisp rosé) e fresco limone (zesty lemon).

I due esempi citati – ma purtroppo ne esistono molti altri – credo lascino perplessi tanto gli uomini quanto le donne. Un interessante punto di vista è ad esempio quello di Katrina Onstand, che sulle colonne del The Globe And Mail si scaglia contro la “pinkification” dei consumi femminili. In pratica si tratta dell’abitudine di riproporre in una veste apparentemente femminile prodotti già presenti sul mercato: telefonini rosa, automobili rosa, chitarre rosa e, per finire, birre rosa. Come spiega la giornalista:

Tutti questi prodotti probabilmente piacerebbero alla mia bambina di sei anni – o alla mia io interiore di sei anni. Ma giustamente o meno, il rosa […] non è proprio il colore che si abbina a una forte e giudiziosa maturità.

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Se dunque i pareri rispetto alle “birre in rosa” sono così critici, perché le aziende continuano puntualmente a sfornarle (con risultati negativi)? A mio parere il problema è nel sistema di comunicazione della birra industriale, che non potendo sfruttare valori di tipo gustativo, può solo puntare sull’immagine. E poiché l’immagine diventa l’unico punto di riferimento per gli uffici di marketing, non rimane loro che creare immagini femminili. Che forse possono andare bene per prodotti di largo consumo, ma che falliscono clamorosamente quando si entra nel settore alimentare, dove alla fine ciò che conta è il gusto. A questo aggiungiamoci che i cliché sono duri a morire, ed ecco che in molti casi l’unica soluzione che gli “esperti” di comunicazione – che spesso sono uomini – riescono a trovare è una sovrabbondanza di colore rosa.

A noi appassionati di birra artigianale non resta che sorridere di questi fallimenti dell’industria. E i sorrisi si raddoppiano se pensiamo che invece è proprio con i prodotti dei microbirrifici che le donne possono riappropriarsi del concetto di birra – ammesso che ce ne sia bisogno. E’ il sapore che comanda e mai come con la birra artigianale esiste una varietà estremamente eterogenea di incarnazioni, che si adatta praticamente a ogni gusto. Discorso valido sia che siate uomini che donne.

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Tante amiche e conoscenti in questi anni mi hanno svelato come con le produzioni artigianali siano tornate (o abbiano iniziato) a bere birra. Oggi alcune di loro apprezzano la Blanche, altre le IPA, altre i Lambic, altre tutte indistintamente. Mai nessuna di loro ha pensato di bere una birra perché dietetica o rosa e non so perché avrebbe dovuto farlo. Ma è risaputo che io di donne non ho mai capito niente 🙂 .

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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26 Commenti

  1. Come donne odio per principio le birre testate sui fantomatici gusti femminili. Anche perché spesso sono gusti “stimati” da uomini. Con tutto rispetto, se manco una donna capisce sempre un’altra donna,come fa un uomo a capire i gusti di migliaia di donne?! Tanto non saremo mai contente 🙂
    Scherzi a parte, mi è capitato di bere una birra artigianale studiata per le donne. Mi è parsa una birra troppo femminile: leggera, senza quel carattere che mi piace delle birre artigianali. Basta, come donna mi sento complicata e mi riservo la possibilità di scegliere la birra che mi piace.

    • Ciao Rossella, che birra era? Io l’unica artigianale che mi ricordo pensata (ma non in modo esplicito) per le donne è la 3+2 di 32 Via dei Birrai

        • quella più che birra “per” le donne è una birra ideata (spero di non sbagliare) con una signora che fa la sommelier che ha spiegato al mastro birraio cosa avrebbe voluto sentire in una birra e il gioco ebbe inizio…una birra per donne? no…una birra che ammicca l’occhio verso il pubblico femminile…probabilmente si…

          • La signora avrebbe dovuto essere una cervoisier più che sommelier e Luigi, senza metterne assolutamente in discussione le capacità non è un mastro birraio.

    • Io credo che l’avvicinamento del pubblico femminile alla birra sia dovuto piuttosto alla voglia di sperimentare un po’ di gusti “maschili”, quindi questi esperimenti fanno sempre buchi nell’acqua anche per questo. Piuttosto credo facciano sempre molto effetto luppoli da aroma, che fanno superare spesso un iniziale muro e pregiudizio nei confronti della birra che spesso ho personalmente osservato nel pubblico femminile.

  2. Non la comprerei mai, rosa mi sà di dolce. E una buona birra non può essere dolce nè avere l’aspetto di un giocattolo. La bevo io mica la mia Barbie.
    La birra deve sapere di malto e la confezione per attirarmi deve avere spighe di grano ed essere di color giallo malto o tutt’al più verde che mi ricorda il grano acerbo che cresce.
    Questo “vestitino” rosa per la birra mi disgusta.
    Ah, non ho detto che sono amante della birra, quindi ottima consumatrice 😉

  3. Non so se si possa attribuire al “gusto femminile”, ma ho osservato che negli States le birre della Lindemans sono molto popolari fra le ragazze. Queste dovrebbero essere dei lambic… ma io non ci ho trovato niente in comune con i lambic tradizionali. Si tratta di birre aromatizzate alla frutta, molto dolci e per niente acide. Insomma una birra per chi non ama la birra. E’ vero pero’ che il trend esiste. E vista in un’ottica puramente di mercato, forse l’idea della pink-beer non e’ poi cosi’ male, per quanto io la trovi poco rispettosa sia nei confronti delle donne che della birra.

  4. Allora.
    Per me il discorso non sta proprio in piedi e vi spiego perchè.
    Possiamo stare qui ad arrovellarci sui gusti femminili…birre rosa , verdi , celesti…..pero’ quando vedi una ventenne , pur abituata a Ceres , che ti butta giu’ tre bottigliette di Papessa come se fosse acqua…allora capisci che i tuoi ragionamenti erano tutti , maledettamente, sbagliati.

    • La quale, per inciso , dopo questa performance saltava ed era arzilla come un grillo.
      Io , che mi sono fermato a due , ero da ricovero in ospedale con la seguente diagnosi : attentato al cavo orale.

  5. da quanto leggo anche cronache di birra a le sue fans!! andre che ne dici si potrebbe fare miss cronache birra?? basta che spediscano una loro foto in costume…dopo noi votiamo!! ciaoooooooo

  6. A me sembrano pazzi. Quando si cerca di colpire con il marketing il pubblico maschile, si creano immagini e propongono sensazioni molto femminili, pensiamo appunto alla famosa bionda Peroni. Perchè non potrebbe valere anche per le donne?? Come se agli uomini fosse gradita una birra dall’immagine celeste (contrapposto al rosa)…
    Il gusto femminile, proprio perchè forse ricerca qualcosa di puramente maschile nella birra, se proprio vogliamo fare marketing dovrebbe essere conquistato con qualcosa di fortemente maschile.. Ricordate la pubblicità della Coca Cola Light con il consegnatario figo e sudato?
    Se invece vogliamo parlare di cose serie, in effetti oggi la donna (in genere) si dimostra più decisa nelle scelte delle proprie birre, e sa esattamente quello che vuole, spesso è anche più competente! E sceglie in base alle sensazioni che ricerca in quel momento..
    Ma “produttori artigianali” al femminile ce ne sono!?!?
    Una volta nei monasteri che producevano birra non le volevano neanche veder passare fuori dalle mura del monastero, perchè facevano diventare la birra cattiva!!

  7. ieri la mia donzella ha assaggiato la mia Gueuze..e poi ha buttato giu Mikkeller Geek Breakfast e Mikkeller Black in scioltezza…..c’è qualcosa che non va:)

  8. Markettari da quattro soldi, per vendere birra alle donne basta attribuire proprietà curative sulla cellulite ed effetti push-up.
    Davvero c’è ancora chi pensa che alle donne non piace la birra che piace agli uomini. Ho visto bere alcune donne quantità di birra che avrebbero steso un cavallo.

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