In uno degli ultimi articoli riguardanti la scena anglosassone, abbiamo visto come il famoso marchio industriale Guinness abbia recentemente lanciato sul mercato due classiche Porter. All’epoca accogliemmo la notizia come l’ennesimo tentativo delle multinazionali di penetrare il mercato artigianale, in questo caso con due prodotti in grado di strizzare l’occhio alle tradizioni brassicole del passato. Per fortuna operazioni del genere non sono riconducibili solo all’industria e possono nascere da impulsi molto più genuini, appartenenti al mondo della birra craft. È il caso di tre amici appassionati della zona di Derby, che hanno unito le loro forze per riportare in vita una birra che ha segnato la storia della cultura brassicola inglese: la P2 Imperial Stout del birrificio Bass.
Se conoscete un minimo l’evoluzione nei secoli della birra in Inghilterra, avrete sicuramente sentito parlare del birrificio Bass. È stato probabilmente il più importante produttore di tutta la storia del Regno Unito, avendo con le sue birre definito alcuni stili anglosassoni – o almeno così vuole la leggenda – e donato fama alla cittadina di Burton-on-Trent, che altrimenti probabilmente conoscerebbero solo i suoi abitanti. Il birrificio Bass è passato alla storia per la Bass Pale Ale – un tempo la birra più venduta nel Regno Unito – e per la Bass N°1 – il primo Barley Wine creato per il mercato di massa. Meno famosa ma altrettanto importante la P2, un’interpretazione tradizionale di quell’affascinante stile conosciuto come Russian Imperial Stout.
Nel 2000 il birrificio Bass fu acquistato dalla multinazionale Interbrew e oggi è sotto il controllo di un altro marchio industriale, Molson Coors. Tuttavia la produzione della P2 era divenuta saltuaria già negli anni ’60 e la discontinuità si acuì negli anni successivi. Qui possiamo dire che termina la parte “industriale” della storia e comincia quella “artigianale”, per mano di un appassionato e birraio: Steve Wellington.
Steve lavorò per anni presso il birrificio Bass e successivamente come birraio presso il birrificio Worthington, di proprietà del primo. Qui di tanto in tanto iniziò a ricreare alcune storiche birre Bass, tra le quali proprio la P2, finché entrambi i birrifici di Burton cessarono l’attività – Molson Coors spostò la produzione altrove. Steve però non si lasciò frenare dagli eventi e cominciò – sebbene con ancora maggiore saltuarietà – a produrre la P2 presso il birrificio Haywood di Ashbourne. La passione era tale che continuò a brassare la birra anche dopo essere andato in pensione, un paio di anni fa.
Storia molto intrigante, ma dove sono i tre amici citati in apertura? Cambiamo un attimo scena. Come riporta Roger Protz sul suo sito, John Arguile, Dave Evans e Les Baynton sono tre appassionati della zona di Derby, che hanno a cuore le tradizioni brassicole del loro paese. Quando vennero a sapere che Steve Wellington conosceva i segreti della P2 e continuava a produrla di tanto in tanto, l’idea fu immediata: riportare definitivamente in vita la leggendaria Imperial Stout del birrificio Bass. La rediviva P2 sarebbe stato solo il primo frutto di un progetto più ampio, denominato Beer Lovers e creato per riproporre antiche birre quasi dimenticate. Arguile contattò Wellington e quest’ultimo accettò di contribuire all’iniziativa.
Ma il difficile viene ora, perché mettere in piedi un progetto simile non è un gioco da ragazzi, come spiega lo stesso Arguile:
P2 è una cotta pilota. Abbiamo bisogno tra gli 8 e i 10 pub che possono servire la birra nel modo in cui diciamo noi. Necessitiamo di locali genuini e non ce ne sono molti nella zona di Derby. Siamo pronti a investire denaro e tempo in questo progetto, ma non possiamo permetterci di perdere capitali. Dovremo caricare i cask, consegnarli ai pub e poi recuperare i vuoti. Avremo bisogno di consigli di marketing e probabilmente di un sito web per pubblicizzare Beer Lovers.
Mi fido ciecamente della capacità di Steve Wellington di ricreare la birra nel modo in cui abbiamo in mente. Che ne dite di riportare in bvita la Draught Buton Ale? O forse potremmo brassare la Harvey’s Sissex Bitter, che raramente è disponibile fuori dal Sussex.
Intanto due cask della nuova P2 sono stati messi in vendita a Natale presso altrettanti pub: l’Alexandra e il Rowditch. Due locali selezionati per l’esperienza dei rispettivi cellarman – cioè i responsabili della cantina – capaci di garantire le migliori condizioni per la rifermentazione in cask. Le birre sono state prosciugate in un paio di giorni e ora i tre amici stanno già pianificando la prossima birra da riportare in vita.
E a voi quale birra storica italiana piacerebbe tornare a bere?
Gran bella storia…questi sì che sono Beer Lovers!
Pure la Harvey’s Sussex Bitter, dici niente.
Non ho capito però come intendono rapportarsi con i marchi in questione.
È quello che ho pensato anche io 🙂
Parto dalla fine: secondo me il movimento italiano è troppo giovane per avere già ricette storiche già messe in naftalina e di cui piangere la morte. Posso anche dire che alcune birre non + prodotte (estremizzo: anche una one-shot) sarebbe bello rivederle, ma da qui a dire che si tratta di prodotti con un background assimilabile alla P2 di Bass ce ne corre… Cmq se penso a birre storiche da rimettere in pista direi tutta la vita quelle di Nussdorfer: specie la St Thomas e la Old Whisky (giustamente citate anche da MJ) erano da delirio puro. Non credo però che gli amici in UK si spingeranno fino in Austria: senza chiedergli di andare fuori patria mi accontenterei quindi di rivedere la Old Nick di Young’s !
Per ricette storiche intendevo quelle delle antiche birrerie italiane dei secoli passati, poi quasi tutte passate in mano all’industria.
Ma le ricette antiche italiane avevano qualche “fascino” o erano, come credo, più tendenti ai classici stili tedeschi e “industrializzati-oriented”. Tra l’altro qui a Brescia hanno appena aperto una mostra sulla antica Whurer con cimeli e storie industriali..magari becco qualche ricetta
Direi la seconda, ma chissà che qualche vecchio bevitore non ricordi birre italiane particolari…