Non so se lo sapete, ma la Sardegna è la regione italiana con il più alto consumo pro capite di birra, con numeri da far impallidire le altre realtà nazionali. Certo, Ichnusa è il marchio più in voga, ma negli ultimi anni sull’isola sono apparsi tanti microbirrifici, che si sono aggiunti a quelli già operanti da tempo. Secondo Microbirrifici.org, attualmente operano 16 aziende brassicole, i cui prodotti sono di difficile reperibilità sul “continente” (a esclusione di Barley). Quando sono stato contattato dai ragazzi del neonato P3 Brewing per assaggiare le loro creazioni ho allora risposto con entusiasmo, vista la possibilità di approfondire la mia conoscenza dei produttori sardi. Farlo con quello che dovrebbe essere l’ultimo produttore apparso in Sardegna ha reso la cosa ancora più interessante.
Come scrissi lo scorso marzo, P3 Brewing è nato dall’iniziativa di Giacomo Petretto (birraio) e Pierpaolo Peigottu (commerciale) ed è il primo birrificio della città di Sassari. La gamma attualmente consta di 3 produzioni, tutte ispirate ai canoni brassicoli anglosassoni.
Sono partito dalla Speed (5% alc.), assimilabile a una Golden Ale. Si presenta di colore oro antico con riflessi arancio, schiuma compatta piuttosto persistente, corretta nelle proporzioni. All’olfatto non è molto intensa, ma si distingue facilmente una nota di crosta di pane, oltre a sfumature fruttate e floreali. Il lievito è presente in modo corretto, contribuendo a un naso piuttosto “british”, che ci sta tutto. In bocca entra dolce, ma subito l’attenzione si concentra sulle percezioni tattili della carbonazione, per la verità un po’ troppo spinta. L’aroma è tutto sommato piacevole, sporcato leggermente da alcuni off flavours (zolfo, gomma bruciata, momentaneo metallico), che non compromettono la bevuta. Ottimo il finale, molto persistente e con un amaro ben dosato.
Questa Speed mi è piaciuta, benché sia ampiamente migliorabile. La mancanza di pulizia si avverte, nonostante alcune “puzzette” non siano del tutto estranee allo stile. Ha un suo carattere ben definito e risulta gradevole al di là di tutto (anche di una frizzantezza sopra le righe).
Successivamente ho assaggiato la 50 Nodi (5,8% alc.), il cui nome marinaro ne suggerisce l’appartenenza allo stile delle IPA. Alla vista è di colore ambrato con riflessi arancio. La schiuma è fin troppo abbondante, ma compatta e persistente. Buona la limpidezza, con una velatura appena accennata. I profumi escono un po’ timidi, ma puliti. Su tutto si distingue un fruttato riconducibile ad agrumi e a frutti esotici: pompelmo, ananas, mandarino. A questo si aggiunge una nota di caramello evidente, più nascosto un tocco resinoso dato dal luppolo. L’ingresso in bocca è dominato dagli agrumi, che durano a lungo supportati da un corpo e una carbonazione corretti. L’amaro subentra a metà corsa, si insinua subdolo, ma poi arriva in primo piano e resiste a lungo, disegnando un finale molto persistente. In questa fase torna il resinoso già riscontrato all’olfatto, con un aroma “piney”. La nota dolente è purtroppo il retrogusto, che manca di armonia e pulizia e lascia un amaro quasi medicinale.
La 50 Nodi è una birra particolare, con ottimi spunti e penalizzata solo sul finale. A ben vedere l’amaro in chiusura corre un po’ troppo in solitaria, dopo che il resto della bevuta aveva invece regalato una discreta profondità. Ottimo inizio, è comunque una IPA ben definita, a cui basta solo qualche ritocco.
L’ultima birra è stata la Turkunara (7% alc.), appartenente allo stile delle Imperial Russian Stout. Si presenta di colore marrone scurissimo, tendente al nero ma lontano dall’essere impenetrabile, al punto che si distinguono riflessi ambrato scuro. La schiuma è beige, compatta e assai persistente, quasi monolitica. Al naso si riscontra un buon equilibrio tra note di frutta rossa e caffè e tostato, che tende a non emergere in modo eccessivo. Si distingue un leggero tocco alcolico. Discreta l’armonia dei profumi. All’ingresso al palato si nota subito un corpo viscoso ma non oleoso, con una giusta struttura data da una carbonazione fine, mai invasiva. All’inizio c’è un accenno di caramello, poi emergono le note tostate e di caffè, leggere ma che insieme al luppolo contribuiscono all’amaro del finale, deciso e persistente. Il luppolo non eccede, ma va oltre il semplice equilibrio. Il retrogusto non è pulitissimo.
La Turkunara può essere definita una Imperial Russian Stout con una sua precisa identità, né tradizionalista, né modaiola. Si mantiene sempre nei termini di una generale eleganza e anche sul finale il luppolo emerge con decisione, ma senza eccessi. Ne risulta una birra agevole da bere, nonostante la gradazione alcolica e il corpo strutturato, e decisamente piacevole.
In conclusione i ragazzi del P3 mi hanno fatto davvero un’ottima impressione. Lungi dall’essere dei capolavori assoluti, le prime tre birre dell’aziende mostrano una buona impostazione delle ricette e un loro carattere deciso, che spesso è il dettaglio che fa la differenza. Merita sicuramente un elogio anche la “presentazione” delle birre: logo curato e moderno, etichette molto accattivanti. La Sardegna ha un nuovo birrificio da seguire con attenzione, magari cominciando dalla loro pagina Facebook.
“…la Sardegna è la regione italiana con il più alto consumo pro capite di birra”.
E bravi i Sardi, ajò!
Oltre ad essere la regione con il maggior consumo di birra, c’è anche un movimento a livello di homebrewing davvero notevole.
Concordo!
Ma è vero che il birraio Giacomo Petretto si è ispirato per la sua Speed alla mitica Taras Boulba???
Non esattamente, se non per il fatto di aver voluto creare una session beer dal carattere deciso. In comune con la Taras Boulba ha uno dei luppoli impiegati, il brewer’s gold.
Grazie per aver risposto e in bocca al lupo per il tuo birrificio!
Crepi il lupo
Dalle varie info reperite mi sembra di capire che le birre siano disponibili solo nel formato 0.75lt, corretto?
Le nostre birre sono disponibili in bottiglia nel formato da 0,75l. Ultimamente, su richiesta di alcuni clienti, stiamo infustando in fusti da 20 litri peteiner.