Puntuale come ogni anno Pete Brown – famoso autore birrario inglese – annuncia in questo periodo la pubblicazione del Cask Report, il documento che analizza l’andamento della birra tradizionale nei paesi anglosassoni. I dati indicano una tendenza già definita negli anni precedenti: in Regno Unito il consumo di birra in generale sta diminuendo, ma la contrazione delle Ale in cask è sensibilmente minore rispetto a quella del segmento industriale. Se pensate che sia una magra consolazione, tenete conto che le notizie migliori arrivano dall’interpretazione qualitativa (e non meramente quantitativa) dell’analisi: la birra in cask sta crescendo in popolarità e i publican che vi hanno puntato possono rallegrarsi per notizie sostanzialmente incoraggianti.
Ho accennato ai cali nei consumi. Ebbene le birre in cask hanno visto una riduzione dell’1,1%, che tuttavia è una percentuale quasi irrilevante rispetto al -7,9% fatto segnare dall’intero mercato della birra. Allargando gli orizzonti, si scopre che comunque nel lungo termine la birra tradizionale mantiene un trend in crescita, soprattutto se consideriamo il valore del mercato (+3%, “merito” dell’aumento dei prezzi). Interessanti anche i numeri che riguarda due altri indici: le birre in cask sono salite al 55% rispetto a tutte le Ale consumate nel Regno Unito e hanno raggiunto il 16% del consumo all’interno di pub e di altri luoghi specializzati (on-trade). Nel complesso si può quindi affermare che la birra in cask si sia mantenuta in stallo, mentre il resto dell’industria subiva un pesante passivo.
L’attenzione verso i prodotti tradizionali è dimostrato dalla crescente percentuale di pub che propongono questi prodotti (il 57% del totale, rispetto al 53% del 2009). In media ospitano 3,8 marchi differenti, dato che secondo me è piuttosto sorprendente. Questa tendenza positiva è supportata dal vero e proprio boom di microbirrifici: negli ultimi 12 mesi hanno aperto i battenti ben 184 nuovi produttori, con una media di 3 a settimana. D’accordo che è il Regno Unito, ma numeri del genere sono comunque impressionanti e fanno impallidire persino quelli a cui ci siamo abituati in Italia in periodi recenti.
Lo stato dei pub resta tuttavia molto preoccupante, visto il progressivo allontanamento di consumatori da questi classici luoghi di socializzazione. Il motivo principale è lo spostamento dei consumi all’interno delle mura domestiche, perché meno costosi. Questa tendenza provoca una differenza risposta in base alla tipologia di pub: se un locale offre Lager industriali economiche e cibo di bassa lega, la concorrenza dei supermercati non gli lascia scampo. Puntando invece su Real Ale e birre in cask, cucina di livello e soluzioni di qualità, allora le possibilità di sopravvivenza aumentano fino a proiettare l’attività verso una potenziale prosperità. Tenete conto infatti che solo il 20% dei bevitori di birre tradizionali dichiara di aver ridotto i consumi (di fronte al 47% dei bevitori mainstream), mentre il 25% di loro dichiara persino di averli aumentati, spinti da una maggiore percezione di qualità.
L’altro aspetto positivo è che la birra tradizionale non è vista più come la bevanda dei vecchi. Sono sempre di più i publican convinti che le cask ale stanno attirando donne e giovani, rendendo quindi il target più eterogeneo (e nuovo) rispetto al passato. Questo avviene soprattutto quando la proposta birraria è composta da una buona varietà di stili, tipologie, gradazione alcolica e provenienza. È importante anche garantire una presenza stabile di determinati prodotti e variarne altri, pur mantenendo questi ultimi per un periodo sufficientemente lungo.
Infine un altro dato interessante è la consapevolezza del termine “craft”. Mentre il 77% dei publican ha dimestichezza con questo concetto, solo il 37% dei consumatori ne conosce il significato. Questo aspetto denota un certo gap di conoscenze tra le due figure (per fortuna a favore di chi è dietro al bancone) e soprattutto una certa attenzione alla qualità, indipendentemente dalle definizioni ufficiali.
Nel complesso quindi possiamo affermare che nel Regno Unito la birra in cask gode di buona salute, riuscendo non solo ad opporsi al vertiginoso calo del settore, ma conquistando sempre nuovi e più giovani consumatori. A mio modo di vedere si tratta di un risultato eccezionale, considerando che il rapporto del mondo anglosassone nei confronti della birra ha ormai imboccato un percorso irto di ostacoli. Negli ultimi anni, infatti, la politica ha finito per favorire l’acquisto nei supermercati a svantaggio dei pub, contribuendo alla loro crisi e favorendo il binge drinking. Contemporaneamente l’opinione pubblica ha cominciato una caccia alla streghe nei confronti dell’alcool, proprio per le ripercussioni sociali che le nuove abitudini hanno causato. In un contesto del genere è un mezzo miracolo leggere analisi come quelle del Cask Report.
Se questa inversione di tendenza – o, se preferite, resistenza al declino – è stata possibile bisogna probabilmente ringraziare chi da decenni si batte per salvaguardare le tradizioni brassicole del Regno Unito. Chiaramente sto parlando del Camra, la cui attività in questi anni è stata estremamente preziosa. Purtroppo mi capita di leggere sempre più spesso critiche nei confronti dell’associazione, rea secondo molti di restare ancorata a una visione antica della birra. Secondo me invece bisognerebbe lodare il lavoro fatta in passato e nel presente, senza lasciarsi andare a conclusioni superficiali – magari influenzati da scelte di marketing di qualche birrificio scozzese… La riscoperta delle birre tradizionali non sarà tutto merito del Camra, ma direi che è il caso di dare a Cesare ciò che è di Cesare.
Se vi interessa, il Cask Report è liberamente consultabile in formato pdf dal relativo sito.