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Per la serie “una cotta in terracotta”, ecco la birra in anfora

Negli scorsi giorni Jean Van Roy della Brasserie Cantillon ha annunciato una sorprendente novità, a suo modo decisamente rivoluzionaria: utilizzare anfore di terracotta per la maturazione del suo Lambic. Una notizia che ha immediatamente attirato l’attenzione dei siti specializzati di tutto il mondo, compresi quelli italiani. Per questo motivo non potevo esimermi dal riportare la vicenda, cercando però di andare oltre la semplice cronaca. In particolare ci si è domandati se l’uso delle anfore è un’ulteriore conferma della svolta modernista di Cantillon, ma direi che è il caso di soffermarsi anche su altre due questioni: l’impiego di anfore potrebbe diventare la “next big thing” della birra artigianale e, soprattutto, quale effetto possono avere sulla birra? Andiamo con ordine…

In riferimento al primo tema, è giusto vedere nel ricorso alle anfore un ulteriore passo verso la modernizzazione del “Cantillon pensiero”? Ricordo che stiamo parlando di uno dei birrifici più tradizionalisti del mondo, tra i pochi che ancora produce il classico Lambic a fermentazione spontanea con metodi appartenenti ad altre epoche.

Cantillon è sempre stato uno dei paladini della tutela delle tradizioni brassicole, eppure negli ultimi tempi qualcosa sembra essere cambiato. Nello specifico appare evidente una maggiore apertura verso fenomeni moderni: collaboration brew, one shot, ampliamento della gamma standard. Non è un caso dunque che alcuni appassionati abbiamo storto la bocca di fronte alla notizia dell’uso delle anfore.

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Ma com’è nata questa idea? Secondo quanto racconta, Van Roy è rimasto affascinato da alcuni vini maturati in anfore durante una degustazione a tema. Da lì il passo è stato breve e ha deciso di utilizzare contenitori analoghi per le sue birre. Nel mondo del vino il ricorso alle anfore è una moda che ha iniziato a diffondersi negli anni ’90, recuperando un’usanza legata all’antichità e mantenuta in vita solo in Georgia. Oggi non sono poche le aziende che utilizzano contenitori simili o loro surrogati. Era dunque solo questione di tempo prima che questa tecnica ispirasse qualche produttore di birra.

Il caso di Cantillon non è il solo e un esempio analogo lo abbiamo proprio in Italia. Recentemente sul blog della Birra del Borgo è apparso un post al riguardo, che anticipava una futura novità nella quale alcune anfore avrebbero giocato un ruolo da protagoniste. Anche se non sono ancora noti i dettagli del progetto di Leonardo Di Vincenzo, è semplice immaginare che la loro destinazione d’uso sarà simile a quella del collega belga.

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Due indizi non fanno una prova e questa sovrapposizione temporale di due novità così particolari potrebbe essere pura coincidenza. Oppure potrebbe essere solo il sintomo di un nuovo fenomeno all’orizzonte: dopo aver cavalcato per alcuni anni la moda delle maturazioni in legno, ora i birrifici avrebbero scoperto un nuovo contenitore per l’affinamento dei propri prodotti. Un modo nuovo di inserire un’ulteriore “variabile” per lanciare sul mercato un’ondata di birre completamente nuove.

L’ambiente della birra artigianale a volte è persino isterico per la sete di novità che dimostra. Questo aspetto basterebbe a decretare le anfore la prossima moda del mercato, anche se il loro utilizzo non è mentalmente così immediato come per le botti di legno. La cosa interessante è che sia le botti che le anfore appartengono a metodi antichi di maturazione e conservazione della birra, con le seconde che venivano impiegate addirittura dagli Egizi (e dunque sono più “antiche” dei recipienti in legno).

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Quale contributo può dare la terracotta di un’anfora in una birra che ha riposato al suo interno? Possiamo rispondere affidandoci a quanto succede nel mondo del vino. Le anfore, così come le botti, non sono recipienti “neutri” come l’acciaio e dunque giocano un ruolo importante nella definizione delle caratteristiche organolettiche del contenuto. Il materiale di cui sono fatte “contagia” la birra e ne modifica il risultato finale. La differenza sostanziale è che, in linea di massima, l’apporto del legno appare molto più evidente rispetto a quello della terracotta, oltre a concretizzarsi in profumi e aromi ben diversi.

Le anfore inoltre sono recipienti porosi, che non isolano il contenuto dall’ambiente circostante, ma permettono un minimo di scambio con esso. Consentono nello specifico un’osmosi della birra con l’esterno, rilasciando sali minerali al suo interno. E’ un tipo di maturazione “dinamica”, analoga a quella del legno e diametralmente opposta a quella possibile con tini di acciaio.

Ma quali caratteristiche presenta una birra maturata in anfore? Non avendole mai assaggiate non posso che rifarmi a quanto succede per il vino: è plausibile aspettarsi note minerali e leggermente terrose e una generale esaltazione della freschezza di una birra. Ovviamente sono pronto ad essere smentito da chi è più preparato di me in materia. Rispetto al vino è interessante vedere che effetti avrà la terracotta sulla luppolatura.

Cosa ne pensate dell’uso delle anfore nella produzione brassicola? Ha un senso o è semplicemente una nuova moda che si sta delineando all’orizzonte?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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25 Commenti

  1. Da parte mia, avevo iniziato a degustare le birre nei “buccheri” che sono i vecchi bicchieri degli etruschi fatti di una terracotta completamente nera. Me li sono fatti fare da un artigiano francese trapiantato a pitigliano (GR) tal Yve Brodà, il quale ripercorre in maniera fedele, (ha anche il forno a legna..) le lavorazioni manuali del tempo etrusco. Per farla breve, se verso la birra in questi “Buccheri” subito si notano le note minerali e leggermente terrose e una generale esaltazione della freschezza di una birra da te prima enunciate.Facemmo una prova anche con Nino dello Sherwood, lui ci mise un Whiskey e mi disse che sentiva anche lui queste note. C’è da capire solo se poi all’ interno dell’ anfora per un periodo più lungo migliorano ancora di più il prodotto, ma insomma già versandolo in un bicchiere qualche minuto, la sensazione è stata molto piacevole. Non posso che approvare l’ iniziativa di Cantillon e augurarmi di riuscire a provarla.

  2. Come esperimento è pure interessante.

    Ce n’era necessità? assolutamente no.
    già immagino i bottiglioni (di terracotta pure loro?) venduti ai soliti noti in qualche beershop amico a 40 50 euro.

    La svolta modernista di Cantillon? lasciamo perdere… stanno diventando più tradizionalisti dalle parti di San marcos o Placentia.

  3. Andrea, io però direi una cosa: a leggerla così sembra che una mattina qualcuno si sia svegliato con l’idea di buttare un mosto in un vaso di terracotta, mentre chi per primo si è messo a vinificare in anfora (Gravner in Italia a mia conoscenza) si rifà alle tradizioni ancestrali ancora in vita in Georgia… poi la moda figurati, sfondi una porta aperta

    sulle caratteristiche che indichi sull’influsso dell’anfora sui vini spero intervenga qualche vinicolo perché quanto scrivi per la mia esiguissima esperienza non mi convince granché…

  4. Io amo Jean Van Roy….condivido tutto lo spirito che ha nel curare la tradizione da un lato e dall’altro avere curiosità per il mondo esterno e fare innovazione …..

    Fare innovazione con serietà e rispetto per il prodotto e la sua storia…..ha un grandissimo amore per la birra!

    Cantillon n.1

  5. In ambito vinicolo l’anfora non è usata tanto per l’affinamento quanto per la macerazione-fermentazione che, in questi casi, dura anche vari mesi.
    C’è da dire però che a voler essere ligi l’anfora andrebbe interrata fino al collo.
    Solo così infatti si creano le giuste condizioni di maturazione al suo interno: mantenimento di una temperatura pressochè costante per l’essere sotto terra e formazione di quell’osmosi tra interno ed esterno del recipiente.
    Molti – la maggior parte – la usano fuori terra ma, personalmente, mi lascia un po’ perplesso…anche se, c’è da dirlo, se ne guadagna in facilità di pulizia e sanificazione.
    Ric.

    • Infatti trovo interessante il discorso delle temperature che un contenitore del genere garantisce ancor prima dell’eventuale caratterizzazione (che empiricamente suppongo resti molto inferiore al legno, ma sicuramente mi sbaglio)

  6. Chi non condivide l’idea,faccia buon viso a cattiva sorte…può essere attrazione per potenziali appassionati che ancora non conoscono la birra di qualità…si inizia con la curiosità delle anfore e si continua col resto 😉

    • ma anche no sinceramente. Ci sono tanti motivi per farsi colpire dalla birra artigianale. Questo è decisamente l’ultimo IMO

    • @birranordovest: bravo, hai colto il punto, il NON dichiarato di tutta la storia.
      Che in sintesi e’: come e’ trattata la terracotta?
      Perche’ la ripresa delle anfore in campo vinicolo inizio’ con una grandioso fallimento, prima di capire che la terracotta era trattata all’interno.
      il modo in cui trattarle, dalla cera d’api alla smalatatura, definisce ovvimente le caratteristiche della sostanza ottenuta. “sostanza”, non birra, ovviamente…

      Paolo

      • ciao paolo, scusa se mi intrometto per un’informazione.
        (amo la birra ma “microproduco” vino). vorrei sperimentare la terracotta per il mio vino e avrei bisogno di qualche contatto. a me non interessa la cera d’api, tantomeno l’osmosi. dunque sono in cerca di anfora smaltate (in smalto minerale, 2° o 3° fuoco) e vorrei piuttosto conoscere il metodo perché sono intenzionato a farmele (essendo ceramista hobbista). grazie mille comunque!

  7. Dai commenti noto che il blog è seguito da molti più vinofili di quanto pensassi 🙂 Grazie dei vostri contributi

  8. Premetto che ancora non ho avuto la fortuna di assaggiare birra fermentata in anfora. Secondo il mio modesto parere l’idea della fermentazione e/o maturazione in anfora è ottima. Fin dall’antichità la terracotta è stata utilizzata per conservare alimenti e bevande perché lo spessore del materiale permette il mantenimento di una temperatura costante al suo interno, e questo non può che influire positivamente sul processo di fermentazione. Inoltre la produzione in Italia di birre “particolari”, come quella proposta da Birra del Borgo, può contribuire all’instaurarsi di una identità brassicola nazionale; in questo periodo stiamo assistendo a un boom della produzione di birra artigianale in Italia, tuttavia quello che ci manca è per l’appunto la particolarità del prodotto, quella nota di originalità che può farci distinguere sulla scena internazionale.

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