Da qualche giorno la birra è al centro di alcune notizie dall’alto contenuto tecnologico. Nulla che cambierà la nostra vita di bevitori, sia chiaro: come al solito dalle innovazioni scientifiche uno si aspetta grandi progressi e il raggiungimento di importanti traguardi sociali, mentre al massimo ottiene video di gattini robot che ballano in tre dimensioni. È un po’ questa la sensazione che restituisce il prototipo della stampante molecolare per la birra, messa a punto dalla startup belga Bar.on e protagonista di molti articoli apparsi di recente su diverse testate giornalistiche. Quali meraviglie ci riserverà questa straordinaria invenzione? Quali vantaggi porterà alla produzione della nostra bevanda preferita? La risposta è nessuna, perché alla fine non si parla neppure di birra.
La stampante funziona ad acqua ed è dotata di cartucce. Quest’ultime invece di essere piene di inchiostro, come quelle delle normali stampanti, contengono aromi artificiali ottenuti da composti chimici che contribuiscono a dare alla birra il suo sapore. Cominciate a provare un fastidioso senso di inquietudine? Bene, andiamo avanti. Dopo aver deciso il sapore della vostra “birra”, potete renderla più o meno alcolica pigiando un semplice tasto. Il meccanismo infatti permette di regolare la quantità di alcol disciolto nella birra, aggiungendolo direttamente all’intruglio senza passare per la fermentazione. Non c’è malto, non c’è luppolo e non c’è neppure lievito. Solo acqua. E infatti alla fine dei conti è semplice acqua aromatizzata al sapore di birra – potete scegliere la tipologia, chiaramente – con l’eventuale aggiunta di alcol. Stop. Niente birra, nonostante i richiami alla bevanda fermentata siano ovunque.
Come potrebbe una simile diavoleria diventare un prodotto commerciale? Bisognerebbe chiederlo agli investitori che finora hanno finanziato la startup per 1,8 milioni di euro, convinti presumibilmente dall’impatto positivo sull’ambiente che avrebbe la stampante, eliminando di fatto tutte le problematiche legate al trasporto della birra. L’azienda al momento si sta concentrando su un sistema dedicato al settore della ristorazione, battezzato One Ta Pro. In altre parole uno va in pizzeria immaginando di bere una birra alla spina e invece si ritrova con un bicchiere di acqua aromatizzata e alcol. La tecnologia al servizio del gusto.
Dal Belgio spostiamoci in Germania, passando dalle stampanti molecolari all’intelligenza artificiale generativa. Beck’s ha infatti annunciato di recente la sua Autonomous, una birra realizzata con l’ampio supporto di piattaforme come ChatGPT e Midjourney. Alla prima è stato chiesto un consiglio per la realizzazione di una campagna di celebrazione per i 150 anni di Beck’s, ricorrenza in occasione della quale sarà lanciata la nuova birra. ChatGPT ha suggerito di creare un nuovo prodotto in edizione limitata, insieme a una campagna pubblicitaria e a un nuovo package. Seguendo queste direttive, i creativi di Beck’s hanno utilizzato Midjourney per realizzare tutte le immagini necessarie, dal design al packaging. Sono poi ricorsi ancora a ChatGPT per creare la pianificazione media della campagna e persino la ricetta della birra. La Autonomous sarà disponibile in appena 450 esemplari (lattine) esclusivamente in Italia, Germania e Regno Unito. Quindi potremo bere una birra creata con un tool che non è disponibile nel nostro paese. Anche in questo caso ci sarebbero diversi temi da sollevare in ambito tecnologico…
Concludiamo con Elon Musk, che non può mai mancare quando si parla di tecnologia. Ricordate la Gigabier che fu annunciata a ottobre 2021? Ora quella birra “futuristica” è disponibile anche in Italia attraverso il sito di Tesla. È una classica Pils realizzata a Berlino in ossequio ai dettami del Reinheitsgebot, ma a colpire sono altri elementi. In primis la confezione, una bottiglia contenuta in una custodia nera lucida con filigrana luminescente, dalle forme futuristiche modellate sul design del Cybertruck. Poi per gli ingredienti riportati in etichetta, perfettamente nella norma se non fosse per i “cyberluppoli”, di cui però si sa ben poco. Sono varietà coltivate in particolari condizioni? Sono prodotti moderni per la luppolatura, come i Cryo? Sono semplici luppoli con un nome diverso? Impossibile saperlo al momento (con buona pace dei diritti dei consumatori), perché l’unica informazione resa pubblica è che conferiscono note di agrumi, bergamotto e frutta dolce. Se siete curiosi di assaggiare la Gigabier sappiate che vi serve un portafoglio pesante: il prezzo per tre bottiglie da 33 cl è 89 euro. Un sacrificio richiesto in nome del progresso tecnologico.