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Cronache del 2028: come cambierà il mondo della birra nei prossimi 10 anni

Raggiungere il decimo anno di attività per un sito – cosa avvenuta domenica scorsa per Cronache di Birra – significa non solo tagliare un traguardo importante, ma anche potersi fermare un secondo e riflettere su dove si è arrivati nel frattempo. È inutile spiegare che dieci anni fa la scena internazionale della birra artigianale era profondamente diversa da oggi: molti elementi che ora diamo per scontati neanche esistevano all’epoca dell’inaugurazione del blog. Il totale dei produttori nazionali ammontava a un quarto della somma odierna, i festival a tema erano pochi sia in Italia che all’estero e l’ambiente nel suo complesso era ancora piuttosto estraneo alle mire espansionistiche dell’industria. Ovviamente di cambiamenti ce ne sono stati tanti e molti altri avverranno nei prossimi dieci anni. Ciò che faremo oggi sarà proprio pronosticare come sarà il mondo della birra craft nel 2028, quando cioè Cronache di Birra festeggerà il suo ventennale.

Prima di ipotizzare le evoluzioni dei prossimi dieci anni, vale la pena analizzare com’è cambiato questo ambiente nei precedenti dieci. Come accennato, nel 2008 in Italia erano presenti 200 aziende brassicole tra birrifici e beer firm, con quest’ultime che ancora non rappresentavano il fenomeno che oggi ben conosciamo. Molti nomi che quotidianamente consideriamo assodati semplicemente non esistevano: non mi riferisco solo a birrifici relativamente giovani come Hammer, Vento Forte o Crak, ma anche a produttori come Extraomnes, Loverbeer, Toccalmatto, Brewfist, Foglie d’Erba, Birrone, Croce di Malto e altri ancora. All’estero Brewdog era ancora una piccola realtà operante da poco meno di un anno e il Camra considerato l’unico riferimento per la birra craft anglosassone. In Italia stava cominciando a salire la febbre per le IPA di stampo americano e nei pub inglesi si poteva ancora fumare. I social network non avevano minimamente la possibilità di influenzare l’ambiente, per non parlare delle app birrarie, praticamente inesistenti. Le acquisizioni da parte delle multinazionali erano decisamente rare e quelle poche percepite come casi isolati.

Come sarà il mondo della birra artigianale tra altri 10 anni? Forse ancora più confuso di adesso. Fino a un decennio fa la situazione era abbastanza idilliaca: la scena internazionale della birra craft era una piccola isola felice, lontana dalle odierne turbolenze e assai più circoscritta. Con il crescente interesse dell’industria verso questo segmento, le cose si sono complicate all’inverosimile. Oggi molti marchi sono passati sotto il controllo delle multinazionali ed è sempre più complicato capire se la birra che stiamo acquistando è realizzata da un birrificio realmente indipendente oppure da un brand dell’industria. Questa tendenza è destinata ad acuirsi nei prossimi anni, tanto che probabilmente lo stesso concetto di birra artigianale perderà forza e importanza. Dovremo sviluppare altre nozioni o precisi criteri di valutazione, che comunque non basteranno a evitare un scontro tra gli integralisti più radicalizzati e i bevitori moderati.

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Difficile prevedere se in Italia il numero dei birrifici continuerà ad aumentare – nella migliore delle ipotesi si manterrà stabile – ma sicuramente cambierà la configurazione del mercato, adattandosi a criteri di sostenibilità aziendale che non penso siano destinati a variare nel futuro del paese. Si perderanno le mezze misure: ci saranno pochi marchi di grandi dimensioni (molti dei quali controllati dall’industria) e tantissimi piccoli produttori di portata locale. Aumenteranno sensibilmente i progetti di coltivazione del luppolo e saranno disponibili delle varietà italiane caratterizzate in maniera molto peculiare. La legge sulla birra artigianale sarà totalmente dimenticata, perché incapace di disciplinare nel concreto delle fattispecie sempre meno inquadrabili da un testo superficiale, che la politica non sarà interessata a rivedere.

Fin qui le ipotesi più scontate e prudenti, sebbene abbastanza verosimili. Per aggiungere però un po’ di pepe a questo articolo e renderlo più divertente, vale però tentare qualche previsione più azzardata. Come fare? Ipotizzando l’impatto che avranno sul questo ambiente le tecnologie destinate a cambiare le nostre vite nel prossimo decennio. Le esperienze quotidiane sono destinate a diventare sempre più personali, relegandone la condivisione a uno spazio virtuale. Questo fenomeno potrebbe ripercuotersi su pub e locali, luoghi espressione di un certo tipo di socialità, snaturandoli completamente. Già oggi assistiamo a tentativi di personalizzare (e quindi spersonalizzare) l’esperienza in birreria, ad esempio con strumenti di spillatura automatica: non è escluso che questi esperimenti aumentino in futuro, riscrivendo il concetto di pub o distruggendolo completamente. Chissà che non nasca qualcosa di simile al Camra per la riscoperta del “Real Pub”.

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La fame di informazioni dei consumatori, destinata a crescere in futuro, sarà assecondata da tecnologie come la realtà aumentata, le interfacce conversazionali e l’Internet delle cose. Prima ancora di stappare una bottiglia o avvicinare le labbra a una pinta, saremo inondati da dati e statistiche che aggiungeranno contenuti alla nostra esperienza. Contenuti che ricercheremo appositamente, perché “drogati” dalla ricerca continua e ossessiva di informazioni. E chiaramente il semplice gesto di bere una birra perderà la sua immediatezza per diventare un’attività complessa e stratificata, al pari di tanti altri che oggi consideriamo quotidiani e normali.

Le bottiglie di birra scompariranno a favore delle lattine, o meglio di contenitori personalizzati stampati in 3D all’interno degli stessi birrifici. La robotizzazione renderà disponibile anche per le piccole aziende processi e strumenti altamente automatizzati, al punto che sarà sempre più difficile tracciare una distinzione tra birrifici artigianali e industriali. Questi ultimi saranno in grado di ridurre il ricorso a pratiche invasive di conservazione grazie all’utilizzo di materie prime geneticamente modificate. Le macchine saranno in grado di ideare in maniera efficace le ricette, prevedendo in anticipo le richieste del mercato. Il birraio sarà sempre meno birraio e sempre più frontman, portavoce di una visione e di una filosofia, che sarà poi il vero elemento distintivo tra un birrificio e un altro, indipendentemente dalle sue dimensioni.

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Anche se molte di queste ipotesi sono abbastanza inquietanti, sicuramente i prossimi 10 anni di birra artigianale saranno entusiasmanti come quelli appena passati. Pur con tutte le trasformazioni che subirà, la birra manterrà sempre la sua anima socializzante e coinvolgente, che possiede da quando esiste la civiltà umana. È un aspetto che non è cambiato nei millenni, figuriamoci se può cambiare nel prossimo decennio.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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