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Rinasce la birra dell’Abbazia di Montecassino, ma grazie a Peroni

Le birre d’abbazia rappresentano una tipologia ampia e variegata, tradizionalmente legata alla cultura del Belgio e conosciuta da molti consumatori, anche quelli non particolarmente smaliziati. Secondo le fonti storiche la prima incarnazione del genere sarebbe nata in Italia: alcuni manoscritti riportano infatti che nell’Abbazia di Montecassino, tra il 529 e il 543 d.C. – periodo in cui vi risiedeva San Benedetto da Norcia – si produceva birra. La storia brassicola del monastero laziale mi ha sempre affascinato, tanto che anni fa avevo accarezzato l’idea di approfondire il discorso e trovare documenti che riportassero dettagli sulla birra locale. Con l’auspicio magari che i frati tornassero a realizzarla, esattamente come accaduto a molte altre comunità monastiche in giro per il mondo. Ebbene, ora quella visione è diventata realtà, ma in una maniera molto diversa da come l’avevo immaginata: dietro alla neonata Birra Montecassino si nasconde una partnership con Peroni. Ma andiamo con ordine…

Come riportato dal Corriere della Sera, la Birra Montecassino sarà prodotta nell’area dell’Albaneta, cioè il pianoro sotto il monastero che circonda i ruderi dell’antico convento di Santa Maria dell’Albaneta. L’iniziativa rientra in un progetto di rilancio economico del territorio ed è stata promossa dall’imprenditore Daniele Miri, che ha ottenuto dai frati una concessione quindicennale per la creazione dello stabilimento produttivo nelle antiche masserie situate nei dintorni dell’abbazia. Gli stessi terreni saranno utilizzati anche per la coltivazione dell’orzo distico, che poi sarà inviato alla Saplo di Pomezia per ottenere il malto con cui realizzare la birra. Il tutto con la partnership di Peroni, marchio controllato dalla multinazionale giapponese Asahi.

Interessanti dettagli sull’operazione si trovano sul sito di Alessio Porcu, che in anteprima ha anche svelato la grafica delle etichette. Peroni vorrebbe adottare con Birra Montecassino la stessa strategia che ha imbastito con St. Stefanus, birra d’abbazia prodotta in Belgio. Quindi, oltre a garantire la disponibilità della Saplo per la maltazione dell’orzo, Peroni fornirà supervisione e controllo della qualità, senza peraltro apparire minimamente in etichetta. Come la sorella belga, la Birra Montecassino sarà probabilmente non pastorizzata e rifermentata in bottiglia, con una gradazione leggermente inferiore (6,5%).

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L’obiettivo dell’industria è chiaro: rafforzare la propria presenza in un segmento in forte ascesa, mostrando contemporaneamente elementi del collaudato linguaggio crafty, che – ahinoi! – l’industria sta cavalcando con ottimi risultati. Ancora su Alessio Porcu si può leggere quanto segue:

La strategia di mercato sarà quella che da alcuni mesi sta vedendo la multinazionale proprietaria del marchio Peroni aggredire il segmento delle trappiste o d’abbazia. Un mercato che solo in Italia vale 108mila ettolitri e rappresenta lo 0,6% del mercato globale; le birre d’abbazia sono il 6% del segmento premium.

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L’aspetto positivo è che l’iniziativa permetterà di riqualificare l’intera aerea, con l’obiettivo di trasformarla anche in una zona a uso e consumo dei tanti pellegrini che ogni anno visitano il monastero. Oltre al birrificio e ai campi coltivati a orzo, ci saranno infatti un caseificio, una sala degustazione, un angolo per l’apicoltura, una stalla, un ovile e una scuderia. Questo è l’aspetto che l’abate Donato Ogliari sottolinea nelle sue dichiarazioni:

Per noi è fondamentale che questa riqualifica abbia come fine proprio quello di coinvolgere tutto il nostro territorio, e aiuti i numerosi pellegrini che ogni anno passano nella nostra abbazia a trovare in questi luoghi pace e serenità anche attraverso una lettura ecologica di tutta questa bellezza che ci circonda

Insomma, il progetto è ambizioso e interessante e mostra uno spiegamento di forze non indifferente, anche grazie alla partnership con Peroni. La notizia è persino arrivata sulle pagine del sito Vatican News, che in passato non è sembrato altrettanto interessato al tema birra: a suo tempo ignorò totalmente la nascita del primo birrificio trappista italiano (Tre Fontane, tra l’altro situato a Roma) e una sorte non diversa è toccata, qualche giorno fa, alla vicenda relativa all’inglese Mount St. Bernard. Aver trascurato certe vicende e contemporaneamente aver offerto visibilità a un’iniziativa laica (pur su concessione dei frati) solleva qualche perplessità.

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La mietitura dell’orzo avverrà nei prossimi giorni, quindi è presumibile che la Birra Montecassino sarà disponibile in autunno (dovrebbe prevedere qualche mese di maturazione). Probabilmente il suo lancio sul mercato sarà accompagnato da una campagna di comunicazione in grande stile, con cui Peroni sottolineerà il legame con le tradizioni del passato, l’uso di ingredienti locali selezionati e il gusto pieno e in evoluzione. Per noi appassionati non sarà altro che l’ennesima operazione crafty di una multinazionale, priva del fascino autentico che questa birra avrebbe potuto vantare in altre condizioni. Ma ormai le strategie dell’industria sono chiare e si stanno spingendo in pieghe del mercato che immaginavamo fossero appannaggio solo delle produzioni artigianali.

Peccato: al di là di ogni considerazione sulla qualità del prodotto, Birra Montecassino sarebbe potuta essere una new entry nel panorama delle vere birre d’abbazia italiane. Invece non sarà altro che un ulteriore marchio di una multinazionale. Con le sue peculiarità, ovviamente, ma anche con caratteri molto simili a mille altre produzioni industriali.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. La maltazione ad opera di Saplo, ovvero Peroni, implica che il malto impiegato non sarà derivato dall’orzo coltivato, della serie specchietti per le allodole, oltre a dubbia qualità. Cosa che vale per molti birrifici agricoli. Ma commercialmente la forza distributiva e pubblicitaria di Peroni, vale molto di più. L’hai inquadrata alla perfezione, classica operazione Crafty ad opera di multinazionale, senza nemmeno che il nome della stessa, altamente inflazionato, debba apparire. Commercialmente l’operazione è ineccepibile, qualitativamente partono già col piede sbagliato, mi viene in mente un detto Inglese, che sembra calzare a pennello: garbage in, garbage out.

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