È notizia di qualche giorno fa che venerdì 17 marzo, in concomitanza con le celebrazione per St. Patrick’s Day, inaugurerà a Londra la nuova filiale di The Italian Job, il pub-format creato da Marco Pucciotti (Sbanco, Epiro, Barley Wine, Hop&Pork, ecc.) e Giovanni Campari (Birrificio del Ducato). Questa novità nasce dal successo ottenuto col primo locale, situato in zona Chiswick, che ha vinto l’audace scommessa di portare la birra italiana nella capitale inglese. Una scelta che in partenza poteva sembrare ardita, ma che in realtà era molto più ponderata di quanto si potrebbe pensare: il made in Italy è un marchio molto forte all’estero, a tal punto da ottenere risultati importanti anche quando viene associato alla birra artigianale pure in quei paesi che vantano una forte tradizione brassicola. Non è un caso, infatti, che negli ultimi anni si siano moltiplicati i casi di imprenditori italiani del settore che hanno deciso di aprire locali all’estero, puntando in maniera decisa sui prodotti dei nostri microbirrifici. Le fattispecie iniziano a essere parecchie.
The Italian Job
Come accennato, il The Italian Job che aprirà a metà marzo a Notting Hill sarà il fratello minore del primo, inaugurato a inizio 2015. Come vi raccontai all’epoca, l’idea era quella di portare a Londra uno spaccato del movimento artigianale italiano grazie a un impianto da 12 vie (10 spine + 2 pompe) e un’ampia selezione di bottiglie. Il tutto accompagnato da una cucina ispirata al patrimonio gastronomico italiano e da vini e distillati, giusto per offrire qualche alternativa liquida alla nostra bevanda preferita. Ogni perplessità sull’idea di esportare la birra italiana in uno dei tempi brassicoli del mondo è svanita rapidamente: The Italian Job si è rivelato da subito un successo clamoroso, al punto da spingere i soci a proporre un progetto di crowdfunding per ulteriori aperture. Anche in questo caso il risultato è stato roboante, con il pieno raggiungimento (e superamento) in poche settimane del prefissato obiettivo di 350.000 sterline. E chissà che dopo quello di Notting Hill non seguiranno altre aperture…
Birra
Se esportare birra italiana nel Regno Unito può sembrare un’idea bislacca, non è da meno farlo in Germania. Eppure è proprio nella capitale tedesca che a metà aprile 2016 ha aperto i battenti Birra – Italian Craft Beer, locale fortemente voluto da Manuele Colonna (Ma che siete, Bere) e il Birrificio Lambrate di Milano. A differenza del The Italian Job l’offerta brassicola non è esclusivamente incentrata sull’Italia, ma i nostri birrifici dominano comunque le spine: oltre alle creazioni del produttore meneghino, troviamo tanti marchi consolidati in Italia come Loverbeer, Hammer, Eastside, Croce di Malto, Carrobiolo e altri ancora. C’è però spazio anche per produttori dal resto del mondo, compresi i piccoli birrifici della Franconia di cui in una città come Berlino si sente clamorosamente la mancanza. Anche qui la cucina è ispirata ovviamente all’Italia, con preparazioni fredde e veloci, ma gustose e con ingredienti di primissima qualità. Un’idea molto valida questa del Birra, che si inserisce in un panorama – quello berlinese – che dal punto di vista birrario è più deludente di quanto si potrebbe pensare.
Il Locale
Sicuramente i locali italiani all’estero non hanno nomi molto originali, ma questo aspetto ci interessa il giusto. Si chiama Il Locale il pub che a fine giugno dello scorso anno è stato aperto nel centro di Copenaghen dal birrificio brianzolo Hibu, con l’intenzione di portare la birra artigianale italiana in Danimarca. Forte di una sessantina di posti a sedere e di una posizione invidiabile in una delle arterie principali della città, come The Italian Job anche Il Locale propone solo birra dei nostri microbirrifici: chiaramente a farla da padrone sono le produzioni di Hibu, ma spazio è lasciato anche ad altre aziende (Birra Perugia, Extraomnes, No Tomorrow, BAV, Birrificio Italiano, ecc.). Splendido l’ambiente con pezzi unici di design italiano degli anni ’50, mentre la cucina – neanche a dirlo – è incentrata sulle eccellenze alimentari del Belpaese. Il progetto nasce dal grande interesse del resto del mondo per la birra italiana, tanto che non è da escludere che altre succursali apriranno in Europa nei prossimi anni.
Lievito
Alcuni tra i locali birrari italiani più apprezzati in questi anni sono quelli che hanno reinventato, nell’ottica della qualità, il tradizionale abbinamento tra pizza e birra: pensiamo a Bir&fud e Sbanco a Roma, Ranzani 13 a Bologna, Lievito a Reggio Calabria e altri ancora. E se la formula funziona in Italia, figuriamoci cosa potrebbe succedere all’estero, dove il concetto è ampiamente esportabile. Non è un caso che proprio Lievito abbia aperto da pochi giorni a Londra, zona South Kensington, riproponendo un format ampiamente collaudato: pizze di altissimo livello accompagnate da birra artigianale di soli microbirrifici italiani.
Gli altri
Dopo Regno Unito e Germania non poteva mancare il Belgio come superpotenza brassicola dove qualche folle ha deciso di puntare sulla birra italiana. Quel folle risponde al nome di Valerio Banon, che da anni gestisce a Bruxelles il ristorante La Tana. La cucina trae ispirazione dai piatti della tradizione romana, mentre l’offerta birraria è caratterizzata da tantissimi marchi italiani: Casa di Cura, Bruton, Opperbacco, Bibibir, Argo, MC-77, L’Olmaia, Hilltop e via dicendo. A completare l’offerta, anche se in maniera davvero marginali, ci sono alcuni birrifici belgi (De Dolle, Blaugies, De La Senne, ecc.).
È italiana anche l’anima dell’Hoppy Days di Amsterdam, ristopub gestito – se non vado errato – da dei ragazzi romani. Qui le birre disponibili provengono da tutto il mondo, ma con un occhio di riguardo per quelle nostrane: tra spine e bottiglie troviamo Birrificio Pontino, Hibu, Rurale, Retorto e altri. La cucina propone bruschette, risotti, zuppe, costolette e dolci, tutto chiaramente in stile tricolore.
E visto che oggi è ufficialmente cominciata la Settimana della Birra Artigianale, segnalo che in Spagna il distributore 32 Great Power organizza una serie di eventi in diverse città iberiche con protagoniste le birre italiane. Tra i soci compare Alessandro Ceccano, che fino allo scorso anno gestiva un beershop a Siviglia con attenzione per i prodotti dei nostri microbirrifici.
Insomma, i fatti sembrano dimostrare che all’estero c’è spazio per progetti italiani focalizzati sulla nostra scena locale. Anzi, è probabile che certe soluzioni siano persino più appetibili se confrontate con il mercato interno, tendente alla saturazione e penalizzato dalla storica difficoltà nel fare impresa. L’unico ostacolo, a quanto pare, è solo nel superare le resistenze mentali nell’investire all’estero: come abbiamo visto, se un progetto è costruito in maniera solida e valida, non ha difficoltà a affermarsi anche su realtà che sulla carta sembrano inavvicinabili.